MIGLIONICO.
Se mi è consentito, vorrei esprimere le mie
opinioni sulla situazione politica e sociale
scaturita dalle recenti consultazioni
elettorali. Sono Domenico Lascaro di
Miglionico, elettore e iscritto non pentito
al Partito Democratico.
I temi da trattare sono così numerosi e di
tale urgenza che mi limiterò solo ad
affrontarne i più importanti. Tra questi i
risultati delle elezioni, la formazione di
un governo che possa affrontare e risolvere
con la massima urgenza i problemi gravi del
Paese, le responsabilità che i partiti sono
chiamati ad assumersi alla luce della sfida
che la cosiddetta antipolitica gli ha posto
in modo così drammatico.
Risultati elettorali. Purtroppo, a causa di
una dissennata legge elettorale, è emerso
un tale guazzabuglio che ne ha fatto tutti
vincitori o, ch’è la stessa cosa, tutti
perdenti. Ha vinto il PDL perché Berlusconi
è riuscito in calcio d’angolo, come suol
dirsi in termini calcistici, a limitare la
più che probabile sconfitta. Ha vinto il PD
perché è riuscito con alcune decine di
migliaia di voti a conquistare la
maggioranza dei seggi alla Camera; al
Senato, pur essendo risultato il primo
partito, non ha i numeri per formare un
governo stabile. Il M5S, otre ogni
aspettativa, ha conseguito un tale successo
che ha sconvolto i già traballanti equilibri
politici.
Insomma ci si trova di fronte a un
pericoloso e ingarbugliato enigma che
metterà a dura prova la pazienza e la
responsabilità del Presidente della
Repubblica. Bersani si ritiene l’unico
destinatario di un possibile incarico di
governo poiché il suo partito detiene la
maggioranza dei deputati. A tale proposito,
nella Direzione del partito di oggi
6.3.2013, ha proposto al movimento di Beppe
Grillo di formare insieme un’alleanza di
”Cambiamento” per affrontare i più urgenti
problemi del Paese. La risposta di Grillo,
fin dall’apertura delle urne è nettamente
negativa.
Il PDL dal canto suo, pur
riconoscendo a Bersani il diritto di fare il
primo passo per la formazione di un nuovo
governo, ritiene indispensabile il
coinvolgimento diretto delle proprie forze,
se non altro per affrontare i problemi più
urgenti del Paese. Ma le decisioni
dell’odierna decisione del PD non prevedono
alcun piano “ B”,
cioè nessun accordo con il PDL. Dalema fa
una proposta che oserei definire
sconvolgente: togliere di mezzo Berlusconi
e trattare direttamente con Alfano per un
governo di Unità Nazionale. E’ un’offerta
truffaldina e offensiva di un partito con il
30% dei voti.
Questo è dunque lo stato dei fatti. Siamo
alla paralisi più totale. Il Paese rischia
il disastro più assoluto sotto il profilo
economico in primo luogo, ma altrettanto
grave dal punto di vista sociale e morale.
Che fare dunque? Le numerose proposte che
provengono da ogni parte sono tutte degne
di attenzione ma irrealizzabili: il
governissimo PD-PDL è respinto da tutto il
Partito Democratico; l’accordo con i
“Grillini” è visto come fumo negli occhi
dalla stragrande maggioranza degli eletti
del M5S; di una proroga all’attuale governo
in carica, nemmeno a parlarne; di un
ipotetico governo del Presidente che sia la
fotocopia di quello tecnico attuale, sarebbe
un altro disastro.
Insomma occorre pensare a qualcosa di
diverso che trovi il consenso di una
maggioranza il più possibile ampia in
Parlamento. Occorrono responsabilità e anche
coraggio da parte di tutti, soprattutto dai
partiti che hanno a cuore i problemi del
Paese. E’ il momento in cui tutti
dovrebbero fare un passo indietro e deporre
l’orgoglio di partito più o meno vincitore.
Il primo arretramento spetta proprio a
Bersani. Inutile continuare con l’illusione
di formare un governo di minoranza con i
Grillini. Hanno ribadito mille volte che non
ci stanno; il loro obiettivo è spingere gli
altri partiti ad unirsi allo scopo di
distruggerli dall’opposizione. Col PDL è
oggettivamente inopportuno. Perciò, caro il
mio segretario, abbi la responsabilità e il
coraggio, lo stesso che ha mostrato
Benedetto XVI nel farsi da parte, di
rinunciare preventivamente ad ogni ipotesi
di incarico da parte di Napolitano e
attendere che lo stesso faccia le sue
valutazioni. Senza alcuna maggioranza al
Senato e con una manciata di voti i più
presi a livello elettorale non si può
pretendere di governare da soli.
Lo stesso faccia Berlusconi. Il PDL ha
perso, nonostante la rimonta insperata che
il suo capo gli ha fatto conseguire. Caro
Cavaliere anche per Lei è giunto il momento
di lasciare ai suoi capaci “delfini” la
gestione del partito. Ora che ha messo la
testa a posto e si è fidanzato
ufficialmente, si sposi e curi la sua
giovane mogliettina; si godi
tranquillamente i nipotini che hanno tanto
bisogno di un nonno così sorridente.
