Si è
molto parlato in questi ultimi tempi dello storico castello di Miglionico,
imponente edifizio che ha resistito in gran parte alle ingiurie del tempo e
degli uomini e che domina ancor oggi con la sua mole ferrigna, dall'alto d'un
colle boscoso, un panorama incomparabile.
Sorge Miglionico in provincia di. Matera, nella nobile terra lucana, e il comune
vanta antichissime origini, tanto che i più fanno derivare il suo nome da quello
del famoso capitano e atleta Milone di Crotone, del secolo VI avanti Cristo,
allievo di Pitagora, sei volte vincitore nei giunchi olimpici, sette in quelli
pizi, nove in quelli di Nemea, dieci in quelli istmici, e che nella guerra
contro Sibari comandò l'esercito della propria città nativa, sconfiggendo gli
avversari nella battaglia di Crati (511). Al disotto dello stemma del comune,
che rappresenta un guerriero a cavallo, si trovano in quasi tutte le
riproduzioni sette "M" (un'altra "M" è impressa su una delle gambe del cavallo),
e di esse si dà la seguente interpretazione: "Milo, magnus miles, munivit
Milionicum magnis muris". Se Milone non fondò Miglionico, che a quanto
sembra preesisteva, a lui si devono certamente le prime costruzioni a difesa
della terra.
Il castello è situato a sud‑est del paese, e tutt'intorno a esso l'occhio del
visitatore spazia ammirato. Ecco lontano il Mare Jonio, ecco le spoglie
nudissime Murge, ecco vicina la pianura di Metaponto, ecco gli Appennini calabri
e lucani. Come un largo nastro iridato si distende la valle del Bràdano.
Nonostante i secoli, nonostante il disastroso terremoto del 1857, nonostante le
deturpazioni e le mutilazioni cui è stato sottoposto, il maniero appare saldo e
superbo. Le mura, con le loro sette torri, tre quadrate, tre doppie agli angoli
e una diroccata, sfidano ancora il tempo.
Il
castello fu costruito evidentemente in due epoche diverse, e il piano terreno
risale con certezza a oltre il 1000. Ottimo è lo stato di conservazione delle
diverse vaste, e bellissime sale; rovinato in parte, invece, è il salone
maggiore del primo piano, proprio quello passato alla storia col nome di "sala
del Malconsiglio".
Oltre che al suo pregio artistico, la fama del castello è dovuta infatti alla "congiura
dei baroni" (1485) contro
Ferdinando
I d'Aragona. I più potenti baroni del regno si erano segretamente collegati
contro il Re e contro il suo primogenito, per l'acuito contrasto fra potestà
regia e feudalismo.
Riunitisi a Melfi approfittando delle grandi feste indette in occasione di un
matrimonio, decisero, in seguito anche alle promesse di Papa Innocenzo VIII, che
intendeva dare l'investitura del Regno di Napoli a Renato d'Angiò, di prepararsi
alla prossima lotta. Ma Ferdinando I, avuto sentore della trama, agì
fulmineamente, impadronendosi della persona e dei beni del conte di Nola e di
altri feudatari. Il colpo fu tremendo; e i congiurati, i quali cominciavano a
dubitare
di Renato d'Angiò che non si moveva, porsero orecchio alle proposte di accordi,
reali o simulate, fatte dal Re. Girolamo Sanseverino, principe di Bisignano,
convocò gli altri feudatari nel suo castello di Miglionico, dove il Sovrano
inviò i suoi delegati. Si conclusero così alcuni patti, ai quali Ferdinando,
recatosi anch'egli in persona il 10 settembre 1485 nella terra di Miglionico,
diede la sua solenne approvazione. Ma si trattava in realtà di una finta pace, e
nessuna delle due parti era probabilmente in buona fede. I baroni tentarono di
propiziarsi il figlio secondogenito del Re offrendogli la corona; e, avutone un
rifiuto, lo tennero prigioniero. Si giunse poi all'aperta sedizione, finché
Ferdinando I mosse diretto contro le terre del Papa, la cui bandiera era stata
innalzata dai ribelli, e assediò la stessa Roma. Costretto alla pace, il
Pontefice raccomandò il perdono per i baroni e il Re consenti, ma invece di
mantenere la parola procedette alla soppressione violenta di tutti i congiurati.
La terra e il castello di Miglionico furono assaliti da un forte nucleo di fanti
e di cavalieri e invano lo stesso barone Sanseverino, principe di Bisignano,
signore del luogo, cercò scampo nella fuga, poiché nel luglio del 1487 cadde
prigioniero e, come gli altri feudatari, lasciò il capo sul patibolo.
In memoria dell'avvenimento svoltosi entro le mura del castello, fu dato appunto
il nome di "Salone del Malconsiglio" al grande salone del primo piano,
lungo ben ventisette metri, largo e alto nove, dove si erano riuniti i baroni e
dove era stata stipulata la fina pace.
Nello stesso salone, qualche tempo dopo, Ettore Fieramosca, copertosi di
gloria a Barletta (1487), veniva investito della contea di Miglionico.
Ad opera di alcuni benemeriti, fra i quali Nicola de Ruggieri, già
deputato al Parlamento, che sin dal 1915 agitò alla Camera la questione, è in
corso tutta un'appassionata campagna perché il castello di Miglionico sia
sottratto ai pericoli di nuove manomissioni e sia ripristinato nelle sue antiche
linee di bellezza, liberandolo da tutte le sovrastrutture che lo deturpano.
Molto si è parlato e molto si è scritto; più d'un illustre personaggio si è
recato appositamente a Miglionico per giudicare e per ammirare (comprendendo
anche nella propria ammirazione il celebre polittico di Cima da Conegliano
che è l'altro, grande vanto di Miglionico) più d'un progetto è stato redatto; ma
in verità l'edifizio, il quale è stato dichiarato giustamente monumento
nazionale, attende ancora che i restauri siano iniziati e che sia deciso, data
la vastità della mole, sull'opportunità del suo adattamento a istituto
scolastico o ad altra pubblica destinazione.
Solo di recente, per merito del Governo fascista, vi è stato un preciso
avviamento verso una rapida soluzione, coll'incarico dato al Genio Civile della
preparazione di un nuovo progetto. (A. d. A)
Ringrazio
per la collaborazione il nostro compaesano Giuseppe Comanda, residente ad
Anzio (Roma) |