Miglionico.
In questi giorni la mitica casa automobilistica Alfa
Romeo festeggia il proprio centenario. Mostre, raduni,
dibattiti, pubblicazioni di ogni genere celebrano la
secolare avventura di questo famoso marchio
automobilistico che - vuoi per la presenza del Biscione
o anche del simbolo araldico dei Visconti nel suo stemma
di riconoscimento - viene percepito dagli italiani e,
soprattutto dai settentrionali, come un prodotto del
genio imprenditoriale lombardo. Ma le cose non stanno
esattamente così… Infatti, facendo un salto nel tempo,
alle origini di questa avventura imprenditoriale,
simbolo di italianità e di stile in tutto il mondo, si
scopre che l'Alfa Romeo ha avuto come fondatore un
capitano d'industria meridionale, figlio primogenito di
una famiglia lucana trapiantata a Napoli. Nel 1910,
infatti, un gruppo di imprenditori milanesi acquistò i
capannoni della fabbrica Darracq, una ditta francese in
fallimento che avrebbe dovuto costruire in Italia
automobili con meccanica d'oltralpe. Dopo aver dato vita
ad una prima vettura tutta italiana, la 24 HP creata dal
progettista Giuseppe Merosi, i nuovi proprietari
entrarono in una profonda crisi economica e l'operazione
fu segnata da un nuovo definitivo fallimento. Nel
1915 un giovane e lungimirante ingegnere meccanico del
Sud acquistò i capannoni di quella che era stata
denominata l'Anonima Lombarda Fabbrica Automobili
aggiungendovi orgogliosamente al marchio esistente il
cognome della propria famiglia. Quel signore si chiamava
Nicola Romeo. La sua famiglia si era
trasferita nella seconda metà dell'Ottocento a S.
Antimo, un paesino dell'entroterra napoletano, ma era
originaria della Lucania, esattamente di Montalbano
Ionico in provincia di Matera.
Il giovane ingegnere, figlio primogenito di Maurizio
Romeo (maestro elementare di Montalbano Jonico) e
Consiglia Tagliatela, si laureò al Politecnico di Napoli
e, dopo alcuni anni di studio in Belgio, dove conseguì
una seconda laurea in Ingegneria elettromeccanica, tornò
in Italia per cercare nuove opportunità nella nascente
industria automobilistica italiana. L'occasione giusta
si presentò proprio con l'acquisto dei capannoni
dismessi dell'A.L.F.A. che furono in un primo
tempo utilizzati per soddisfare le ricche commesse
militari derivanti dalla prima guerra mondiale.
Archiviata la guerra, il giovane ingegnere, forte di una
grande passione per i motori e della ricca esperienza
maturata all'estero, diede un nuovo impulso alla
fabbrica di autovetture facendola diventare in pochi
anni quell'emblema di classe e innovazione meccanica che
è sempre stato riconosciuto alle vetture Alfa Romeo da
tutto il mondo automobilistico. Col nuovo capitano
d'impresa, l'Alfa Romeo cominciò a vivere il suo periodo
d'oro. Le prime vetture progettate nei cantieri Alfa
Romeo di quel periodo cominciarono ad accumulare trofei
e vittorie in tutte le corse automobilistiche , grazie
anche alla guida di un giovane pilota di nome Enzo
Ferrari. E poi ancora Ascari, Tazio Nuvolari, Campari.
Sono di quel periodo le vetture storiche da corsa e da
Gran Turismo più belle ed ammirate, come la Torpedo
20-30 HP; la serie RL o la RM con cui il pilota Ugo
Sivocci vinse la prima Targa Florio nel 1923.
L'avventura dell'ingegner Romeo nel mondo dei motori si
concluse alla fine degli anni Venti, quando, a causa
della crisi mondiale del '29 e di altre travagliate
vicende finanziarie, l'Alfa Romeo passò definitivamente
nelle mani dell'azionista statale, il quale, per
risarcire degnamente il glorioso padre fondatore di
quell'Azienda, lo fece nominare Senatore del Regno.
Nicola Romeo morì alla fine degli anni Trenta, lasciando
ai posteri che seppero raccogliere degnamente quella
sfida pionieristica, un nome storico che è tutt'oggi un
vanto per l'Italia dei motori e certamente anche per la
terra d'origine della sua famiglia: la Lucania. Dino
Centonze |