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Gabriele Scarcia

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GABRIELE SCARCIA 
Il Quotidiano della Basilicata
Controsenso Basilicata
25 Settembre 2010
Miglionico, "una danza di ricordi"

Maria Augusta Galletti OcchiogrossoCAVALLUCCI DI CRETA Danza di ricordi sul colle di Miglionico tra case bianche e castelli di M.Auusta Galletti OcchiogrossoMiglionico. Ha un titolo animato, il viaggio letterario di Maria Augusta Galletti nella Terra che l’ha adottata. “Cavallucci di creta – Danza di ricordi sul colle di Miglionico tra case bianche e castelli”, è edito dalla Tipografia Abatangelo, autoctona. Dalla Varallo d’origine (Ordrovago di Cravagliana, precisamente!) all’entroterra lucano, il percorso vitale della narratrice sembra brevissimo, difficilmente misurabile, forse inesistente da far dubitare addirittura, a lettura del testo avvenuta, sulla sua natalità. Ma scoperto l’arcano, Maria risulta essere figlia adottiva di questa Terra. Sposata, anzi maritata con un miglionichese, indovinando nel termine la sua propensione verso l’espressione dialettale, sembra aver ereditato dai grandi poeti e artisti emigrati o emigranti, venuti in contatto questi ultimi per svariate vicissitudini con la Lucania, il bisogno di esplorarla, di viverla facendosela scorrere nelle vene, di respirarla, di mordicchiarla e finalmente di abbandonarsi serenamente nelle braccia del trapasso (come fu per Levi o per Senigallia!). E la “morte” è uno dei tanti capitoli del volume, che nei termini dell’itinerario, del percorso guidato dagli incontri, intinto nella storia, non rinuncia mai alla descrizione ora struggente, ora atavica e ora modernamente passata, di una realtà immobile, quasi cristallizzata in un’epoca imprecisabile o altrimenti, basta volerlo, percepibile e misurabile con la clessidra della fantasia e della memoria. Poiché il vero regolatore, la ghiera del volume di questo cammino, la vera protagonista assoluta di questa vicenda letteraria, risulta essere l’Anima e indissolubilmente, per riflesso, lo sono i luoghi, dell’Anima. Quindi viaggio dell’Anima, come già per Levi, Scodellare, Tufelli, Migro, Russo, Veneziani, il miglionichese Leogrande. Deluso chi cercherà dunque tra le pagine completezza documentaria ora di storia e ora di antropologia, poiché il capriccio della mente, lo svolazzo delle idee, la carrellata dei ricordi determinano in maniera netta la stesura del contenuto e dunque le località, le personalità, le vicende, i detti popolari, le usanze, il piatto del giorno. Divagazioni dell’anima s’intrecciano a divagazioni della mente, determinano i registi narrativi e gli spostamenti nelle realtà degli altri comuni da medesime storie accomunati (la cacofonia rende appieno il significato!). Ecco svelarsi il tema della “danza” del sottotitolo, quasi che i “passi” diventino tali spostamenti e la “musica”, melodia dei ricordi. Una storia o tante micro-storie del sud ambientate in un sud affatto metafora dell’abbandono, dei problemi sociali, del malaffare, quanto piuttosto ricettacolo di ricchezze, di calore civico, di contrade e castelli ammantati di storia, di vernacolo poetico e musicale, di nenie dolcissime. Abolito il concetto di Terra di conquista, il sud rappresentato dall’entroterra materano, si scopre così per gradi, per odori, per pietanze mediterranee, per esperienza di nonni centenari, per blocchi di pietra che danno consistenza a una torre, per riti apotropaici che danno un senso compiuto ad un rituale, per scatti fotografici che suggeriscono immagini tangibili della narrazione. Dunque storia civica e di costume, di Miglionico come del Meridione, per usare un parolone grosso (un termine, ahimè, che evoca inevitabilmente il fantasma dell’assistenzialismo incessante!). Un percorso da fare a tappe, quasi le stesse scandite dai capitoli (Le donne, Mercanti, I pasti, Siesta, L’infanzia, La scuola, Matrimoni, Funerali, Briganti, Emigranti, I vecchi sulle scale, con gli “articoli” che fantasiosamente si alternano!), come auspicava il geniale professore Franco Cassano, qualche anno fa, nel suo fondamentale testo Il pensiero meridiano (Laterza, 1996), quando scriveva “Bisogna essere lenti, amare le soste per guardare il cammino fatto, sentire la stanchezza conquistare come una malinconia le membra, invidiare l'anarchia dolce di chi inventa di momento in momento la strada”. E il senso del racconto è così compiuto, senza un filo temporale da rispettare, dalla Magna Grecia alle strade asfaltate, con gli affreschi della chiesetta civica di Santa Maria delle Grazie di Miglionico che hanno preso probabilmente il posto, nella creatività della Galletti, delle pitture della Parete gaudenziana nella chiesa omonima della sua vissuta Varallo. L’unica sicurezza dopo la lettura? E’ che il discorso del meridione, di Miglionico come di Pomarico, tanto era valido per Levi piuttosto che per Sinisgalli e tanto è valido per chiunque. Anche per il più “nordista” difatti, questo lembo del Paese è la metafora del riposo, l’energia della natura, la tranquillità nei posti, quindi un sud che sa farsi universale nel significato e nel significante, punto d’arrivo piuttosto che punto di partenza e spazio dove rimanerci, dove gettare l’ancora della propria esistenza se possibile, proprio come lo è stato per la varallese Maria Augusta Galletti. Appuntamento dunque immancabile. La presentazione del testo avverrà difatti domenica 26 settembre, in una sala del castello del Malconsiglio in Miglionico, alle ore 20,00, in occasione della “Sagra dei fichi secchi” organizzata dalla Pro-Loco. Saranno presenti il Consigliere regionale Giuseppe Dalessandro che ha prefazionato il testo e naturalmente l’autrice. GABRIELE SCARCIA

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