Ettore
Cinnella (Miglionico, 1947) è uno storico italiano.
Indice
1 Biografia
2 La tesi sull'ultimo Marx
3 L'interpretazione sulle rivoluzioni del 1905 e del
1917
4 Opere
5 Bibliografia
Biografia
È stato allievo della Scuola Normale Superiore di Pisa.
Laureatosi in Lettere moderne a Pisa nel 1970 con una
tesi su "La prima Duma nella rivoluzione russa del
1905", poté usufruire di alcune borse di studio che gli
permisero di proseguire le ricerche all’estero (a Mosca,
Parigi ed Helsinki).
Da molti anni insegna Storia contemporanea e Storia
dell’Europa orientale all’Università di Pisa. Dopo il
crollo del regime comunista nell’URSS, ha lavorato
spesso nell’Archivio centrale del partito di Mosca (oggi
Archivio statale russo di storia politico-sociale,
RGASPI). Ha scritto saggi di storia russa e di storia
contemporanea (alcuni dei quali apparsi in francese, in
inglese e in tedesco).
Le sue opere maggiori sono i due libri La tragedia della
rivoluzione russa (1917-1921), uscito a Milano nel 2000
e ristampato qualche anno dopo nella Storia universale
del Corriere della sera con il titolo La rivoluzione
russa (volume 22), e 1905. La vera rivoluzione russa,
Della Porta, Pisa-Cagliari 2008.
La tesi sull'ultimo Marx
Nel saggio Marx e le prospettive della rivoluzione russa
Cinnella descrive la metamorfosi intellettuale di Karl
Marx nell’ultimo decennio di vita quando, in seguito
alla conoscenza delle fonti russe e ai contatti
personali con rivoluzionari e intellettuali populisti,
il filosofo di Treviri mise in discussione la sua
precedente visione strategica e tornò a riflettere sul
ruolo storico e sul destino del capitalismo. L’ultimo
Marx insomma, secondo l’interpretazione di Cinnella,
credeva sempre meno nella rivoluzione proletaria in
occidente e cercava altre vie rivoluzionarie, scoprendo
la Russia contadina e populistica e le tradizioni
comunitarie dei popoli extraeuropei.
L'interpretazione sulle rivoluzioni del 1905 e del
1917
Nei suoi lavori Cinnella ha contestato l’interpretazione
tradizionale, che vede nella rivoluzione del 1905 il
prologo o la prova generale del 1917. L’aspetto più
marcato e vistoso della rivoluzione del 1905 fu, secondo
Cinnella, il suo carattere insieme liberale e plebeo.
Per la prima volta nella storia russa, infatti, la
protesta degli abitanti delle campagne trovò uno sbocco
politico, grazie all’impegno delle forze politiche
d’orientamento populistico: i socialisti rivoluzionari,
l’Unione contadina panrussa, i deputati eletti dai
contadini alla prima (1906) e alla seconda Duma (1907).
Il significato storico della rivoluzione del 1905,
secondo Cinnella, va cercato nell' opera d’illuminazione
politica delle masse popolari, specie rurali, condotta
dai socialisti rivoluzionari e da altre forze politiche,
tra cui i liberali.
Nella rivoluzione del febbraio-marzo 1917 le due
fondamentali forze motrici della rivoluzione russa,
quella liberaldemocratica e quella social popolare,
parvero agire all’unisono, determinando il rapido crollo
del regime zarista. Tuttavia, ben presto le due
componenti entrarono in violenta rotta di collisione: i
liberali persero subito ogni influenza sul movimento
popolare, che divenne sempre più radicale e aggressivo.
Cinnella ritiene che, se è vero che gli operai svolsero
un ruolo attivo nelle vicende del 1917 e che i soldati e
i marinai influirono anch’essi in maniera decisiva
sull’esito della rivoluzione, non bisogna dimenticare
che furono i contadini i protagonisti più turbolenti e
dinamici della crisi rivoluzionaria. Dopo essere
riusciti, nella primavera 1917, ad organizzare
pacificamente il disperso mondo rurale, creando una
vasta rete di soviet contadini e di comitati agrari, i
socialisti rivoluzionari videro scemare bruscamente la
loro influenza politica tra i contadini all’inizio
dell’autunno. Ebbe allora luogo la più gigantesca e
furiosa guerra sociale che mai si fosse vista nelle
campagne russe. La guerra contadina degli ultimi mesi
del 1917, secondo Cinnella, «rappresentò l’apogeo della
rivoluzione sociale russa».
