Giuseppe
D'Alema, nacque
a Ravenna il 1° maggio 1917 e morì a Roma il 3 novembre
1994; si laureò in scienze sociali e politiche, fu dirigente e
parlamentare del PCI.
Suo padre, Nicola, un ispettore didattico,
[nacque a Miglionico
(Matera) il 6 Marzo 1861; si sposò una prima volta il 30
Novembre 1895 ed ebbe quattro figli; nel 1912 si risposò con
Anna Morelli dalla quale ebbe tre figli tra cui Giuseppe. Il
padre di Nicola si chiamava Antonio, possidente miglionichese,
nato nel 1829]
era un antifascista. Giuseppe ne seguì le orme e, nel
1939, aderì al Partito comunista clandestino. Organizzatore di
gruppi di opposizione al regime fascista negli Atenei di
Bologna e di Firenze, Giuseppe D'Alema divenne dirigente della
Federazione comunista di Ravenna. Dopo l'armistizio fu tra gli
antifascisti che, l'11 settembre, si riunirono a Cervia, con
Arrigo Boldrini, per dar vita alle prime formazioni partigiane
del Ravennate, che sarebbero poi diventate la 28ma Brigata
Garibaldi. Assunto il nome di battaglia di “Alberto”, D'Alema
contribuì alla nascita, a Conselice, del foglio partigiano Il
Garibaldino e, per quasi tutto il 1944 fu il principale
redattore de La Lotta, quindicinale delle federazioni
comuniste romagnole che fu diffuso, con molti rischi,
tra le popolazioni della zona.
Nel settembre del 1944, Giorgio Amendola e Ilio Barontini
mandarono “Alberto” a
Ferrara per ricostruirvi, in
rappresentanza del CUMER (Comando Unico Militare Emilia
Romagna), il CLN locale, che era stato decimato dai
nazifascisti. In stretto contatto con Boldrini (Bulow, D'Alema
riorganizzò la 35ma Brigata Garibaldi “Bruno Rizzieri”,
spostandosi tra Ferrara ed Argenta sempre braccato dai
fascisti, sino a che i dirigenti della Resistenza non ne
decisero il trasferimento in bassa Romagna, come responsabile
politico e ufficiale di collegamento del CUMER. Di quel
periodo una lettera di “Alberto” a “Bulow”, nella quale si
riferisce di come D'Alema, fermato dai fascisti, riuscì a
salvarsi scagliando contro i “neri” una bicicletta e fuggendo
a piedi per oltre un chilometro, tra il sibilo delle
pallottole. Sarebbe sicuramente stato raggiunto se non avesse
incontrato nella fuga un altro partigiano (Arnoldo Azzi), che
gli diede la sua bicicletta e che finì così per essere
catturato dai fascisti.
Dopo la Liberazione, per “Alberto” (e per la moglie, Fabiola
Modesti, e i figli Massimo e Marco) cominciò la vita dei
funzionari di partito. Dirigente del PCI in Veneto, in Emilia
e infine in Liguria, Giuseppe D'Alema fu eletto deputato, per
cinque legislature consecutive, nella circoscrizione di
Genova. Fu, di volta in volta, membro della Commissione
Bilancio, presidente della Commissione Finanze e Tesoro, vice
presidente del Gruppo parlamentare comunista.
(Dal sito
http://www.anpi.it/uomini/dalema_giuseppe.htm e da
informazioni assunte dall'ex
sindaco di Miglionico Maria Signorella)
Si
oppose fin da giovanissimo al regime fascista organizzando
manifestazioni contro i suoi esponenti locali; anche per
questo allo scoppio della seconda guerra mondiale fu
arruolato, nonostante la legge lo esentasse dal momento che un
suo fratello era morto nel primo conflitto mondiale. Dopo l'8
settembre si unì alla Resistenza, partecipando alla riunione
fondativa delle formazioni romagnole l'11 settembre 1943
all'Hotel Mare-Pineta di Milano Marittima, con Ennio
Cervellati, Riccardo Fedel, Arrigo Boldrini ed altri [1].
Combatté come commissario politico nelle brigate partigiane
dell'Emilia-Romagna, col nome di battaglia "Alberto"[2]. Su di
lui gli occupanti tedeschi posero una taglia di lire 100.000,
una somma enorme all'epoca. Entrato nel partito comunista
italiano dopo la fine della guerra, nel 1948 sposò Fabiola
Modesti, anche lei di famiglia antifascista, incontrata ad un
ricevimento presso l'ambasciata sovietica a Roma. Dalla loro
unione nacque nel 1949 Massimo D'Alema, dirigente del Partito
comunista italiano fino al suo scioglimento nel 1990 e
successivamente presidente del consiglio e ministro degli
esteri. Negli anni successivi Giuseppe D'Alema lavorò come
funzionario presso la direzione del Partito comunista in via
delle Botteghe oscure. Nel 1963 fu eletto deputato alla Camera
dei deputati e rieletto quattro volte fino al 1983 (VIII
legislatura).
Date personali e incarichi nella IV legislatura
Date personali e incarichi nella V legislatura
Date personali e incarichi nella VI legislatura
Date personali e incarichi nella VII legislatura
Date personali e incarichi nella VIII legislatura
(dal sito
http://it.wikipedia.org/wiki/Giuseppe_D'Alema)
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Massimo D'Alema, ex capo del governo italiano,
è di origine miglionichese? Suo nonno, infatti,
Nicola D'Alema, maestro elementare, prima e
direttore e ispettore didattico successivamente,
nacque a Miglionico il 6 marzo 1861 da dove fu
trasferito al Nord, a Ravenna, nel 1916. La casa dove
abitava si trova in Via Santa Maria delle Grazie al
numero civico 10, attualmente abitata dalla famiglia
di Sabino Canterino.
Nelle sue varie dichiarazioni, durante la visita a
Miglionico il 3 febbraio 1999, dove ha ricevuto la
cittadinanza onoraria, Massimo D'Alema ha affermato,
tra l'altro: "Con orgoglio mi chiamo D'Alema...Questa
di Miglionico è gente onesta, laboriosa e forte di
carattere: forse la durezza del mio carattere nasce
proprio qui...Le mie zie Angiola e Maria saranno
certamente contente di questo vostro gesto e ne
sarebbe stato contento mio padre che da piccoli spiegò
a me e a mio fratello quanto dovevamo sentirci
orgogliosi delle nostri radici...Mio padre Giuseppe è
nato lontano da qui [a Ravenna il 1° maggio 1917], ma
ci è sempre tornato e io mi sento legato a questa
storia...Credo alle radici, ai legami, alle storie
familiari; forse sono un conservatore, ma credo che
quando le radici sono ben piantate è più facile
affrontare le sfide...A Miglionico da ragazzo ci
venivo spesso; mio nonno mi portò, ancora adolescente,
nei Sassi di Matera per vedere la vera miseria".
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