Poche denunce, molte richieste d'aiuto:
secondo padre Basilio Gavazzeni, monfortano originario di
Verdello, parroco a Matera, da quindici anni in trincea,
l'usura è un male ancora lontano dalla sconfitta. Una piaga
vile, generata dalla «cultura del successo», che colpisce i
più fragili, incapaci di accettare d'essere esclusi dai
vantaggi della ricchezza. Padre Basilio ha toccato con mano
quanto può essere pesante la minaccia degli usurai: nel '94
per punire il suo impegno a difesa dei più deboli hanno fatto
saltare la porta della sua chiesa parrocchiale con un chilo di
tritolo. Ma lui non si è mai arreso, e oggi insiste: «Non
bisogna nascondersi nel silenzio». Il Papa ha invitato ieri
a non praticare l'usura, «piaga capace di strangolare la vita
di molte persone». «Il richiamo del Papa è controcorrente,
perché molti negli ultimi anni hanno abbassato la guardia di
fronte al tema dell'usura. È attuale, perché intercetta un
male sempre presente. Ora ci sono un'usura spicciola e una
macrousura che corrisponde al concetto di usurocrazia come la
intende Ezra Pound, e che si è espressa in grandi fallimenti e
nel giro vorticoso dei bond. Pensiamo a tutta la gente che ha
perso tutto ciò che aveva. A chi si rivolgerà per ottenere
denaro? Il popolo dei risparmi bruciati ingrossa le fila delle
nuove povertà. I rovesci economici avvicinano al bisogno
persone della classe media». A cosa è dovuto il calo di
attenzione degli ultimi anni? «Sono subentrati altri
problemi. E poi questa è una questione triste, un tema per cui
è facile che scatti da parte dell'opinione pubblica una colpevolizzazione. “Ben gli sta - dice la gente - se l'è
cercato”. Apparteniamo tutti a una società in cui la ricerca
del denaro è importante, e lodiamo tutti il successo, invece
chi cade nell'usura è in un circuito che richiama la
fragilità, la possibilità di perdere». Chi sono le vittime
dell'usura? «Sono spesso persone tra i trenta e i
quarantacinque anni: uomini che non hanno superato la “linea
d'ombra” dell'esistenza, cioè sono nelle pieno delle loro
facoltà di produrre, di lavorare, e sono ancora perseguitati
dal demone della realizzazione e dell'accumulo. Li consuma la
volontà di far prendere corpo ai propri progetti, e pretendono
sempre di più. Un calcolo mal fatto, un'emergenza improvvisa,
il rovesciamento di una situazione li mettono in difficoltà.
Se possono attingere denaro da un datore legale, le banche, va
bene, altrimenti rimangono poche possibilità. Credo che
nessuno oggi a parte i santi oppure gli sciocchi presti
denaro, perfino a familiari, senza pretese esose». E chi
sono gli usurai? «Persone di grande liquidità e poco
coraggio, certo di una bella insensibilità morale, che non
tengono conto delle conseguenze di ciò che fanno. Sono in
grado di esercitare pressioni con la vergogna, con minacce, o
con continue vessazioni, e stringono nel loro cerchio intere
famiglie. L'usuraio nell'immaginario collettivo appartiene a
un mondo minaccioso e misterioso mentre a volte è in realtà
molto facile da trovare: è il vicino di casa, il collega».
È la povertà che spinge a chiedere denaro? «In qualche
caso c'è la necessità e quindi una specie d'innocenza in chi
chiede denaro, ma non sempre. L'80 per cento delle persone
finite sotto usura che ho incontrato non erano moralmente
meritevoli. Questo non significa che non fossero legalmente
meritevoli d'aiuto: intorno a loro c'erano sempre famiglie e
figli innocenti. Però a volte mi trovo di fronte a fatti che
fanno riflettere: perché ostinarsi in un'avventura
imprenditoriale senza futuro? Perché vivere alla grande in
tempi di economia fragile, soggetta a mutamenti continui?
L'usuraio poi non ha presente il valore e il peso specifico
della persona umana. È uno dei comportamenti malavitosi più
vili». Quanti denunciano l'usura? «Negli ultimi anni c'è
stato un calo notevole. Un fatto grave. È importante invece
imparare a denunciare. Chi denuncia un usuraio non ne viene
mai colpito. Le leggi permettono di difendersi bene da queste
situazioni. Chi è sotto usura non deve chiudersi nel silenzio
e nell'isolamento, tentazione frequentissima. Il ricorso alle
fondazioni antiusura, che erogando prestiti esercitano
un'azione di prevenzione, è continuo. Le cifre richieste sono
più basse rispetto al passato: la stretta economica di queste
ultime stagioni in qualche modo ha dato un insegnamento,
ridimensionando desideri e ambizioni. Alle fondazioni,
cresciute di numero negli ultimi anni, si è affiancata anche
l'azione preventiva dei consorzi fidi, che utilizzano fondi di
provenienza statale, rivolti soprattutto agli imprenditori.
Noi soccorriamo le persone, a perseguire gli usurai devono
pensare le forze dell'ordine. Per combattere il fenomeno
comunque ci vuole soprattutto una cultura antidebito, anzi una
cultura responsabile del debito e del denaro». (Sabrina
Penteriani).
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