MIGLIONICO.
Rispondo volentieri ai quesiti che ancora
una volta mi sottopone il prof. Amati. Caro
Giacomo, ti ringrazio per la cortesia che mi
riservi nel leggere i miei commenti
sull’attualità politica; non insistere però
con l’appellativo di “politologo”; come ho
più volte umilmente chiarito, lo faccio non
per vanagloria, ma solo per esprimere
opinioni personali, che servano anche a
chiarirmi meglio le idee. Questa volta,
oltre a stuzzicarmi su questioni sulle quali
ho già espresso il mio parere, mi rivolgi
una domanda addirittura da un “milione di
vecchie lire”: Qual è la natura della
sinistra post-ideologica?
Mi chiedi di esprimere un giudizio sulla
contraddizione tra il successo costante del
PD e la durissima opposizione della
minoranza interna,nonché sulla infinita
querelle sull’art. 18. Su quest’ultimo ho
già chiarito. Rappresenta solo un valore
simbolico. Serve a Renzi per dimostrare
all’Europa e alla Confindustria che l’Italia
ha davvero voglia di superare vecchie
barriere ideologiche. Ai sindacati e ai duri
dell’ala sinistra di dimostrare che così si
difendono i diritti dei lavoratori.
Il successo del PD, soprattutto alle
Europee, secondo me è dovuto a tre diversi
fattori: all’irrompere sulla scena di un
giovane coraggioso e innovativo come Renzi,
che ha esordito col proposito di “rottamare”
la vecchia politica e cambiare Verso alle
sorti dell’Italia. La volontà e la
determinazione ostentate hanno senz’altro
contribuito al suo successo. Un apporto non
secondario l’hanno datola sterile e
contraddittoria opposizione grillina e lo
smembramento del centro destra, che ancora
oggi è alla ricerca di nuovi leader e di
nuove idee.
Un contributo determinante gliel’ha fornito
la formulazione del programma iniziale, nel
prevedere una serie di riforme istituzionali
ed economiche – da quella elettorale
all’abolizione del bicameralismo perfetto,
dal superamento delle Province alla riforma
scolastica, dalla riforma della giustizia
alla corresponsione degli 80 euro ai
lavoratori con salario inferiore ai 1400
euro – che preannunciavano un rapido
cambiamento di rotta; almeno così era
percepito dalla maggioranza dei cittadini.
Ma ahimè! Le riforme promesse hanno trovato
sulla loro strada ostacoli di natura
molteplice: da una parte l’opposizione del M
5S, della Lega e di SEL, dall’altra di un
nutrito gruppo di parlamentari del PD, che
ne hanno rallentato di gran lunga l’iter
istituzionale. E siamo giunti al secondo
quesito: la contrapposizione, spesso
rissosa, di una parte del PD al Governo
Renzi. Secondo me è dovuta a diversi
fattori: al merito di alcune riforme
decisamente non condivisibili; a motivi
strettamente politici e, non ultimi per
importanza, a fattori prettamente personali,
come più volte ho già evidenziato.
E’ pur vero che alcune ipotesi di riforma
rasentano l’incostituzionalità, come quella
del Senato; altre sono suscettibili di
profonde modifiche, quali la legge
elettorale e quella della Giustizia. Tra i
motivi politici ve n’è a sufficienza, p.es.:
l’accordo quasi segreto coll’avversario
storico, l’ex cavaliere; la querelle a muso
duro con i sindacati. A completare il
quadro, la “vecchia guardia” non ha
certamente visto con favore la presa del
governo, quasi precipitosa, da parte del
nuovo E.T. (extraterrestre), disceso sulla
terra a “miracol mostrare”. Non nascondo che
molte critiche sono più che giuste; molti
errori sono stati commessi dal Premier Renzi
(v. il mio precedente intervento).
