MIGLIONICO
- Al Malconsiglio, una rievocazione di successo.
Oltre 5.000 persone si sono riversate nel centro
storico di Miglionico per assistere alla “prima”
della rievocazione storica della Congiura dei
Baroni. Molti i turisti giunti dalla costa jonica e
dalle cittadine del Materano e Potentino, oltre che
dalla vicina Puglia. Una giornata davvero da
ricordare, quella del 14 agosto per Miglionico, il
suo castello e la sua Congiura. Una congiura che
fece guadagnare al castello federiciano eretto nel
1100 da Federico II, l'appellativo del “Malconsiglio”per
l'epilogo funesto che dopo tale congiura si ebbe. I
baroni che alla congiura parteciparono per cercare
un accordo a loro favore contro re Ferrante, furono
alla fine trucidati. La congiura si tenne realmente
a Miglionico nel settembre 1485, come riportato
dallo storico Camillo Porzio nella sua celebre
opera, La congiura dei Baroni del regno di Napoli
contro il reFerdinando I. Il re giunse a Miglionico,
ricevuto con gli onori che gli competevano e fu
magnanimo nel concedere quello che i baroni
chiedevano per continuare a governare i loro
territori. Li esortò a convincere anche gli assenti
a sottoscrivere una “pace”, ma successivamente lo
stesso Re, contravvenendo i patti, fece imprigionare
e giustiziare i baroni più esposti nella congiura.
Dopo 526anni, i giorni della congiura hanno
ritrovato vita nel borgo di Miglionico, tornato per
un giorno al 1485.
Con
la sceneggiatura e direzione artistica della
miglionichese Nunzia Decollanz, che si è
avvalsa della consulenza storica del professor
Giampaolo D'Andrea e dell'architetto Luigi Bubbico,
la congiura è andata prepotentemente in scena per
una prima, che non si dimenticherà facilmente.
Dall'anno prossimo nell'opuscolo distribuito dall'Apt,
“Basilicata che Spettacolo! Grandi attrattori fra
storia e natura”, insieme alle rievocazioni della
Storia Bandita della Grancia, della Città
dell'Utopia di Campomaggiore e del Parco letterario
Isabella Morra di Valsinni, non mancherà di certo
l'evento di Miglionico e della sua congiura.
Rigorosamente in abiti d'epoca scintillanti, il
borgo, grazie alla partecipazione attiva di oltre
duecento, fra attori e figuranti, molti dei quali
indigeni, ha vissuto una giornata intensa e speciale
che potrà essere rivista nelle magnifiche foto a
rimarcar l'evento poste sul sito web comunale
www.miglionico.gov.it.
Dopo la cerimonia d'inaugurazione tenutasi nella
corte del maniero alla presenza del sindaco, Angelo
Buono, del consigliere regionale, Giuseppe
Dalessandro, del Presidente del Consiglio di
Basilicata, Vincenzo Folino, il borgo si è animato
con i “Kalenda Maja”, musici storici a spasso per le
vie del borgo. In piazza Castello, “Il volo dei
falchi” dell'associazione “Deartevenandi” di Melfi
ha appassionato con uno spettacolo di falconeria nel
mentre “Historia”, un mercato storico con
accampamenti, spettacoli d'armi, duelli, tiro con
l'arco giochi ed arceria, riempiva ed animava le vie
di accesso a castello con la collaborazione di tanti
soci della locale Proloco che vi partecipavano in
costumi d'epoca. Davvero maestosa, la
rappresentazione dei Cavalieri Bianca Lancia andata
in scena nel vecchio campo sportivo di Sant'Antuono.
Il palio della giostra a cavallo, il gioco
dell'anello e il lancio del giavellotto fra i 3
rioni storici di Miglionico, Torchiano, Sant'Angelo
e Convento è stato appannaggio di quest'ultimo in
una cornice di pubblico particolare. Un pubblico che
ha potuto godere di una vista mozzafiato sul Lago di
san Giuliano. E in serata, dopo l'esibizione degli
sbandieratori “I Fieramosca” di Barletta, un Corteo
reale fra le vie del borgo composto da baroni,
consorti e dame di compagnia insieme a re e
convenuti, ha portato alla congiura a castello. Una
congiura che stava per cambiare la storia e che
poteva rivelarsi, questa volta, fatale per il re che
chiudeva il corteo a cavallo. Il cavallo del re,
sicuramente non previsto da copione, proprio
all'ingresso del Castello, è scivolato,
disarcionando il re Ferrante, impersonato da Ernesto
Garramone dell'associazione “Il Castello” di
Potenza. Una caduta che fortunatamente non ha avuto
conseguenze sia per il re, controllato e medicato
nell'ambulanza presente a pochi passi e sia per la
continuazione della Congiura vera e propria nella
Sala del maniero. Una congiura svoltasi all'interno
fra il Re e i baroni di Calabria, Lucania e Puglia.
