MIGLIONICO. Una sacra funzione religiosa ha accompagnato domenica
scorsa (n.d.r. 7 ottobre), nella Basilica Santa Maria Maggiore di
Miglionico, la
ricollocazione nel proprio altare dell'Arca di San Teodoro. Questo capitolo di
storia religiosa locale si potrebbe intitolare "Il ritorno del
Santo". Un rientro attesissimo per la piccola ma devota comunità
parrocchiale e fortemente perseguito dall'arciprete Don Mario Spinello,
regista unico e supremo di un recupero certosino che sta restituendo
alla Collegiata del centro lucano le preziose opere d'arte e gli arredi
liturgici sottratti da un trentennale restauro che ha interessato e continua a
interessare il sacro tempio.
Quello che rimaneva
circa due anni fa, quando ne fu intrapreso il restauro, era un'arca
traballante, con il vetro infranto, con i pezzi lignei, le testine degli
angeli
e i sigilli vescovili paurosamente rovinati. Quel che era certo è che il corpo
del martire conteneva le Sacre Ossa e che in un'ampolla di cristallo vi era
del sangue e in una teca ovoidale in metallo erano custoditi i denti; inoltre su una tavola lignea fortemente irregolare, giacente sotto il
materassino, appariva la dicitura "B SAVA 1363". Queste singolari
testimonianze storiche e artistiche, legate ad una tradizione plurisecolare,
rendevano l'operazione di recupero più delicata e piena di responsabilità. A
farsi carico dell'impresa fu chiamata in causa Grazia Ventura, restauratrice
di Miglionico, che già aveva dato prova della sua bravura in altre occasioni;
si trattava di risanare staticamente l'urna, di disinfestarla dai tarli e
di ripulire e ritoccare la realistica cartapesta, operazioni non da poco e
durate un lungo periodo di tempo, nel quale si è andata tra l'altro
delineando la storia religiosa e civile che aveva visto protagonista la sacra
immagine.
Una laboriosa ricerca d'archivio, infatti, ci fa permesso di risalire ad una
visita pastorale del 1544, durante la quale vi fu "un'ispezione
all'altare di San Teodoro e ai due canonici per culto e benefici con ordinanza
di depositare copia dell'originale all'archivio della Curia". Non ci è
dato sapere altro di tal periodo e ulteriori notizie in merito riaffiorano
solo
nel secolo decimo settimo, quando, ci spiega Don Mario, l'arciprete del tempo,
dietro istanza del Vescovo, si recò in Roma a reperire i Sacri Resti da
ricomporre in un sarcofago che apparteneva a "B SAVA 1363".
Dal Martirologio Romano Teodoro risulta essere un soldato della Legione
Romana che giurò sul sacrale potere dell'Imperatore, ma avendo opposto un
netto rifiuto nell'accettare altre divinità (siamo nel III sec.) e quella
dell'Imperatore stesso, subì un processo con conseguente condanna a morte.
Nell'urna appare così composto: in "armatura" romana, con calzari, elmo e
spada, quasi dormiente, nella man sinistra la palma del martirio, con un
cofanetto metallico con vetro sul davanti attaccato al piede nel quale appare
la dicitura: "EX DENTIBUS MOLARIS S. THEODORI", un'ampolla
vitrea con un cristallo intinto di gocce di sangue, con la scritta "VAS
FRACTU' SANG. S. THEODORI M" e con la dicitura in finto cartiglio ai
piedi della cassa lignea che recita "HIC IACET CORPUS S. THEODORI MART".
Così composta, la sacra figura è riuscita nel restauro un apprezzabile
compromesso di opera devozionale e documento artistico, pronta a ricevere, nel
solco della tradizione religiosa, l'adorazione dei fedeli. Una pergamena che
ricorderà la recente ricognizione è stata chiusa nella cassa ermeticamente
sigillata. Un grazie meritato va a don Mario Spinello per aver ardentemente
voluto e promosso "Il ritorno del Santo".
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