IL
TERRITORIO - Il territorio della Parrocchia, nel
passato, si presentava come una vasta distesa di
campi e di pascoli di proprietà di alcune famiglie
materane: Gattini, Zagarella, Corazza, Gambetta,
Rotunno e altre. Qua e là, sparsi nelle campagne, si
ergevano alcuni villini dove i ricchi
proprietari trascorrevano
le loro vacanze godendo della tranquillità della
zona. Oltre ai villini, denominati anche "casini",
di cui rimangono diffuse testimonianze, vi erano tre
o quattro "casolari" occupati dalle famiglie
contadine. Mancavano luce, acqua e le strade erano
impraticabili.
Il territorio di
Agna è costituito
anche da altri quartieri, come Cappuccini, La
Specchia, San Francesco, Agna Le Piane, nati nel
secondo dopoguerra e in periodi successivi
(Agna Le Piane è sorto solo da alcuni anni),
in una zona di aperta campagna che è sempre stata
considerata ideale per i convalescenti, perché si
respira "aria di mare" (il mare si intravede,
splendente, lontano, all'orizzonte, nelle belle
giornate di sole, dietro il colle di Montescaglioso,
insieme al profilo del Pollino, dell'Alpi, del
Raparo e di tanti altri monti).
In
queste località, perciò, si portavano anche i
bambini colpiti da pertosse per respirare sia "aria
di mare" che l'esalazione del letame di vacche,
all'interno delle buie e piccole stalle, in locali
senza finestre o in grotte che
erano
numerose nella zona.
Una volta l'anno, il giorno di Pasquetta, la strada
dei Cappuccini si riempiva di moltissimi materani:
il pranzo, nei casini o all'aperto, era costituito
da lasagne al forno, farcite di uova lesse,
scamorza, salame e polpette, tenute in caldo in
grandi contenitori con la carbonella accesa.
Ovunque si accendevano piccoli fuochi per gli
arrosti di capretto. Le numerose bancarelle
vendevano, tra l'altro, arachidi, castagne dei
preti, ceci, fave arrostite, ecc. che venivano
consumati con un gustoso vino novello.
Le
contrade Cappuccini e Agna, ben esposte a
mezzogiorno e protette dai venti di tramontana,
sono sempre state spezzettate in innumerevoli
appezzamenti di terreno con casette o grotte, in
mezzo a piccoli oliveti, frutteti e vignarelle (da
una ricerca svolta nella Scuola Media "A.Volta"
nell'a.s. 1990 -91)
[I
quartieri della parrocchia] sono nati tutti
nel secondo dopoguerra, in periodi successivi, in
una zona di aperta campagna che era considerata
molto salubre, perché si assicurava che vi
respirasse "aria di mare". Questo, infatti, si vede
splendere lontano, all'orizzonte, nelle belle
giornate di sole, dietro il colle di Montescaglioso,
insieme al profilo del Pollino, dell'Alpi, del
Raparo e di altri monti.
In questa località, perciò, si portavano i bambini
colpiti da pertosse per respirare sia "aria di mare"
all'esterno, sia l'esalazione delle orine di vacche,
all'interno delle buie e piccole stalle, in locali
senza finestre o in grotte che numerose erano nella
zona.
In questa parte alta dell'Agro materano non
stazionavano mai le nebbie e il clima umido che
copriva spesso i Sassi e le parti basse della città,
specie durante le giornate di scirocco. Per questo
motivo nella zona sorgevano, e sorgono, numerosi
casini di campagna, nei quali in agosto e settembre
si riversavano le famiglie materane a villeggiare,
poiché non esistevano le ferie, e i bagni di mare
erano sconosciuti.
Le contrade dei Cappuccini e di Agna, ben esposte a
mezzogiorno e protette dai venti di tramontana, non
comprese nelle proprietà recintate in cui sorgevano
casini più o meno grandi, erano spezzettate in
innumerevoli parti di terreno con casette o grotte,
in mezzo a piccoli oliveti, frutteti e vignarelle,
essendo lo strato di terra sulle rocce affioranti
molto sciolto e fresco e per nulla argilloso, adatto
quindi per gli alberi.
Una volta l'anno, il giorno di Pasquetta, la strada
dei Cappuccini si riempiva di una folla di Materani,
che vi si recavano per un pranzo nei casini della
zona o all'aperto con lasagne al forno, farcite di
uova lesse, scamorza, salame e polpette, tenute in
caldo in grandi contenitori con la carbonella
accesa. Ovunque si accendevano piccoli fuochi per
gli arrosti di capretto. Alle bancarelle si
compravano arachidi, castagne dei preti, ceci e fave
arrostite. E si beveva il vino ancora novello.
Domenico Riccardi
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Testo e foto dal volume: Il patrimonio
rurale materano - Storia Architetture Costume di
Mario Tommaselli - Collana Parcomurgia. Ed.
dell'Arco
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Casino
Giordano
Il
casino è ubicato in un'area prossima alla città su
di un riangolo di suolo perimetrato dal punto
d'innesto della vecchia "strada rotabile comunale
Matera-Montescaglioso", attuale S.S. 175, con la via
Appia (S.S. 7) e la "strada omunale dei Cappuccini".
