Caro
Giacomo sia pure con un po’ di ritardo rispondo ai
quesiti che mi hai posto questa settimana. E’ vero
che gli ultimi avvenimenti di questi giorni hanno
modificato l’attualità delle risposte da dare, ma
tutto sommato i temi da trattare sono ancora
all’ordine del giorno.
Inizio dall’ultimo quesito. Ha fatto bene
De Filippo a dimettersi? Di fronte alle accuse gravi
che vengono rivolte ai maggiori indagati (Viti,
Mastrosimine, Pagliuca) il Presidente non poteva far
finta di niente. In qualità di primo responsabile
dell’Istituzione regionale, di fronte al numero
elevato dei soggetti coinvolti, non aveva altra
scelta: con grande senso di responsabilità si è
assunto l’onere di salvaguardare il buon nome della
Basilicata , dimettendosi dalla carica più alta per
permettere alla giustizia di fare il suo corso.
E’ pur vero però che l’opinione pubblica e
la stampa, esasperati per i tanti scandali
verificatisi nel recente passato, hanno talmente
amplificato la portata degli avvenimenti che nessuno
avrebbe potuto più resistere alle molteplici
pressioni. E’bene che gli inquirenti accertino le
responsabilità di ognuno. Chi ha sbagliato paghi. Ma
attenti a non fare giustizia sommaria. Va dato però
merito a De Filippo che , a differenza dei colleghi
del Lazio, della Lombardia e del Piemonte, ha avuto
la responsabilità e la dignità di rassegnare le
dimissioni per permettere alla Magistratura di fare
le dovute indagini.
Riguardo al giudizio non molto positivo di
Rosi Bindi sul Presidente Letta, non mi sembra ci
siano motivi personali; già alcune settimane
addietro ella era contraria alla formazione di un
governo politico formato da PD e PDL. Era favorevole
ad un governo del Presidente, guidato da una
personalità esterna ai partiti, con la
partecipazione di alcuni ministri indicati dagli
stessi tra le seconde o terze file. Con l’incarico a
Letta non si sono realizzate le sue aspettative:
infatti è stata nominata una personalità di primo
piano e formato un governo all’insegna
dell’”inciucio”. Alla Bindi però va dato il merito
di aver votato la fiducia, pur nutrendo seri dubbi
sull’opportunità politica di un simile accordo.
Da parte mia ho più volte espresso giudizi
negativi sulle posizioni altalenanti assunte da
Bersani nella gestione del dopo elezioni. Già dal
primo momento ho auspicato la formazione di un
governo” tecnico-politico”, guidato da una
personalità terza e sostenuto da tutti i partiti che
avessero a cuore le sorti del Paese. Ma così non è
stato. La soluzione suggerita da Napolitano e la
conseguente formazione del governo presieduto da
Enrico Letta con l’apporto diretto del PDL e Scelta
Civica merita, almeno per il momento, la sospensione
di ogni giudizio. Le capacità e la responsabilità di
Letta fanno ben sperare che si possano affrontare e
risolvere, almeno in parte, i problemi più urgenti.
Il discorso che ha tenuto alle due camere, anche se
non ha indicato concretamente le soluzioni da
adottare, è stato abbastanza convincente e carico
della forza e del coraggio di chi vuole davvero
mettersi al servizio del bene comune.
Ma a pochi giorni dal varo del Governo e
dalle nomine dei sottosegretari, le sorti
dell’esecutivo sono minacciate da numerose prese di
posizione da entrambi gli schieramenti. Brunetta,
nuovo “Zaratustra”, così parlò: “ o si toglie l’IMU
o si muore”. Franceschini ha tuonato: “ l’IMU
resterà in eterno”. Berlusconi: “o presidente della
Commissione delle Riforme o incaricato a presiedere
le Commissioni Giustizia e delle Comunicazioni”. E’
facile capire il perché. Insorgono Fassina e Renzi:
“ Berlusconi non può fare il padre costituente”. E
giù di questo passo. Insomma Letta ha le prime gatte
da pelare. Ma il “vecchio democristiano” non sembra
impressionarsi da simili punture di spillo e va
deciso per la sua strada. Intanto, con un colpo ben
assestato, disarciona la Biancofiore (attenti al
cognome!).
La speranza
è che questo Governo, pur non essendo il meglio che
ci potesse aspettare, possa risolvere almeno i
problemi economici più urgenti, varare una nuova
legge elettorale e dare un nuovo assetto alle
Istituzioni del Paese; dopo un paio d’anni tornare
al voto. Mi chiedi se è stata una vittoria di
Napolitano. Ebbene se quel 60% composto da partiti
su tutto discordanti, per un determinato periodo
convivono per mettersi al servizio del Paese -
soluzione ipotizzata fin dal primo momento dal
presidente Napolitano - senz’altro è stata una
vittoria dello stesso. Da esperto politico di lungo
corso, dopo i maldestri tentativi del buon Bersani,
aveva capito che non v’erano altre alternative ad un
accordo PD-PDL. Il pericolo di un colpo di sfiducia
può venire solo dalle anime deluse del partito
Democratico. Ma questo è un altro problema.
Domenico Lascaro
d.lascaro@libero.it |