MIGLIONICO.
Dizionario a tempo determinato. E’ uno dei
libri, elaborati dallo scrittore
miglionichese Gabriele Scarcia,
dedicato al sociale. Edito dalla Palombi
editori, il libro che ha partecipato al
Fondi Film Festival, è una “paradossale
rilettura del Lavoro, del Precariato, della
Disoccupazione e dell’Ozio, dall’A alla Z”
come recita il sottotitolo che lo accompagna
nelle edicole. La sua focalizzazione, in
sintonia con l’attuale situazione italiana,
è su un tema scottante: il mondo del
lavoro. Argomentazioni fra il serio ed
il faceto, fra lo scanzonato e l’ironico,
esplicitate, per ognuna delle 21 “parole
chiave” del mondo del lavoro ma con una
rilettura particolare. Il libro ha avuto la
presentazione firmata da Giorgio Benvenuto,
già segretario generale della Uil ed oggi
Presidente della fondazione Bruno Buozzi che
si occupa di studi politici e sociali.
L’aforisma di Bertrand Russell: “penso
che in questo mondo si lavori troppo, e che
mali incalcolabili siano derivati dalla
convinzione che il lavoro sia cosa santa e
virtuosa; insomma, nei moderni paesi
industriali
bisogna predicare in modo ben diverso da
come si è predicato sinora” è un invito
alla riflessione che Scarcia pone, già in
prima pagina, al lettore.
Lavoriamo per vivere o
viviamo per lavorare?
Questo il dilemma che, nella mente di
ognuno, ogni tanto aleggia e che l’autore
con voce sarcastica, allusiva, provocatoria
e a volte dissacrante, cerca di sciogliere,
raccogliendo, per le 21 voci, dalla A
di “Assunzione “alla Z di “Zero assoluto”
passando per l’Infortunio, il Mobbing, la
Raccomandazione, il Precario, delle
definizioni paradossali. Definizioni
paradossali, cui sono associate le
illustrazioni di Davide Manzi, con le quali
racconta il mondo del lavoro e del “non-lavoro”
da diversi punti di vista. Un
non-lavoro
su cui Scarcia si sofferma
descrivendo tecniche ed espedienti per
mantenerlo tale. Un lavoro creativo con un
mix d’ingegno e fantasia è quello che invece
traspare come ottimale dalle pagine di un
libro che lo stesso Scarcia definisce “a
tempo determinato” ossia con una “scadenza”.
Una scadenza che non ci faccia perdere la
speranza che qualcosa possa cambiare e che
il “dopo” possa essere migliore. Un libro
che naviga fra certezze opposte sul “posto
fisso”, fra chi, considerandolo come l’oro,
lo desidera perché è quello che permette
alle banche di erogarti il mutuo e chi
invece è per la libertà e quindi il “posto
fisso”
lo vede come fumo negli occhi e per questo
lo demonizza e lo evita.
Un’indagine antropologica che
si presenta alla valutazione raccontando
una doppia Italia. Alla lettera H di
Horizon, viene ricordato l’ordine di
Mussolini agli italici lavoratori nel
lontano 1941, quando lamentandosi del
sistema “che consiste nell’avviarsi
all’ufficio alle 8 per essere al tavolo di
lavoro alle 8,15 se non più tardi” con un
“Esigo che tale deplorevole abitudine abbia
immediatamente a cessare” promise di punire
chi non la osservava con la perdita della
giornata. E qui Scarcia fa seguire
considerazioni positive sulla “decrescita”
criticando le idee, sempre le stesse,
paventate dai governanti, per la maggiore
produttività. “Consumo
responsabile e rifiuto del superfluo
–le parole di Scarcia.
Non aggiungere “fatica alla
fatica”, riducendo o accorpando le festività
facendo perdere, al tempo stesso,
significato a date storiche, religiose o
socialmente rilevanti
“. Su ogni lettera
dell’alfabeto, ci sarebbe da disquisire per
ore e ore. Alla I di Infortunio si legge “Può
essere escamotage per congedarsi
temporaneamente dal lavoro. Può essere utile
farlo con premeditazione per lasciare un
segnale di “occupato” sul proprio posto che
non potrà essere usurpato da altri.”
Parafrasando il film di Sordi, “Bravissimo”,
in cui interpreta un maestro elementare
precario, narra degli infortuni concordati
per garantirsi supplenze. Uno spaccato
dissacrante di atteggiamenti e comportamenti
gaudenti al limite della truffa. Ma questa
è l’Italia. E alla Z, ultima lettera
dell’alfabeto che chiude il Dizionario,
alla voce “Zero assoluto” l’autore intende
suggerire la risposta da dare a chi vi
chieda se abbiate un lavoro. “Non
ve ne vergognate
–precisa Scarcia, fra il serio ed il
faceto,
perché è un piacere
inesauribile godere della libertà!”
La frase di Lorenzo de Medici, “ciascun
apra bene gli orecchi, di doman nessun si
paschi; oggi siam giovani e vecchi, lieti
ognun,femmine e maschi, ogni triste pensier
caschi:facciam festa tuttavia. Chi vuol
essere lieto, sia: di doman non v’è certezza”
è quella scelta da Scarcia per congedare il
lettore abbandonandolo ad una moderna
riflessione. Antonio Centonze
Gabriele
Scarcia
è nato a Miglionico (Mt) nel 1973.
Attualmente vive fra Miglionico e Roma.
Laureato in Conservazione dei Beni
Culturali, ha intrecciato negli anni la
passione storica alla passione letteraria e
artistica. Collabora con diverse testate
giornalistiche tra le quali "La Gazzetta del
Mezzogiorno" e "Avvenire". Menzione al
merito al Premio Letterario Basilicata 2011
e premiato come “Lucano Insigne” nel 2012.
Ha al suo attivo diverse pubblicazioni
eterogenee e numerosi contributi in
cataloghi d'arte e saggi. Fra i suoi libri
pubblicati ricordiamo: “Di
Roma. Digressioni su arte, luoghi e
personaggi di una capitale insolita”
edito nel 2010, che ottenne una recensione
sull’Annuario della Pontificia insigne
Accademia di belle Arti e Letteratura dei
Virtuosi al Pantheon, “L'arciprete”
edito nel 2007, “Il
più tristo di tutti. Storia di un patriota
lucano nel Risorgimento italiano”
edito nel 2009. Nell’ultimo, edito nel
dicembre 2013,
“Li
villani lo chiamano male consiglio”,
narra del Castello di Miglionico,
comunemente detto del Malconsiglio. Racconta
del perché
un barone del Regno di Napoli tradì i suoi
pari che congiuravano all'unisono contro il
re Ferrante d'Aragona. Spiega come mai i
francescani commissionarono un affresco
simbolico per descrivere le sciagure della
famiglia Sanseverino. E per quale motivo, un
intero centro abitato, dal 1485 venne
appellato dai villani come "male consiglio".
Antonio Centonze
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