Il casino si presenta con una forma architettonica
di estrema semplicità. Un cubo alleggerito, sulla
facciata principale, da due piccole rampe di scale
che consentono l'accesso all'unico piano rialzato
composto da cinque vani. Semplice luogo di
villeggiatura della famiglia Giordano, il casino ha
vissuto il suo periodo migliore nei primi decenni
del secolo scorso. Rimasto abbandonato per un lungo
periodo, è stato recentemente restaurato da un
discendente della stessa famiglia che ha iniziato
anche il recupero del giardino che un tempo donava
alla semplice costruzione un tocco di signorilità".
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Casino
Radogna
Il
casino sorge sul pianoro confinante con la "gravina
di Matera". L'allargamento della vecchia "strada
comunale dei Cappuccini" ha alterato il contesto
ambientale. Fortunatamente l'edificio è rimasto
intatto essendo sempre stato abitato. Interamente
modificata l'area del vecchio giardino che un tempo
si sviluppava sui tre lati della costruzione. Il
casino, sorto tra il 1888 e il 1889, si presenta con
uno schema architettonico semplice: un piano terra
con ambienti di servizio ed un primo piano destinato
a residenza del proprietario. Il fronte
dell'edificio, con affaccio sulla strada dei
Cappuccini, presenta il portone d'ingresso ed una
scalinata interna che conduce ai vani superiori. La
facciata è ar- ricchita da un balcone con ringhiera
in ferro battuto con a destra ed a sinistra due
balconcini "alla romana". L'edificio è coperto da un
tetto a quattro falde con il vertice coronato ed
arricchito da due anfore ceramicate. Questa
struttura rappresenta l'unico esempio di casino che
negli anni Trenta del secolo scorso, quando erano di
moda le case chiuse, subìva una variazione della sua
destinazione d'uso: da casa di villeggiatura a
"luogo di piace- re". Le persone anziane ricordano,
ancora oggi, la figura di Maria Donata, la maitresse
che curava l'esercizio di questa casa di tolleranza
e il ricambio settimanale delle giovani donne. Di
notevole valore storico la presenza, nella
proprietà, della chiesa in rupe della Madonna
dell'Abbondanza trasformata in stalla, dopo la sua
sconsacrazione da parte di monsignore Antinori nel
XVIII secolo.
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Villa
Zagarella
La
villa costruita agli albori del XX secolo dalla
famiglia Zagarella nella contrada Cappuccini-Agna,
uno dei migliori esempi riscontrabili nell'agro
materano. La costruzione, su pianta rettangolare, è
ubicata al centro di un grande parco dominato dagli
alberi d'ulivo. Alla villa, un tempo, si accedeva
dalla vecchia "strada comunale Matera Montescaglioso"
(attuale S.S.l75) attraverso un ampio viale alberato
che consentiva alle carrozze di giungere fin dentro
il vasto androne a due entrate che sottopassava
l'intero edificio. I due ingressi, posti ad est e ad
ovest, si presentano architettonicamente identici
inseriti in un ridotto avancorpo sul quale poggia
superiormente, una balconata alleggerita da quattro
finte colonne che accentuano lo stacco dalla linea
dell'edificio. La doppia entrata nell'androne
consentiva alle carrozze di accedere direttamente
nella grande corte interna ove erano sistemate le
stalle e la rimessa. Il proprietario, fedele alla
concezione di "non volere tra i piedi" le strutture
di servizio, le aveva allocate nella corte interna,
alle spalle della villa, in modo tale che non
interferissero con l'elemento residenziale. A tal
uopo era stato creato un secondo accesso alla villa
lungo il superiore tracciato viario, il tratturello
Matera-Montescaglioso, punto d'incontro
tra
le "strade vicinali della Specchia, dell'Agno e la
vicina le di Serra San- t'Angelo". Il lato sud-est
della costruzione è arricchito dalla presenza di
un'ampia terrazza che fuoriesce dallo schematico
edificio con un affaccio straordinario sull'esteso
parco. Dal vasto androne parte la scalinata che
conduce al piano superiore. Si tratta di un piano
nobile che comprende dieci ampi vani tra i quali un
grande salone con la volta affrescata. ella corte è
ubicata la cappella che presenta una articolata
facciata caratterizzata da due colonne, tre gradini
ed un ingresso ad arco acuto. La parte alta della
facciata si presenta arricchita da archetti pensili
posti in basso e ai lati di un rosone centrale. È la
cappella architettonicamente più rifinita tra quelle
presenti nelle strutture rurali del materano. La
villa, restaurata tempo addietro dal nuovo
proprietario, si presenta in ottime condizioni
consentendo alla città di serbare uno dei monumenti
che ne compongono la identità storica. Negli anni
Ottanta parte del parco, ricadente lungo la S.S.
175, antica strada rotabile Matera-Montescaglioso,
veniva espropriato per la costruzione della "Casa di
riposo per anziani", mai entrata in funzione.
