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Bari.
E' arrivato in libreria in sordina ma ha già
stuzzicato l'interesse dei lettori il romanzo di un
"esordiente", al quale tuttavia non mancano i ferri
del mestiere dello scrittore. Si intitola Al di
qua del faro (Alfredo Guida ed., pp. 204, 15
euro) e lo firma Michele De Ruggieri, classe
'38, tarantino di Palagiano, di famiglia lucana, che
vive e lavora da tempo a Bari.
Il titolo allude al famoso Faro sullo Stretto di
Messina che, fino al 1861, segnava il confine
geo-politico fra le regioni peninsulari del Regno di
Napoli e la Sicilia, e indirizza i lettori verso
l'immediato svelamento del contesto geografico e
storico che fa da sfondo al racconto: le regioni
peninsulari del Regno delle Due Sicilie, Campania e
Basilicata in particolare, intorno alla metà del XIX
secolo.
Il protagonista del romanzo, Pietro, è un giovane di
buona famiglia che lascia il suo paesello natìo per
andare a studiare a Napoli: 1858, pochi anni prima
dell'Unità d'Italia. Quali esperienze di vita
potevano attendere il giovane provinciale in una
città metropolitana come era Napoli allora? E'
questo il punto di partenza di un romanzo che
rielabora la biografia del protagonista, realmente
vissuto, in un continuo inventare e raccontare,
rievocare aneddoti familiari, tradizioni,
superstizioni, vicende, personaggi.
Sebbene il romanzo si configuri, anche nelle
intenzioni dell'autore, come un Bildungsroman, la
microstoria del personaggio principale si inserisce
con forza nella macrostoria, tanto che la narrazione
degli eventi personali del giovane Pietro lascia
spesso spazio alla narrazione quasi storiografica
del declino di Napoli, culla privilegiata del Regno
delle Due Sicilie, scena di coinvolgimenti politici
e sociali in attesa dell'alba di un nuovo giorno.
Il disegno narrativo che muove il romanzo è, dunque,
di vasto respiro: raccontare i movimenti storici e
politici del meridione ottocentesco e la caduta dei
Borboni, ma - attraverso i pensieri del giovane
protagonista - anche le storie più piccole, che ci
rivelano l'affermarsi di simpatie piemontesi tra i
borghesi e proprietari terrieri lucani.
La cura che De Ruggieri ha dedicato alla descrizione
delle situazioni e dei personaggi, la ricchezza
degli episodi che si snodano nel corso della
narrazione, la descrizione della vita quotidiana a
Napoli nel 1858 e, infine, l'attenta ricostruzione
dei pensieri del giovane Pietro sul clima di
rivoluzione e sulle rigide regole sociali, trasporta
immediatamente i lettori nell'atmosfera storica,
politica e culturale delle seconda metà
dell'Ottocento.
Eppure, Pietro è sì protagonista delle vicende
storiche e personali raccontate dal romanzo, ma le
sue azioni sembrano quasi sempre coincidere con il
suo osservatore. Perchè è la pecularietà
dell'impianto narrativo di Al di qua del faro
è quella di aver posto al centro del racconto uno
spettatore, piuttosto che un attore narrativo e
sociale; uno spettatore, però, sempre pronto a
ritornare prepotentemente in scena, in un continuo
vivere fra storia e immaginazione, in un gioco che
rende dinamico il racconto e stringe come un laccio
il lettore alla scrittura. Claudia De Giosa |
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Antonio
Labriola - 10
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