I bolscevichi andarono al potere sull’onda del
gigantesco sommovimento plebeo dell’autunno 1917 e
poterono giovarsi del determinante aiuto dei socialisti
rivoluzionari di sinistra, i quali all’inizio del 1918
placarono le masse contadine con la legge sulla
«socializzazione della terra». Tuttavia, nella primavera
1918 la politica agraria del governo bolscevico, con la
requisizione forzata dei prodotti agricoli, suscitò la
rabbiosa protesta dei contadini, nonché la rottura tra
il partito di Lenin e i loro unici alleati (i socialisti
rivoluzionari di sinistra). L’introduzione, all’inizio
dell’estate 1918, del cosiddetto «comunismo di guerra»,
(basato sul prelievo forzato dei prodotti agricoli e
sulla rigida centralizzazione dell’intera vita
economica), acuì il contrasto tra masse rurali e potere
comunista. In molte province la guerriglia contadina si
tramutò in guerra aperta.
Secondo Cinnella, la rivoluzione russa ebbe termine
nell’estate 1921, dopo che fu soffocata l’insurrezione
dei marinai e degli operai di Kronstadt e domata la
vasta insurrezione contadina nella provincia di Tambov.
Opere
"Marx e le prospettive della rivoluzione russa", pp. 83,
Rivista storica italiana, 1985
La rivoluzione bolscevica. Partito e società nella
Russia sovietica, pp. 181, Pacini Fazzi, Lucca 1994.
La tragedia della rivoluzione russa (1917-1921), pp.
810, Luni editrice, Milano-Trento 2000.
"Salvemini e la marcia su Roma", Rivista storica
dell’anarchismo, 2003.
Makhno et la révolution ukrainienne (1917-1921), Atelier
de création libertaire, pp. 135, Lione 2003.
"Il Golgota ucraino del 1932-1933. Alla ricerca della
verità", Postfazione a R. Conquest, Raccolto di dolore.
Collettivizzazione sovietica e carestia terroristica,
Liberal edizioni, Roma 2004
La rivoluzione russa, pp. 694, Volume 22 della Storia
universale del «Corriere della sera», RCS Quotidiani
Spa, Milano 2004.
1905. La vera rivoluzione russa, pp. 542, Della Porta,
Pisa-Cagliari 2008.
Carmine Crocco. Un brigante nella grande storia, pp.187,
Della Porta, Pisa-Cagliari 2010.
[modifica] Bibliografia
Sinatti, Piero (12 novembre, 2000). Lenin, genesi di una
catastrofe. Il Sole 24 ORE.
Strada, Vittorio (5 dicembre 2000). Rivoluzione
bolscevica, anatomia di una tragedia. Corriere della
Sera: pag. 35.
Bettanin, Fabio (aprile 2001). Furore giacobino di
un'élite inadeguata. L'Indice dei Libri del Mese.
Bongiovanni, Bruno (febbraio 2009). Dagli archivi ex
sovietici. L'Indice dei Libri del Mese.
Carioti, Antonio (12 febbraio 2009). San Pietroburgo
1905: la Rivoluzione abortita. Corriere della Sera: pag.
42.
Estratto da "http://it.wikipedia.org/wiki/Ettore_Cinnella"
Marx il “primitivo”: un fondamentale libro di Ettore
Cinnella
“A
grandi linee – scriveva Karl Marx nel 1859
-, i modi di produzione asiatico, antico,
feudale
e moderno possono essere designati come
epoche progressive della formazione
economica della società”. Secondo la
concezione della storia enunciata dal
filosofo di Treviri (1818-1883) nelle opere
della maturità, “Per la critica
dell’economia politica” (1859) e i
“Grundisse” (1857-1858), manoscritti rimasti
inediti per quasi un secolo, il modo di
produzione borghese era una tappa necessaria
del processo economico, la sola da cui
avrebbe potuto scaturire la
rivoluzione proletaria. Una concezione
deterministica (ed eurocentrica) che
tuttavia non fu del tardo Marc, come per
primi notarono in Italia Bruno Bongiovanni e
in Gran Bretagna Teodor Shanin e ora
Ettore Cinnella, uno
dei maggiori studiosi della cultura e della
storia russe nel saggio
“L’altro
Marx”, appena edito da
Della Porta (pagine 181, euro 15).