L'attuale ed unico accesso alla villa è sulla via
Cappuccini.
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Villa
Giudicepietro
La
villa sorgeva, un tempo, nel cuore di un parco
condotto ad uliveto. Ad essa si accedeva dalla
vecchia strada comuunale Matera-Montescaglioso,
attuale S.S. 175 ed a monte, dalla via dei
Cappuccini. I due viali d'ingresso, posti ad ovest e
ad est della villa, erano no segnati dalla presenza
di pilastri in tufo lavorato terminanti con
decorativi pinnacoli. L'accesso principale alla
villa doveva essere, probabilmente quello che
s'innestava con l'attuale via dei Cappuccini nei
pressi della cappella di San Liborio demolita negli
anni Sessanta per fare luogo ad una costruzione di
civile abitazione . L'entrata era delimitata da
muretti a secco con spazi ove un tempo erano forse
allocate delle fioriere. Il viale terminava in uno
slargo semi circolare fronteggiante la linea
principale della villa. Il secondo viale, con
ingresso dalla strada comunale, dava accesso agli
ambienti di servizio tra i quali la stalla e la
rimessa. L'edificio si presentava con una pianta
rettangolare e il fronte principale si sviluppava su
di una lunga unica linea interrotta da un balcone
centrale e da due"balconcini alla romana". Il lato
sud della villa era articolato con una larga
balconata, poggiante su tre grandi arcate cieche,
che si sviluppava lungo tutto il lato sud. Ad ovest
una grande terrazza in sporto consentiva di volgere
lo sguardo su buona parte del parco e sulla
degradante piana bradanica chiusa, lungo la linea
d'orizzonte, dalle montagne del Pollino e del
Sirino-Papa. Il
portone d'ingresso alla villa era inserito in un
riquadro architettonicamente lavorato ed una breve
scalinata conduceva alla residenza padronale
composta da sei ampie stanze, cucina e due vani di
servizio. Al piano terra c'erano una sere di
ambienti con destinazioni varie. Il giardino che
circondava la villa era impreziosito da una colonna
in tufo simile ad un "monolite" artisticamente
lavorato con motivi ornamentali. Tale elemento
decorativo si ergeva in un ampio spazio aperto, al
centro del parco. Oggi della vecchia villa di
campagna restano pochi segni e la descrizione si
basa sui pochi elementi ancora presenti e sui
ricordi di coloro che hanno frequentato la villa
fino alla fine degli anni Quaranta. I parco ed il
giardino sono spariti per fare posto, in maniera
caotica, a costruzioni sorte con un disordine
edilizio che tra gli anni Cinquanta e Sessanta dava
vita ad un agglomerato urbano, indicato con il
titolo, poco lusinghiero, di "quartiere dei
cercatori d'oro". Un riferimento alla precarietà ed
improvvisazione dei villaggi che nascevano in
America durante la "corsa all'oro" nel XIX secolo.
Lo stesso edificio della villa veniva alterato, nei
primi anni Sessanta, con edifici costruiti in
aderenza allo stesso corpo centrale che a sua volta
veniva modificato in più parti alterandone
l'originaria linea architettonica. Unico elemento
che si erge solitario, a ricordo di un mondo
scomparso, resta la parte superiore del "monolite"
affogato in una bassa ed orribile costruzione.
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Casino
Gambetta
Lungo
la strada vicinale dell'Agno, sulla destra, sorge il
casino Gambetta. Un edificio semplice nelle sue
linee cotruttive con il prospetto principale
affacciato su qu 110 che un tempo era un parco
condotto ad uliveto ed ampie zone destinate alla
coltura degli ortaggi. Il resto del casino corre
lungo la linea della vecchia strada vicinale con la
presenza di un alto cancello schermato con lastre di
ferro e sostenuto da due squadrati pilastri in tufo
ulla cui corona emerge una piccola decorativa
piramide. Era que to l'unico punto d'acces o, un
tempo, alla proprietà recintata con un alto muro. La
costruzione, su pianta pseudo-rettangolare, è
composta da un piano terra con due ampi vani di
servizio ed un primo piano destinato ad abitazione
padronale. Esternamente il piano uperiore è
arricchito da un'unica balconata in muratura
corrente lungo i lati nord e ovest dell'edificio,
mentre il lato sud presenta due finestre con
davanzale a sbalzo. Il lato est, che segue la
"vicinale dell'Agno" si presenta priva di ogni
elemento decorativo e la sua nudità è interrotta
dalla presenza di un'unica finestra incorniciata da
un modesto rustico finestrino. La copertura,
contrariamente a quella presente nella magi dei
casini è terrazzata. Al primo piano si accede da un
portoncino che il uno dei vani posti a piano terra e
tramite un corto si raggiunge la scalinata che
termina su di un bal questo piano d'ingresso si
entra in due stanze posti stra ed altre due stanze
sulla sinistra. Quattro am formano con il vano
gabinetto la residenza padroronale.