Una congiura proiettata sul maxischermo, allestito
in una piazza castello gremita all'inverosimile, fra
gli applausi e i volti estasiati dei tantissimi
spettatori e partecipanti. Antonio Centonze
LO SCENARIO Lo strapotere dei baroni e l’antagonismo
con il re
Il
REGNO dei Borboni. In quegli anni, 1485-1486, la
resistenza opposta dai baroni alla fase di
modernizzazione dello stato borbonico nel Sud Italia
voluta dagli aragonesi a Napoli era evidente. Il
reFerdinando I di Napoli, detto Ferrante, mirava ad
eliminare quel potere feudale acquisito dai baronati
sulle terre del sud per fare del potere regio la
sola leva di vita del paese. In questo scenario, lo
scontro con i baroni nasceva inevitabilmente attorno
al grosso problema di una riforma organica dello
Stato, i cui cardini si scontravano con la riduzione
del potere baronale, lo sviluppo della vita
economica e, soprattutto, la promozione a classe
dirigente di nuovi imprenditori e mercanti
napoletani. Strumento di questa politica del re
Ferrante divenne la riforma fiscale, che mirava ad
affidare nuovi compiti alle amministrazioni comunali
incoraggiandole a sottrarsi, per quanto possibile,
al peso feudale. Da documentazione e ricerche
storiche nell'allora Regno di Napoli, su 1.550
centri abitati, solo poco più di cento erano
assegnati direttamente al regio
demanio,
cioè alle dirette dipendenze del re e della Corte,
mentre tutti gli altri erano controllati dai baroni.
Il che significava che il potere feudale, nel suo
complesso, era titolare delle risorse e delle
finanze del Regno e che la Corte aragonese era nei
fatti subalterna all'organizzazione baronale.
Diveniva, quindi, naturale che il re favorisse in
ogni modo l'estensione numerica delle città
demaniali, sottraendole al peso feudale e
incorporandole alla propria diretta amministrazione.
Ma l'impresa non era di poco conto, in quanto i
baroni erano organizzati in dinastie ramificate
dallo Jonio al Tirreno. Gli Orsini Del Balzo, ad
esempio, si vantavano di poter viaggiare da Taranto
a Napoli senza mai uscire dai loro possedimenti; i
Sanseverino, erano titolari di feudi sia in Calabria
che in Basilicata tra i quali anche Miglionico; i
Caracciolo, i Guevara, gli Acquaviva, i Senerchia
completavano questa ristretta elite al potere, che
di fatto accerchiava la capitale soffocando il
Regno. Ed in più il baronato aveva l'appoggio della
Chiesa. Baronie Chiesa nei fatti si coalizzarono
contro il re, ostacolando uno sviluppo diverso della
società meridionale. Antonio Centonze
L’inganno del consiglio SETTEMBRE 1485, per volontà
di Girolamo Sanseverino, signore di Miglionico, la
congiura, cui convennero i baroni delle terre del
Mezzogiorno per incontrare e cercare degli accordi
dopo aver ordito contro il re Ferrante I d'Aragona
del Regno di Napoli e suo figlio Alfonso duca di
Calabria detto il Guercio, ebbe un tragico epilogo.
Di lì a qualche anno i baroni che vi presero parte
furono tutti trucidati. Una congiura che ebbe il la
grazie alle nozze di Melfi tra il conte Troiano
Caracciolo e Ippolita Sanseverino, occasione di
ludibrio e di trame contro il re, che ne venne in
qualche modo a conoscenza. Una congiura in cui, il
consiglio preso, si rivelò davvero sbagliato,
appunto un “Malconsiglio”. Qui dopo aver congiurato
contro la casa reale aragonese per garantirsi il
controllo dei propri feudi e la continuità dei
propri casati, i baroni tentarono un accordo con lo
stesso re Ferrante per porre fine ad anni di lotte
funeste e spargimenti di sangue. Il re, dopo essere
venuto conoscenza delle vere volontà dei baroni,
finse di accettare gli accordi. L'epilogo è
tristemente noto. Antonio Centonze |