Quando
Garibaldi entra in Potenza trova una città già
ribellata ai
Borboni. Cos'era accaduto mentre si preparava
l'azione da Sud? Quali fermenti si erano verificati
nella regione lucana e chi li aveva prodotti? La
gioventù lucana era attraversata da ventate
libertarie e se a Nord si formavano circoli
progressisti, a Sud non si era da meno.
Tra i tanti che si erano iscritti a vendite
carbonare, Gabriele Scarcia, giornalista e
studioso lucano, individua un ribelle avvocato di
Miglionico, suo paese natale, del quale poco
sapevamo prima dell'uscita di «Il più tristo di
tutti. Storia di un patriota lucano nel Risorgimento
meridionale», edito da. Giuseppe Laterza. «Il
più tristo», come verrà bollato dai suoi
concittadini è Gìambattista Matera, liberale
e unitarista fino nelle ossa.
Nasce il l0 luglio 1819 a Miglionico dal massaro di
campo Serafino e da Angela Maria Terlimbacco.
Avviato agli studi nella cittadina che fu feudo dei
Sanseverino, si laurea in Legge a Napoli e si sposa
nella capitale il 20 dicembre 1840, a ventidue anni,
ma la sfortuna comincia a perseguitarlo da giovane e
resta in breve tempo privo dei due bambini avuti
dalla donna. La giovane moglie si ammala e Matera
resterà anche vedovo. Si risposa quattro anni
dopo con una ricca proprietaria di Miglionico,
Angela Caterina Corleto, dalla quale avrà un erede:
Serafino. A questo punto il Matera potrebbe viversi
una vita quieta, ma il demone della politica lo
possiede. Guadagnato infatti alle idee mazziniane,
rientra nel paese natale e si iscrive nel 1848 al
«Circolo Costituzionale Lucano», fino a diventare
capo della Vendita di Miglionico. Questi giovani
facinorosi fanno paura al popolo, che di suo è
conservatore e cerca quiete, per cui anche
Giambattista non gode di buona reputazione in paese.
È una testa calda, vuole la repubblica, crede nella
Costituzione e in una repubblica senza Borboni. È
proprio un demonio e non a caso viene soprannominato
a sfottò «il paglietta».
LA GIOVANE ITALIA - In quegli anni nella
provincia di Potenza un agitatore di popolo come
Ferdinando Petruccelli della Gattina di Moliterno
aveva gettato i semi politici della «Giovane
Italia». Matera se ne lascia permeare e si mette a
capo dei moti del '48 tenendo discorsi nelle
campagne e purtroppo per lui anche in paese. Gli
accade così di pronunciare un discorso sedizioso in
un caffè di Miglionico
davanti a persone che correranno immediatamente
dall'autorità costituita. «Matera ha detto che
bisogna dividere i beni demaniali tra i contadini,
invadere quei terreni, unirsi ai cittadini di
Grottole per fare causa comune contro i Borboni». Il
facinoroso finisce ovviamente- in manette e la sua
posizione si aggrava ulteriormente quando 1'8 agosto
del' 48 una sommossa di contadini causa la morte
violenta del conte Gattini a Matera. il processo
criminale a suo carico recita «Provocazione a
cambiare il legittimo attuale Governo con discorsi e
letture di scritti in luoghi pubblici; eccitamento
de' sudditi ad armarsi contro l'autorità Reale, a
proclamare la Repubblica etc». Ce n'è quanto basta
per essere incarcerato. Tuttavia un'amnistia seguita
ai fatti del' 48 lo vede a piede libero, Ma l'animo
liberale e mazziniano del Matera non trova pace. E
dieci anni dopo lo troviamo ancora coinvolto in
fatti politici, allorché viene trovata una bandiera
tricolore sospesa a un olmo nei pressi del monastero
di San Francesco di Miglionico. I sospetti cadono
ancora su di lui e il carcere gli si spalancherebbe
di nuovo se non avvenisse l'insurrezione del 18
agosto 1860 a Potenza. Il comitato insurrezionale
dichiara decaduta la dinastia borbonica. Un proclama
del governo Pro dittatoriale lucano emanato da
Garibaldi lo nomina segretario governativo insieme
ai padri fondatori della Pro-Dittatura: Nicola
Mignogna, Giacinto Albini, Rocco Brienza, Nicola
Magaldi e Gaetano Cascini. Successivamente, con
decreto regio viene nominato . il 16 settembre I860
giudice della Gran Corte Criminale e poi graduato
nella Guardia Nazionale per la repressione del
brigantaggio. Matera è uno dei più solerti difensori
della Nuova Italia. Antiborbonico convinto e fedele
ai Savoia, batte la campagna a caccia di. briganti
che taglieggiano e si oppongono all'Unità. In un
romanzo edito a Milano nel 1954 di. Marino Leogrande,
«Cristo non si è fermato a Eboli" tenendo conto
della libertà inventiva dei romanzi, si narra
l'uccisione macabra di un brigante)tale Capacchione,
in territorio di Miglionico. L'uomo reo di un
rapimento, viene catturato per ordine di Matera e
dopo la fucilazione sottoposto a decapitazione.
Dopodichè la sua testa è infissa su un palo e
sospesa per i capelli all'orologio della piazza.
LA TERRIBILE NOMEA - Insomma si accreditava,
sebbene per questioni di ordine pubblico, la nomea
che voleva il Matera. «il più tristo di tutti».
Nominato successivamente consigliere liberale del
comune di Miglionico e poi deputato, il «Paglietta»
non godette mai di stima. popolare, sebbene un
documento attesti che fu grazie a lui che l'8
ottobre 1871 passò la delibera di formazione di un
complesso bandistico cittadino affidato alla
direzione del maestro Pietro Del Medico.
Ma la sfortuna perseguitava quest'uomo, che perse
ancora una volta l'unico figlio avuto dalla Corleto.
Morì, all'inizio del nuovo secolo, ma si narra che
il funerale fu funestato da tafferugli. La sua bara
venne infatti fermata e presa a calci da facinorosi
e profanata con schizzi di orina. |