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Gli archi
Percorrendo
l'asse viario di sinistra della vecchia strada
vicinale dell'Agno, s'incontrano due archi di
pregevole fattura. Il primo, di piccole dimensioni,
è posto sul pianoro sovrastante l'accesso alla
chiesa rupestre della Madonna della Rena, una cripta
a pianta irregolare, totalmente scavata nella roccia
con il fronte in conci di tufo a capanna. C'è anche
un'edicola, posta al centro del timpano, decorata a
conchiglia con all'interno una Madonna coronata con
il Bambino in braccio. Si tratta di una piccola
chiesa con un ampio spazio antistante alla quale si
accedeva da questo picolo arco che nella sua linea
architettonica, sviluppa una figura armonica. Ci
sono infatti due colonne, ornate sulla sommità da
una cornice, dalla quale partono due pinnacoli
finemente lavorati che, unitamente alla sottile
linea ad arco, si stagliano sull'orizzonte offrendo
uno spettacolo di armonica bellezza. Un tempo luogo
di festività religiosa, pur nel degrado nel quale
l'intera area versa, questo sito conserva tutti gli
elementi che ne renderanno possibile il recupero. Un
secondo arco, che potremmo definire monumentale
rispetto al primo, consente l'accesso ad una aperta
valletta che si apre lungo la strada vicinale e
raggiunge il ciglio della "gravina". Si tratta di un
arco costruttivamente notevole, sviluppantesi su due
pilastri laterali terminanti con una lunga cornice
formante una copertura a capanna nel cui centro si
delinea un simbolo araldico conventuale. Ai lati,
poggianti sulla cornice, due pinnacoli di pregevole
fattura, rappresentanti vasi flore ali,
impreziosiscono il monumento. Questi elementi
architettonici di notevole valore per la l'identità
storica del territorio meritano una attenta
salvaguardia da parte dell'Ente di gestione del
Parco della Murgia Materana nel cui territorio
protetto essi ricadono.
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Casino
don Gregorio Padula
In
un'ampia ed articolata valletta, perimetrata dal
braccio sinistro dell'antica "strada vicinale dell'Agna"
e dalla scoscesa "gravina" è ubicato il casino
Padula. Un monumentale portale dà accesso ad un
vialetto che, costeggiando la scarpata rocciosa
sottostante la strada vicinaIe, conduce all'interno
dell'ampia depressione che per la sua stessa
formazione geologica ha accumulato, nel corso dei
millenni, il limo prodotto dal dilavamento delle
acque provenienti dai piani superiori che ha reso il
fondo roccioso, fertile. Ciò ha favorito
l'insediamento poderale che ha fran- tumato
l'originaria unità della proprietà. Sulla destra del
vialetto, nella parete rocciosa, sono presenti una
serie di cavità rupestri con funzioni di strutture
di servizio. Esse si presentano internamente ben
modellate, corredate da un camino il cui comignolo
esce "fuori terra" munito di un decorativo
cappelletto a "cresta di gallo". Al termine delle
cavità rupestri c'è il casino. Questo si presenta
con i connotati costruttivi della casa-torre, un
modello particolarmente diffuso nell'agro murgico
pugliese tanto da consentire la sopravvivenza,
ancora oggi, del termine "turriere" proprio degli
abitanti di una torre (torre- casa colonica). La
casa-torre, addossata alla "scarpa rocciosa", si
presenta con una linea costruttiva semplice, con
elementi archi- tettonici funzionali e decorativi
solo nella parte superiore. Essa si sviluppa con un
piano terra nel quale sono presenti due ampi vani
indipendenti i cui ingressi sono inseriti in un
duplice arco. Una scala esterna, collocata sul lato
ovest della costruzione, dà accesso al primo piano
dove ci sono due ambienti che si affacciano, con una
piccola finestra ed una porta finestra inserite in
un decorativo riquadro, su di una balconata che
corre lungo tutta la parete della casa-torre esposta
a nord-ovest. Questa si presenta con un parapetto
formato da tre basi d'appoggio esterne in tufo
lavorato con un cappelletto di copertura
intervallato da cilindretti di ceramica verde.
Questi ultimi sono stati quasi tutti asportati. Un
terzo ambiente raggiungibile attraverso una scala
interna è ubicato nella parte superiore della
casa-torre, con affaccio a livello del braccio
sinistro della vecchia strada vicinale dell'Agna. La
parte terminale della casa-torre si presenta
terrazzata con fuoriuscente la garitta della scala
interna. ella parte superiore della "scarpa
rocciosa" che delimita il podere è presente una rete
di convogliamento dell'acqua piovana, realizzata con
condotte scavate nella roccia il che consentiva il
rifornimento idrico del sottostante pozzo e
contemporaneamente evitava la dispersione ed
infiltrazione senza controllo delle acque. Tale
sistema idrico elementare, che oggi non è più
sottoposto ad una regolare manutenzione, ha iniziato
quel processo erosivo della "scarpa rocciosa" che
metterà, in futuro, in serio pericolo la stabilità
della costruzione che ad esso si appoggia.
