MIGLIONICO.
Nuova prospettiva di sviluppo per il turismo
miglionichese: può essere rappresentata dalle
aziende agrituristiche. Nell’agro ce ne sono ben
quattro: sono dislocate in quattro zone strategiche,
tra le più rinomate e suggestive sotto il profilo
paesaggistico. La prima è ubicata a un paio di
chilometri di distanza dall’oasi di San Giuliano; la
seconda si trova in contrada “Pescara”, a poche
centinaia di metri dalla periferia del centro
abitato; la terza, invece, è stata creata in
contrada “Fontana di noce”, poco distante dalla
galleria “Millotta” e dal santuario della “Madonna
della Porticella”; la quarta, infine, si trova in
contrada “Piano dell’oste”, con un panorama
mozzafiato sulla vallata del fiume Basento. Quattro
località che possono essere facilmente raggiunte in
auto. E’ possibile degustarvi tutti i prelibati
prodotti tipici del ricco patrimonio gastronomico
miglionichese e ammirare i più suggestivi percorsi
del territorio agreste locale. I quattro centri
agrituristici hanno tutte le carte in regola per
rappresentare anche dei “laboratori didattici”, ove
poter fare educazione ambientale ed alimentare. Ad
esempio, vi si può conoscere alcuni aspetti della
civiltà contadina e la cultura agricola della
comunità. Inoltre, dal punto di vista gastronomico,
è possibile sperimentare tutti i benefici della
dieta mediterranea, riscoprendo i gusti e i sapori
genuini dei cibi di un tempo, quelli del dopo
guerra. Prodotti biologici, coltivati in modo
naturale e ricchi di proteine vegetali anti
colesterolo. In altre parole, le quattro aziende
agrituristiche costituiscono un’alternativa, ma
anche un’integrazione del turismo balneare,
cosiddetto di massa. Offrono l’opportunità di
riscoprire le tradizioni della vita contadina,
proiettando i visitatori nei silenzi della campagna,
in una dimensione agreste, che potrà essere
apprezzata soprattutto da chi concepisce la vacanza
non solo come il periodo dello svago, ma anche come
occasione di arricchimento culturale. In definitiva,
a Miglionico, attraverso il “turismo rurale”, si
stanno creando le giuste condizioni per conoscere
alcuni aspetti della civiltà contadina, che, sotto
il profilo gastronomico, non era fondata
sull’opulenza dei cibi più sofisticati, ma sulla
bontà della cosiddetta “cucina povera”, quella dei
cibi semplici, cotti nella “pignata” (tegame di
terracotta) o preparati con piatti freddi (la
cialled’ nella spased’), i cui ingredienti
essenziali erano costituiti da fette di pane,
pomodori, melanzane sott’olio e peperoncino.
Giacomo Amati |