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DOMENICO LASCARO
29.11.2014

Miglionico
Gufi contro grifoni. Fanno il gioco dei volponi
di Domenico Lascaro

MIGLIONICO. Rispondo volentieri ai quesiti che ancora una volta mi sottopone il prof. Amati. Caro Giacomo, ti ringrazio per la cortesia che mi riservi nel leggere i miei commenti sull’attualità politica; non insistere però con l’appellativo di “politologo”; come ho più volte umilmente chiarito, lo faccio non per vanagloria, ma solo per esprimere opinioni personali, che servano anche a chiarirmi meglio le idee. Questa volta, oltre a stuzzicarmi su questioni sulle quali ho già espresso il mio parere, mi rivolgi una domanda addirittura da un “milione di vecchie lire”: Qual è la natura della sinistra post-ideologica?
Mi chiedi di esprimere un giudizio sulla contraddizione tra il successo costante del PD e la durissima opposizione della minoranza interna,nonché sulla infinita querelle sull’art. 18. Su quest’ultimo ho già chiarito. Rappresenta solo un valore simbolico. Serve a Renzi per dimostrare all’Europa e alla Confindustria che l’Italia ha davvero voglia di superare vecchie barriere ideologiche. Ai sindacati e ai duri dell’ala sinistra di dimostrare che così si difendono i diritti dei lavoratori.
Il successo del PD, soprattutto alle Europee, secondo me è dovuto a tre diversi fattori: all’irrompere sulla scena di un giovane coraggioso e innovativo come Renzi, che ha esordito col proposito di “rottamare” la vecchia politica e cambiare Verso alle sorti dell’Italia. La volontà e la determinazione ostentate hanno senz’altro contribuito al suo successo. Un apporto non secondario l’hanno datola sterile e contraddittoria opposizione grillina e lo smembramento del centro destra, che ancora oggi è alla ricerca di nuovi leader e di nuove idee.
Un contributo determinante gliel’ha fornito la formulazione del programma iniziale, nel prevedere una serie di riforme istituzionali ed economiche – da quella elettorale all’abolizione del bicameralismo perfetto, dal superamento delle Province alla riforma scolastica, dalla riforma della giustizia alla corresponsione degli 80 euro ai lavoratori con salario inferiore ai 1400 euro – che preannunciavano un rapido cambiamento di rotta; almeno così era percepito dalla maggioranza dei cittadini.
Ma ahimè! Le riforme promesse hanno trovato sulla loro strada ostacoli di natura molteplice: da una parte l’opposizione del M 5S, della Lega e di SEL, dall’altra di un nutrito gruppo di parlamentari del PD, che ne hanno rallentato di gran lunga l’iter istituzionale. E siamo giunti al secondo quesito: la contrapposizione, spesso rissosa, di una parte del PD al Governo Renzi. Secondo me è dovuta a diversi fattori: al merito di alcune riforme decisamente non condivisibili; a motivi strettamente politici e, non ultimi per importanza, a fattori prettamente personali, come più volte ho già evidenziato.
E’ pur vero che alcune ipotesi di riforma rasentano l’incostituzionalità, come quella del Senato; altre sono suscettibili di profonde modifiche, quali la legge elettorale e quella della Giustizia. Tra i motivi politici ve n’è a sufficienza, p.es.: l’accordo quasi segreto coll’avversario storico, l’ex cavaliere; la querelle a muso duro con i sindacati. A completare il quadro, la “vecchia guardia” non ha certamente visto con favore la presa del governo, quasi precipitosa, da parte del nuovo E.T. (extraterrestre), disceso sulla terra a “miracol mostrare”. Non nascondo che molte critiche sono più che giuste; molti errori sono stati commessi dal Premier Renzi (v. il mio precedente intervento).
Non pochi pretesti, però, sono assunti per denigrare l’azione della maggioranza. Oltre ad ignorare volutamente le difficoltà e gli impedimenti esterni che limitano l’azione del Governo, la minoranza cerca mille ragioni per criticarne l’operato. Rosy Bindi, guarda caso, solo ora si erge a magnanimo difensore dei piccoli partiti: non accetta nientemeno la soglia del 40% con la quale il partito più votato potrebbe conquistare la maggioranza dei seggi, e quindi una sicura governabilità. Preferisce il premio alla coalizione. Dimentica, o fa finta di dimenticare, che la caduta dei due governi Prodi fu dovuta all’opera nefasta di Rifondazione Comunista.
Non esente dallo stesso vizio è Bersani. Rivendica il metodo delle preferenze nel sistema elettorale, appena due anni dopo aver fatto fallire l’accordo col PDL per motivi opposti. Si vede che politicamente si alimenta a corrente alternata. Nonostante le mille ragioni delle critiche, mi chiedo: è responsabile l’atteggiamento dei “ribelli” del PD a minacciare la scissione, col rischio di far cadere il Governo in un momento così delicato? Apprezzo la decisione di votare già questa sera la fiducia al Governo per l’approvazione della Legge di Stabilità, ma l’inusitata richiesta di sottoporre a referendum della base ( sarebbe la prima volta ) le decisioni assunte, non mi fa stare molto tranquillo.
E veniamo all’ultimo quesito: la natura post-ideologica della Sinistra. E’ un argomento che hanno trattato numerosi studiosi dal calibro di Bobbio, Antiseri, Cofrancesco e Revelli, per citare quelli che mi affiorano or ora alla mente. Ognuno, dal proprio punto di vista, ha trattato la materia con grande rigore e competenza. Bobbio, nel suo famoso opuscolo – Destra e Sinistra. Ragioni e Significati di una distinzione politica. Donzelli Ed. 1994. – ci ricorda che i due termini hanno valore relativo e non assoluto. Per ciò stesso vanno considerati in relazione al tempo e allo spazio. Antiseri va oltre e spiega che i due concetti non hanno più motivo di antistorica separazione; perciò sono ormai superati.
Per semplificare,elenco i caratteri che storicamente sono stati loro attribuiti. Alla Destra: radicamento sul suolo della natura e della storia; difesa del passato, della tradizione e dell’eredità; fedeltà alla nazione e alla memoria storica; difesa delle proprietà inalienabili; individualismo e spiritualismo. In sintesi: conservazione> innovazione; gerarchia > egualitarismo. Alla Sinistra: liberazione dell’uomo dal potere ingiusto; uguaglianza ed emancipazione; diritto all’istruzione, alla libertà di pensiero, di giudizio e di religione; dare a ciascuno secondo i suoi bisogni; internazionalismo.
Puntualizzo, sia pure succintamente, il mio modesto parere. Assodato che gli ideologismi sono ormai antistorici, i valori che una nuova Sinistra ( non vedo altri termini per definire un’area politica da me accettabile ) dovrebbe contemplare sono i seguenti: rispetto delle minoranze, libertà di opinione e di critica, anche nei confronti di se stessa; valorizzazione delle competenze e, soprattutto Democrazia! Democrazia! Democrazia! Per quanto riguarda la gestione interna.
In termini assoluti: difesa inalienabile della dignità della persona e del lavoro; uguaglianza delle opportunità; avanzamento sociale e professionale per meriti, non per appartenenza; distribuzione della ricchezza prodotta dal lavoro dell’uomo. Aggiungo: difesa del territorio e dell’ambiente; umanitarismo e difesa dei più deboli; libertà d’impresa, solo nei limiti circoscritti dallo Stato a salvaguardia del bene comune. Se, per assurdo, tali valori dovessero essere assunti anche dalla Destra, non esiterei a definirmi io stesso di destra. Grazie. Domenico Lascaro (d.lascaro@libero.it)

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