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Casino
Corazza
Lungo
il braccio destro dell'antica strada "vicinale dell'Agno,
ad un centinaio di metri dalla biforcazione con la
vicinale di Serra Sant'Angelo", sorge il casino
Corazza, un tempo immerso in un ampio parco condotto
ad uliveto. Dall'alto del pianoro, intorno ai 390
metri d'altezza, la bianca costruzione domina un
ampio tratto della scoscesa 'gravina" che si snoda
alle sue spalle e buona parte della strada murgica
di San Campo intersecata da due profondi valloni che
cingono il lato nord del pianoro di Tempa Rossa.
Sulla sinistra l'ampia depressione è impreziosita
dalla presenza della chiesa rupestre della Madonna
della Rena, un antico luogo di culto sede, nei tempi
andati, di 'sagre" religiose. Ai piedi, lungo il
lato sud-sud ovest la degradante contrada dell'Agna.
Il casino, già presente nelle carte topografiche
dell'I.G.M., tratte dai rilievi del 1872/74, è stato
più volte ristrutturato conservando, però, la
tipologia costruttiva originaria. Sulla strada
vicinale, un arco leggermente rientrante dà accesso
ad un lungo viale in salita, delimitato da due
muretti con conci di tufo squadrati, che immette in
uno spiazzo antistante la facciata principale del
casino. La costruzione si sviluppa su di una pianta
rettangolare con copertura del tetto a quattro
falde. Essa si compone di un piano terra con vani di
servizio ed un primo piano con ambienti destinati a
cucina, soggiorno, camere da letto.
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Casino
Rotunno
Il
casino è ubicato nel punto d'incrocio tra le
"vicinali dell'Agno" e la "vicinale Sant'Angelo". Si
tratta di una costruzione prettamente residenziale
che riassume tutti i connotati costruttivi ed
architettonici delle abitazioni "fuori porta" della
nuova classe borghese emergente dopo il 1860. Due
pilastri di tufo lavorato, terminanti con pinnacoli,
sostengono il cancello d'ingresso. Da questo punto
parte il muro di cinta con due snodi creati per
seguire la linea delle confinanti "vicinali". Sono
due punti rinforzati da una struttura, sempre in
tufo, arricchita da pinnacoli di piccola dimensione.
Un lungo viale di accesso conduce al casino. La
pergola risulta limitata da una fila di conci di
tufo squadrati. La linea di sinistra, nello spazio
intercorrente con il muro di cinta,
consentiva l'installazione di fioriere. Un alto
pergolato proteggeva il viale e sono visibili le
basi d'appoggio delle colonnine che sostenevano
l'impalcatura dello stesso. Il viale termina con un
ampio sedile in pietra a schienale alto che si
affaccia sullo slargo sul quale sono presenti
l'ingresso del casino ed i punti di partenza dei
vialetti seconda- ri del vasto giardino. Questo ha
al centro un'ampia rotonda chiusa da una serie di
sedili in pietra ombreggiati da alberi d'ulivo. La
costruzione si presenta con un solo piano, semplice
nelle sue linee architettoniche con una forma
geometrica leggermente movimentata attraverso
l'inserimento di una terrazza che s'incunea sul lato
sud dell'edificio. Questa è arricchita da una
balaustra a cilindretti ceramicati che arricchiscono
la linea semplice della costruzione.
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Casino
Battista-Cosola
Il
casino emerge da un ampio uliveto perimetrato con un
muretto di conci di tufo. Il colore tradizionale,
rosa acceso delole sue mura, ornate da liste di
colore crema che evidenziano i particolari
architettonici delle porte e delle finestre,
conferisce al casino una "nota di allegria" rispetto
al grigiare che domina le costruzioni della
contrada. L'ingresso si affaccia sulla "strada
vicinale dell'Agna" ed è evidenziato da due pilastri
ornati con il consueto pinnacolo a sfera. Il viale
d'accesso, delimitato da bassi muretti in conci di
tufo squadrati, è pavimentato con basole di calcare.
Lungo i lati sono disposte basse piante ornamentali.
La costruzione residenziale si sviluppa con un piano
terra ed un primo piano. Quest'ultimo è stato
aggiunto nel corso della
ristrutturazione dell'edificio negli anni Novanta.
Tale sopraelevazione risulta armonicamente innestata
su quegli "allacci" che emergevano dal piano terra
dell'edificio. L'aggiunta di una scala esterna,
dovuta alla necessità di usufruire in maniera
indipendente dal piano superiore, è stata effettuata
con appoggio sulla facciata laterale esposta a sud.
Tale sovrastruttura risulta armonizzata con gli
elementi architettonici già esistenti della
costruzione. Nelle carte catastali il casino è
identificato con il nome della famiglia Battista che
iniziò a costruirlo nei primi anni del secolo
scorso; su di una delle colonne d'ingresso compare
il nome dei Casola che ne furono i successivi
detentori. Attualmente appartiene a nuovi
proprietari che hanno restaurato l'immobile nel
corso degli anni Novanta del secolo scorso.