Non pochi pretesti, però, sono assunti per
denigrare l’azione della maggioranza. Oltre
ad ignorare volutamente le difficoltà e gli
impedimenti esterni che limitano l’azione
del Governo, la minoranza cerca mille
ragioni per criticarne l’operato. Rosy
Bindi, guarda caso, solo ora si erge a
magnanimo difensore dei piccoli partiti: non
accetta nientemeno la soglia del 40% con la
quale il partito più votato potrebbe
conquistare la maggioranza dei seggi, e
quindi una sicura governabilità. Preferisce
il premio alla coalizione. Dimentica, o fa
finta di dimenticare, che la caduta dei due
governi Prodi fu dovuta all’opera nefasta di
Rifondazione Comunista.
Non esente dallo stesso vizio è Bersani.
Rivendica il metodo delle preferenze nel
sistema elettorale, appena due anni dopo
aver fatto fallire l’accordo col PDL per
motivi opposti. Si vede che politicamente si
alimenta a corrente alternata. Nonostante le
mille ragioni delle critiche, mi chiedo: è
responsabile l’atteggiamento dei “ribelli”
del PD a minacciare la scissione, col
rischio di far cadere il Governo in un
momento così delicato? Apprezzo la decisione
di votare già questa sera la fiducia al
Governo per l’approvazione della Legge di
Stabilità, ma l’inusitata richiesta di
sottoporre a referendum della base ( sarebbe
la prima volta ) le decisioni assunte, non
mi fa stare molto tranquillo.
E veniamo all’ultimo quesito: la natura
post-ideologica della Sinistra. E’ un
argomento che hanno trattato numerosi
studiosi dal calibro di Bobbio, Antiseri,
Cofrancesco e Revelli, per citare quelli che
mi affiorano or ora alla mente. Ognuno, dal
proprio punto di vista, ha trattato la
materia con grande rigore e competenza.
Bobbio, nel suo famoso opuscolo – Destra e
Sinistra. Ragioni e Significati di una
distinzione politica. Donzelli Ed. 1994. –
ci ricorda che i due termini hanno valore
relativo e non assoluto. Per ciò stesso
vanno considerati in relazione al tempo e
allo spazio. Antiseri va oltre e spiega che
i due concetti non hanno più motivo di
antistorica separazione; perciò sono ormai
superati.
Per semplificare,elenco i caratteri che
storicamente sono stati loro attribuiti.
Alla Destra: radicamento sul suolo della
natura e della storia; difesa del passato,
della tradizione e dell’eredità; fedeltà
alla nazione e alla memoria storica; difesa
delle proprietà inalienabili; individualismo
e spiritualismo. In sintesi: conservazione>
innovazione; gerarchia > egualitarismo. Alla
Sinistra: liberazione dell’uomo dal potere
ingiusto; uguaglianza ed emancipazione;
diritto all’istruzione, alla libertà di
pensiero, di giudizio e di religione; dare a
ciascuno secondo i suoi bisogni;
internazionalismo.
Puntualizzo, sia pure succintamente, il mio
modesto parere. Assodato che gli ideologismi
sono ormai antistorici, i valori che una
nuova Sinistra ( non vedo altri termini per
definire un’area politica da me accettabile
) dovrebbe contemplare sono i seguenti:
rispetto delle minoranze, libertà di
opinione e di critica, anche nei confronti
di se stessa; valorizzazione delle
competenze e, soprattutto Democrazia!
Democrazia! Democrazia! Per quanto riguarda
la gestione interna.
In termini assoluti: difesa inalienabile
della dignità della persona e del lavoro;
uguaglianza delle opportunità; avanzamento
sociale e professionale per meriti, non per
appartenenza; distribuzione della ricchezza
prodotta dal lavoro dell’uomo. Aggiungo:
difesa del territorio e dell’ambiente;
umanitarismo e difesa dei più deboli;
libertà d’impresa, solo nei limiti
circoscritti dallo Stato a salvaguardia del
bene comune. Se, per assurdo, tali valori
dovessero essere assunti anche dalla Destra,
non esiterei a definirmi io stesso di
destra. Grazie. Domenico Lascaro
(d.lascaro@libero.it) |