MIGLIONICO.
Giambattista Matera (Miglionico 1819-1900) è
il protagonista di “Il più tristo di tutti -
Storia di un patriota lucano nel Risorgimento
meridionale”, il nuovo libro di Gabriele Scarcia.
Con la prefazione del senatore Emilio Colombo il
testo è fresco di stampa ed edito da Giuseppe
Laterza di Bari. Si tratta di un spaccato storico
dell'Ottocento, con accenni a vicende nel Novecento,
«che ha lo sguardo puntato sul Meridione e in
particolare sulla Basilicata, senza mai distogliersi
dagli episodi accorsi in Miglionico, centro
collinare oggi nella provincia materana».
Giambattista Matera, definito efficacemente come «il
più tristo di tutti», nato in questo sperduto e
microscopico avamposto del Regno delle Due Sicilie,
diventa un esempio di «similari condizioni di vita,
di medesime aspirazioni societarie, di eterogenei o
comuni pensieri di una società da una parte
all'avanguardia, ricca di potenzialità, ingente di
risorse umane e dall'altra profondamente logorata,
dominata, vessata che, per molti versi, non si sa
sottrarre al fascino dell'incognito costituito dal
cambiamento ».
Dopo un attento lavoro di ricerca,
attraverso atti di processi, missive, cronache
dell'epoca, documenti di società segrete, delibere
amministrative, fotografie, tradizioni orali, usi e
consuetudini cristallizzatisi nel tempo, Gabriele Scarcia è riuscito a far emergere una Lucania che,
tra aspetti meno indagati della dominazione
borbonica e tentativi criticabili o meno di
riassetti unitari dopo il 1860, si distingue dalle
limitrofe regioni, per ingegni e temperamenti, come
pure per caparbietà e sacrifici mai ripagati appieno
dalla chiarezza e dalla veridicità storica. Ma il
quadro complessivo, da qualunque parte lo si
analizzi, è o diviene senza inceppi, sempre il
medesimo. Nobiltà da una parte e popolino con
aspirazioni inesaudite dall'altro.
«E' stata fatta -
ha spiegato l'autore - una ricerca d'archivio
inedita attraverso processi della Gran Corte
criminale, attività di vendite carbonare, la
piantagione dell'albero della libertà (1799), la
Basilicata alla vigilia dell'Unità, le colonne
insurrezionali, il governo provvisorio lucano, il
brigantaggio, l'attività del Consigli provinciali,
la corrispondenza tra i comitati e tra i semplici
cittadini, le valutazioni sul Sud alla luce delle
nuovo raccapriccianti scoperte ecc. L'eroe, che
nelle pagine del libro si perde nei rivoli di cento
situazioni dissimili, di cento località, è
l'incarnazione vivente di una regione e di un Sud
che avvertono il bisogno di un riscatto da
un'esistenza evidentemente affatto prodiga di
gratificazioni di qualsiasi genere. Il Matera può
essere un brigante, un rivoluzionario, un patriota,
un avvocato, un padre di famiglia ma con un'idea di
“cambiamento” che diviene una fissa, con tutte le
fattezze di una “ragione di vita” capace di superare
anche gli stessi affetti familiari, che non ha
difficoltà nel compromette amicizie, che innesca
ostilità, soprusi, vigliaccherie, persecuzioni ».
Sfogliando carte ed analizzando eventi, l'autore ci
spiega come l'ordito della storia si è disegnato da
solo, per gradi. «Per esempio, - ha proseguito Scarcia - nella biblioteca del Museo Centrale del
Risorgimento di Roma, proprio all'interno
dell'Altare della Patria, chi poteva immaginare che
tra le missive, tra i carteggi di vario genere,
riaffiorasse il nome del protagonista, i paesi di
Basilicata e tant'altro utilissimo all'acquisizione
e alla trascrizione di una storia inedita?
Giambattista Matera è il personaggio che s'imprime
di più di tutti nella lettura del testo per la
capacità, magari per certi versi anche
inconsapevole, di smuovere masse inermi di cittadini
che non attendono altro che qualcuno che li guidi
alla sollevazione. Esce anche un ritratto a tinte
fosche, nella storia, di un ceto ecclesiastico che
fa concorrenza all'attuale delle cronache, con
pretucoli che lordandosi di turpitudini sono capaci
di tutto pur di restare a galla».
L'autore ha
inoltre evidenziato come questa storia è una storia
provinciale, ma con i presupposti e le prerogative
di una storia nazionale. Tanto più che Miglionico,
per le testimonianze documentarie offerteci, sembra
essere stato il primissimo comune della regione e
del Sud a dichiarare decaduta la dinastia borbonica.
«L'archetipo - ha concluso Scarcia - è l'idea chiave
che muove le fila di questo lavoro inedito.
L'esempio tipico che vale per un'intera epoca e per
un'intera generazione. E con generazione, nel salto
temporale, penso a quel target di lettori giovani,
che magari con diffidenza leggeranno il titolo e si
arrenderanno alle troppe pagine, prima di
affrontarne la lettura. A loro vorrei dire che la
modernità del contenuto di questo libro è proprio,
paradossalmente, nella storia datata. La rivoluzione
dei popoli, che nessuno si auspica, il valore
dell'ideale e dell'ideologia, oggi retaggio di un
tempo remoto, il protagonismo della giovane età, in
barba ai falsi miti della musica e del cinema
odierni. Tutti gli ingredienti di una visione
completa di una società modello, con le sue luci e
le sue ombre, ma che nella forza delle idee e
nell'ardimento ritrova i termini chiave di un
irrinunciabile riscatto sociale. Nessun seguito al
libro e dunque alla storia naturalmente. Mi
annoierei non poco a riprendere le medesime vicende
e ad amplificarle. Il prossimo lavoro è già
cominciato, in verità ne ho cominciati tre o forse
quattro, ma poi si sa che si va a giornate, a umori,
a fattori sempre per me comunque spontanei, mai
obbligati, poiché non c'è nulla di peggio che
costringersi a scrivere, a ore, un po' come si
faceva e si fa con i compiti scolastici».
Mariangela Lisanti |