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Casino Di
Lena o dell'Angelo
Tra
la vecchia "strada vicinale dell'Agno" e la
"vicinale di Serra Sant'Angelo" è ubicato il casino
Di Lena. Al casino si accede dalla "vicinale dell'Agno"
attraverso un cancello posto tra due pilastri di
tufo lavorato con la parte superiore decorata con
elementi architettonici tradizionali. Superato il
cancello un semicerchio in terra battuta presenta
lateralmente delle panchine in pietra semicircolare.
Da questo slargo parte il viale d'accesso delimitato
da due muretti con conci di tufo squadrati che
conservano, intervallate, le basi che un tempo,
sostenevano una copertura a pergolato. Il viale
termina in un piazzaletto che fronteggia la facciata
principale del casino. Sulla destra, in una leggera
rientranza ombreggiata, si trovano due panchine ed
un tavolo in pietra.
L'edificio si sviluppa su pianta rettangolare con
ambienti a piano terra ed un primo piano destinato a
residenza padronale. Il fronte, semplice nella sua
linea architettonica, presenta al primo piano due
balconi con ringhiera di ferro ed una finestra
centrale. Al piano terra il portoncino d'ingresso è
fiancheggiato da due ambienti di servizio. Il retro
dell'edificio, esposto ad ovest, si presenta con una
lunga balconata che corre lungo tutta la facciata.
Questa poggia su di un profondo arco cieco nel cui
interno si aprono due ambienti di servizio. La
ringhiera del balcone, come spesso si riscontra in
molte strutture rurali e cittadine, risulta formata
da cilindretti ceramicati di colore diverso. Il
casino e l'ampio uliveto che lo circondava, fu
venduto dai Di Lena nel 1921 alla famiglia Scalcione.
Precedentemente l'ultima discendente dei Di Lena,
che risiedeva in Bari,aveva affittato la proprietà
all'amministrazione del clero che aveva adibito il
casino e l'ampio giardino a casa di riposo per i
sacerdoti. Attualmente lo spezzettamento della
proprietà tra i numerosi eredi ha provocato una
veloce decadenza dell'immobile, del circostante
giardino e del viale d'ingresso.
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Casino
Serra Sant'Angelo
Lungo
la strada vicinale di Serra Sant'Angelo, preceduto
da un piccolo spiazzo, che domina la sottostante
piana, un tempo ricoperta da un ampio uliveto, sorge
il casino omo- nimo. Un cancello in ferro battuto è
inserito in un arco racchiuso tra due pilastri che
sorreggono la trabeazione arric- chita, ai lati, da
due pinnacoli. Al centro della cancellata, nella
parte alta, inscritta in un cerchio, la lettera F,
iniziale del cognome della famiglia che ha fatto
costruire il casino. Dal cancello inizia un breve
vialetto, tipo pergola che attraversando il giardino
conduce alla costruzione ubicata sulla sinistra.
L'edificio, a pianta rettangolare, semplice nelle
sue linee architettoniche, si è sviluppato su due
piani sfruttando l'andamento a scarpa del terreno.
Il piano terra è posto sul li- vello inferiore della
strada, mentre il primo piano si trova al livello
della strada vicinale. La copertura del casino è
divisa in tre comparti formati da tetti a quattro
spicchi uniti da un cordolo superiore. Un
camminamento segue il perimetro inferiore della co-
pertura ed è utilizzato sia per il convogliamento
dell'acqua piovana sia per la manutenzione dei
tetti. Ai tetti si accede tramite una scala interna
che termina, nella parte alta, con un gabbiotto che
fuoriesce dalla linea dell'edificio. Il prospetto
principale del casino, orientato a sud, si affaccia
sul giardino e si articola a piano terra con due
porte finestre, mentre al primo piano c'è una
balconata centrale, munita di una ringhiera in ferro
battuto, inserita in un'ampia cavità lenticolare.
Due finestre, una per lato, fiancheg- giano la
balconata. Altre due finestre si aprono sul lato est
dell'edificio ed una sul lato ovest. Tutte le
finestre sono inserite entro cornici lavorate. Solo
il lato nord del casino, che costeggia la strada
vicinale, è privo di qualunque apertura.
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Casino
Torre
Il
casino rurale, conosciuto con il toponimo di "torre"
per la presenza di un'alta colombaia posta in
aderenza alla costruzione residenziale, è posto tra
la strada "vicinale dell'Agna" che corre sull'alto
crinale alle sue spalle e la strada "vicinale di
Serra Sant'Angelo" che si snoda sul suo fronte. La
depressione, tra le due strade vicinali, un tempo
era sede di cave di tufo che successivamente furono
abbandonate perchè esaurite o per la scarsa qualità
del materiale estratto. Come per la maggiore parte
di quest'area l'ulivo regna sovrano ed anche in
questa depressione restano in vita estesi
appezzamenti di questa nobile pianta. L'edificio, su
pianta quadrata, si sviluppa con un piano terra
adibito a strutture di servizio e due piani
abitativi. La copertura è terrazzata e le scale di
accesso ai piani superiori sono sistemate nella
vicina torre posta in aderenza, alla quale si accede
con una breve scalinata esterna. Sul prospetto
frontale due balconi, uno per ogni piano,
movimentano la facciata.