Anche Grillo, che ha conseguito al massimo
il suo obiettivo di portare una forza
rivoluzionaria in Parlamento, avrebbe tutto
da guadagnare se lasciasse ai suoi seguaci
la libertà di gestire questa fase difficile
della governabilità. Sono persone umili, ma
oneste e capaci di prendere con
responsabilità e competenza decisioni
importanti per il Paese. Il suo compito è
finito. Il suo gesto di rinuncia sarebbe
certamente percepito come altamente
dignitoso e responsabile per aver generato
un movimento di rottura e di stimolo per
rigenerare le istituzioni del nostro Paese.
Perciò, caro Grillo torni a fare il comico e
faccia tornare il sorriso sui volti
stravolti dalla crisi che attanaglia tutti
in questo drammatico momento. Il Paese ti
sarebbe riconoscente.
Ma qual è dunque la proposta che ci farebbe
uscire dall’impasse in cui siamo caduti? I
capi dei tre partiti di cui sopra una volta
deposto l’orgoglio e la voglia di farsi del
male, dismesso l’abito del comando, si
presentino immediatamente dal Capo dello
Stato e gli suggeriscano la composizione di
un Governo, che definirei tecnico-politico,
che abbia le seguenti caratteristiche:
composto da persone competenti e di alto
profilo morale, non di espressione diretta
dei partiti, ma suggeriti dagli stessi in
proporzione alle loro forze. IL suo compito,
di durata al massimo uno o due anni,
consisterebbe nella riforma di una nuova
legge elettorale con il doppio turno che in
altre occasioni abbiamo definito
“all’italiana”, cioè con la garanzia di una
maggioranza stabile e con un minimo di
rappresentanza concessa anche ai piccoli
partiti che superino la soglia dell’uno per
cento. Tra gli altri compiti: misure urgenti
per rilanciare l’occupazione, dimezzamento
del numero dei parlamentari e abolizione di
qualsiasi privilegio; superamento del
bicameralismo; riduzione del 50% delle
Provincie e contestuale costituzione di
Macro Regioni non in senso orizzontale, ma
verticale. Chiarisco. Non divisione netta
tra Nord e Sud, per esempio: Liguria,
Piemonte e Toscana insieme; Trentino, Friuli
e Veneto; Emilia, Lombardia e Umbria; e così
via. E ancora: abolizione del finanziamento
pubblico ai partiti e riforma urgente della
legge anticorruzione nell’ambito di quella
della giustizia. Queste le più urgenti che
nel tempo di un paio d’anni potrebbero
realizzarsi prima di un voto anticipato.
Mi permetto ora di suggerire alcuni nomi che
potrebbero comporre il futuro esecutivo:
Fabrizio Barca presidente, Monti agli
Esteri, Cancellieri all’Interno, Paola
Severino alla Giustizia, Gianni Letta vice
presidente, e di seguito Pisanu, Amato,
Massimo Cacciari, Dario Antiseri, Sergio
Romano, Frattini e la Marcegaglia. Sono i
primi nomi che mi vengono in mente; altri
potrebbero suggerirli i rispettivi partiti,
compreso il M5S, concordati con Napolitano.
In caso di rifiuto dei Grillini, non sarebbe
un dramma, si prenderebbero le loro
responsabilità di fronte ai loro elettori.
Quale sarebbe il vantaggio di un simile
governo? I partiti non sarebbero costretti
ad appoggiare un esecutivo tecnico distante
dai loro interessi, ma un governo in parte
espressione delle proprie volontà. Darebbe
inoltre il tempo e l’opportunità agli stessi
di riorganizzarsi al proprio interno e
affrontare con serenità le prossime
consultazioni elettorali.
A proposito del PD, il mio partito di
adozione, che cosa è urgente fare per
rimetterlo in corsa per le prossime elezioni
e in generale per il suo rilancio
organizzativo? Immediata convocazione di un
congresso straordinario che indichi
chiaramente le linee politiche che si
vogliono mettere in campo. Dal primo
segretario all’ultimo responsabile del più
piccolo circolo cittadino dovrebbero
presentarsi dimissionari perché le
responsabilità di una simile dèbacle non è
solo attribuibile agli errori, anche gravi
del segretario nazionale, ma soprattutto
alle strutture locali che nulla hanno fatto
per informare i cittadini sulle scelte
prese a livello nazionale. Ma la vera
rigenerazione deve passare soprattutto da
una nuova organizzazione che mette al centro
nuove modalità di DEMOCRAZIA interna, a
tutti i livelli, l’assenza della quale ha
causato l’allontanamento dal partito delle
forze più attive e capaci.
Certo Bersani ha fatto molti errori, ma la
pressione di coloro che l’anno sostenuto per
non perdere posizioni di comodo, non hanno
permesso di scorgere l’ondata di protesta
che proveniva dall’interno. Con Renzi si
sarebbe certamente vinto, ma è bene chiarire
che egli stesso ha rappresentato un elemento
di divisione che non ha fatto bene al
risultato finale. Ha creato un entusiasmo e
una prospettiva di cambiamento che non è
stato in grado di realizzare. Certo non per
colpa sua, ma per coloro che gli hanno
sbarrato la strada nel secondo turno delle
primarie. Il suo errore però è stato quello
di contendersi la leadership col segretario
del suo partito per il governo del Paese. La
sua voglia di cambiamento avrebbe trovato
più consensi se avesse mirato alla guida del
partito. Si convochi subito il congresso e
si aprano le porte a tutti coloro che
vogliono apportare un vento nuovo di
cambiamento e di reale
partecipazione.
Domenico
Lascaro
E-mail:
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