Scopo del libro di Cinnella è dimostrare,
attraverso una serie di carteggi con gli
amici e corrispondenti russi, come l’autore
del “Capitale” nell’ultimo decennio di vita
abbandonò il suo determinismo per arrivare a
una rivalutazione delle forme economiche
cosiddette primitive. Al centro della
questione ci sono il ruolo della comune
agricola russa (l’obscina) e i rapporti con
il movimento populista. L’autore racconta il
complesso rapporto di Marx (e Engels) con i
corrispondenti russi: da una iniziale
diffidenza se non una vera e propria
ostilità verso il mondo slavo, il filosofo
tedesco maturò prima un graduale interesse
all’approfondimento dello studio del modo di
produzione nell’impero zarista, al punto da
imparare in tarda età il russo, poi un
radicale cambiamento.
Cruciali in questa evoluzione intellettuale
sono tre nomi: Nikolaj Francevic Daniel’son,
“colto e serio economista, noto soprattutto
per la violenta polemica di Lenin contro di
lui”, che si sobbarcò il peso della
traduzione in russo del “Capitale” e fornì
al filosofo che abitava a Londra una serie
di testi sui quali egli avrebbe aggiornato
le sue teorie; lo studioso Maksim Maksimovic
Kovalevskij, autore del libro “La proprietà
comunitaria della terra: cause, svolgimento
e conseguenze della sua dissoluzione”,
uscito a Mosca nel 1979 e che fu alla base
della definitiva “conversione” di Marx;
infine, la rivoluzionaria Vera Zasulic,
responsabile di un attentato contro il
governatore di Pietroburgo. Fu questa audace
rivoluzionaria, uscita insperatamente
assolta dal processo, a scrivere a Marx il
16 febbraio 1881 un’angosciata lettera in
cui chiedeva al padre del comunismo lumi
sulla “comune rurale”: “delle due l’una, o
questa comune rurale, affrancata dalle
smodate esazioni del fisco, dai tributi ai
signori e dagli arbìtri dell’aministrazione,
è capace di svilupparsi in senso socialista,
vale a dire di organizzare gradualmente la
produzione e la distribuzione dei prodotti
su basi collettivistiche… o se è destinata a
perire, al socialista in quanto tale non
resta che abbandonarsi a calcoli più o meno
malcerti per appurare tra quante decine
d’anni la terra del contadino russo passerà
dalle sue mani in quelle della borghesia…”.
La risposta di Marx fu sorprendente:
“L’analisi data nel “Capitale” non offre
motivi né a favore né contro; ma lo studio
speciale che io vi ho dedicato, e i cui
materiali sono andato cercando nella fonti
originali, mi ha convinto che questa comune
è il fulcro della rigenerazione sociale in
Russia. Ma perché possa svolgere tale
funzione, bisognerebbe dapprima eliminare le
influenze deleterie che l’assalgono da ogni
parte e, poi, garantirle le condizioni
normali d’uno sviluppo spontaneo”.
A questo punto la vicenda della
corrispondenza tra l’anziano filosofo e la
rivoluzionaria russa storia si tinge di
giallo. La lettera di Marx fu ricopiata e
spedita a Georgij Valentinovic Plechanov,
che aveva preso le distanze dal movimento
rivoluzionario populista in nome del
marxismo. Ma il padre del marxismo russo
cominciò la sua carriera occultando la
lettera di Marx. Le prime notizie
dell’importante documento si ebbero a
partire dal 1911 quando alcuni abbozzi della
lettera a Vera Zasulic furono trovati tra le
carte lasciate dal filosofo tedesco al
genero Paul Lafargue.
Il cambio di prospettiva dell’ultimo Marx,
osserva Cinnella, non riguardano soltanto l’obscina,
ma tutto le comunità precapitalistiche. Il
filosofo aveva letto, grazie a Kovalevskij,
l’”Ancient Society” dell’antropologo Lewis
Henry Morgan e si era convinto che forme
vitali di economia erano state distrutte non
solo da fattori economici ma soprattutto da
brutali interventi politici.
A proposito delle comunità rurali russe,
commenta in conclusione Ettore Cinnella, “fu
lo Stato bolscevico – il quale diceva di
ispirarsi a Marx – a progettare e attuare
negli anni Trenta del Novecento, il furioso
assalto al mondo contadino, che provocò
un’ecatombe umana di proporzioni gigantesche
e distrusse le basi materiali dell’economia
sovietica”. Dino
Messina
(http://lanostrastoria.corriere.it/2014/08/02/marx-il-primitivo-un-grande-libro-di-ettore-cinnella/)
Il Prof. Ettore Cinnella
ha presentato nel Salone della Camera di Commercio di
Matera il suo ultimo libro
"Carmine Crocco - Un
brigante nella grande storia"
(Matera 15 Febbraio 2010)
(Video)