All'origine il casino si presentava con un solo
piano ed un'ampia soffitta chiusa con tre mura
perimetrali idonee, ad innalzare un secondo piano
che fu eseguito in un periodo successivo. La torre
quadrangolare termina con una stretta corona ed una
cuspide articolata a colombaia. Sui tre lati si
aprono piccole finestrelle per arieggiare i vani
interni e con la funzione accessoria di modeste
feritoie. Attualmente il casino risulta abbandonato.
Nella vasta gamma di architetture residenziali
rurali, poste nell'ambito dell'agro materano, pur
nell'estrema sempli- cità delle sue linee
costruttive, il casino "torre" rappresenta un
modello unico nel suo genere.
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Casino
Padula
Il
casino Padula può essere considerato l'ultima
costruzione rurale, di natura prevalentemente
residenziale, nell'area Agna-Le Piane. La
costruzione è datata 1930 ed è ubicata tra le
vecchie strade vicinali di La Specchia-Le Piane e
Serra Sant'Angelo. Questo territorio si è sviluppato
nel corso della seconda metà del XIX e nei primi
anni del nuovo secolo con una fitta serie di
appoderamenti e la presenza ben visibile dei casini
di campagna. Un processo determinato dalla fertilità
del suolo, dalla presenza di numerosi pozzi e da una
condizione climatica favorevole. La
costruzione, un tempo immersa in un ampio parco
condotto ad uliveto, si presenta con una planimetria
articolata su due linee costruttive. Una forma, nel
suo assieme, ampia e compatta non priva di una sua
armonia architettonica, con un piano terra adibito a
servizi ed un primo piano residenziale.
All'appartamento padronale si accede, lungo il lato
nord-ovest dell'edificio tramite una scala esterna
terminante in un ampio ballatoio-terrazzo sul quale
si affacciano quattro vani. Un vano con balcone si
presenta lungo il lato corto dell'edificio esposto
ad ovest ed altri tre ambienti, rivolti a sud-est,
hanno il vano centrale con affaccio su di un balcone
e quelli laterali con il classico "balcon- cino alla
romana". Lungo il lato est si sviluppano una serie e
a servizio agricolo, elementi questi che confermano
la doppia valenza di utilizzo economico e
residenziale della proprietà. Il casino, costruito
dalla famiglia Padula negli anni Trenta, con lo
sviluppo urbanistico indirizzato verso la contra- da
Agna Le Piane, nel corso degli anni Novanta, perdeva
la sua originaria funzione. Espropriato il grande
parco, i Padula vendevano l'immobile al Comune per
un suo riutilizza come centro sociale e culturale
nell'ambito del nuovo none.
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Casino
Alvino
Il
casino Alvino è ubicato sulla linea estrema della
contrada Agna - Ofra, quasi a ridosso della
"gravina" dalla quale dista poche decine di metri.
Gli Alvino appartenevano a quel ceto borghese che
contribuì alla modernizzazione dell'economia
materana tra il XIX e i primi anni del XX secolo.
Essi provenivano da Napoli ed appartenevano ad una
famiglia di origine ebraica di argentieri, orefici e
mercanti che avevano acquisito, per le notevoli
capacità mercantili, ricchezza e notorietà. Sul
finire del XVIII secolo un ramo della famiglia si
trasferiva a Matera e con innata attitudine
imprenditoriale diede vita ad una serie di attività
nei campi più disparati dall'agricolo,
all'industriale, al terziario. Gli Alvino
s'imparentarono con le migliori famiglie ma- te rane
pur continuando a mantenere stretti rapporti con il
ramo napoletano della famiglia. Ma la figura che
emerge e che ha lasciato una traccia notevole nello
sviluppo economico della città fu Vincenzo Alvino
nato nel 1824. Uomo di punta della famiglia
trasformò l'impostazione economica fino allora
seguita con la costituzione di una società che portò
all'edificazione di un mulino pastificio sulla
strada vicinale di San Vito in grado di utilizzare
il grano duro prodotto nell'agro collinare materano.
Uno stabilimento moderno, il cui progetto fu redatto
dall'architetto Leonardo Ridola, fratello del medico
archeologo Domenico. All'alba di un giorno intorno
alla metà di luglio del 1884, come narra Mauro
Padula in una sua pubblicazione, Matera fu svegliata
dal suono di una potente sirena che annunziava
l'inaugurazione e la messa in mar- cia
dell'opificio. Ma questa fu solo una delle tante
iniziative imprenditoriali dell'Alvino, alla quale
si accompagnò l'istituzione della Banca Mutua
Popolare della quale, nel 1881, divenne il primo
Presidente. Nel corso della seconda metà del XIX
secolo gli Alvino accrebbero il loro patrimonio
immobiliare con l'acquisto di diverse proprietà
agricole come i seminativi nella contrada" Spalla di
Sant'Eligio", una vastissima tenuta nell'area
murgica in contrada "Tirlecchia", un territorio che
si sviluppa tra le contrade "Trasanello", "Trasano
Conca d'Aglio", il "Serrone del Franzese" ed il
"Piano delle Matine" lungo il territorio di Laterza.
Un'area, questa, destinata prevalentemente al
pascolo che ha conservato gli originari toponimi di
"Murgia e Serrone di Alvino" anche dopo l'estinzione
della famiglia. Altre proprietà fondiarie erano
localizzate nelle contrade "La Specchia", "San
Martino", "Viglione" e "Ofra". Tale estesa proprietà
consentiva agli Alvino di abbandonare del tutto
l'attività artigianale e trasformarsi in
imprenditori agricoli ed industriali. Agli albori
del Novecento, morto Vincenzo Alvino, gli eredi, a
partire dal 1905, iniziarono a vendere le proprietà
che in tempi brevi passarono in mani diverse. Il
casino, con l'annesso parco, era la più piccola
delle vaste proprietà degli Alvino e lo si raggiunge
partendo dal braccio destro della vecchia "vicinale
dell'Agno" dalla quale si diparte la "strada
vicinale dell'Alvino" che è in grado di condurre,
dopo circa quattrocento metri di percorso,
all'edificio residenziale rurale. Il casino poggia
sul ciglio più alto della contrada murgica e
rappresenta, virtualmente, la linea di confine dello
sviluppo residenziale rurale di quella vasta area
comprendente le contrade Ofra-Le Piane. Tale
territorio di natura murgica era economicamente
destinato, nei tempi andati, al pascolo e
successivamente a coltivazioni arboree come l'ulivo,
il mandorlo e la vite. La presenza del grande jazzo
rupestre, dell'antica chiesa rupestre San Nicola
all'Ofra, del villaggio in rupe, di un grande jazzo
edificato, di pozzi e cisterne per la raccolta
dell'acqua piovana identifica il processo econo-
mico sviluppatosi nel corso dei secoli in questo
territorio. Il casino si articola con un piano terra
destinato ad ambienti di servizio ed un primo piano
a residenza padronale. Esso si presenta come un
monoblocco cubico alleggerito, nel piano superiore,
lungo la facciata principale rivolta a sud ovest, da
due ampie arcate cieche al cui interno si sviluppano
due balconate con il parapetto formato da cilin-
dretti in cotto ceramicati variamente colorati. Una
terza arcata cieca nell'ambito della quale è
inserita una terrazza, alleggerisce il fronte est
dell'edificio. Sul medesimo lato, re- cintato con un
alto muro in conci di tufo squadrati, si estende il
parco giardino che conserva solo in parte la sua
antica impostazione.
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Casino
Casalini
Il
casino, prima della totale trasformazione delle
contrade Agna - Le Piane, iniziata nel corso degli
anni Settanta del secolo corso, era ubicato in un
grande parco condotto ad oliveto po to tra l'antico
tratturello Matera Montescaglioso e la trada
rotabile comunale, attuale S.S. 175. Il casino pre
enta i emplici connotati costruttivi degli edifici
rurali a destinazione residenziale edificati tra
l'ultimo scorcio del XIX ed i primi anni del XX
secolo. La costruzione si sviluppa su una pianta
rettangolare ed è composta da un piano terra con due
ampi locali di servizio e portoncino d'ingresso ed
un piano superiore con cinque vani abitativi. Nella
parete ud-est del primo piano si aprono: un
balconcino alla romana, posizionato centrai mente
sul sottostante portoncino d'ingresso, e due
finestre laterali. Queste sono state private delle
persiane, sostituite con tapparelle di plastica, e
delle modanature esterne che erano l'unico elemento
architettonicamente decorativo che arricchiva la
semplice nudità della facciata. e restano tracce
appena visibili. n econdo balconcino alla romana lo
troviamo sulla parete volta a nord-est e sembra sia
stato ricavato nel corso dei lavori che hanno
modificato la disposizione interna
dell'appartamento. La facciata esposta a nord-ove t
è priva di qualsia i apertura. el corso dell'ultima
ristrutturazione su questa parete è stato poggiato
un avancorpo adibito a nuovo ingre so per il piano
superiore. Una operazione probabilmente determinata
dalla divisione dell'immobile tra proprietari diver
i. La parete esposta a sud-ove t presenta una
balconata, poggiata su di un ampio arco cieco, con
un affaccio sulla vallata bradanica. Essa presenta
una balaustra in ferro con pannelli a rete che danno
una nota di discutibile "modernità" al manufatto che
probabilmente aveva, all'origine, una balaustra di
tipo tradizionale. La costruzione termina con tetto
inclinato ad unico spiovente con la parte alta che
crea un sottotetto, una camera d'aria, non
praticabile. Appartenuto alla famiglia Casalini,
attualmente il casino si trova inglobato tra le
ultime case del quartiere rurale di Agna e le nuove
cooperative edilizie nella confinante contrada delle
Piane.
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Casino
"delle Piane"
In
un'area movimentata da leggere differenze alti
metriche condotta ad uliveto, sorge il casino "delle
Piane". Un toponimo che fa riferimento alla sua
localizzazione nei pressi del punto terminale della
"vicinale della Specchia" e dell'inizio della
"vicinale delle Piane". L'intera area ha subito una
profonda trasformazione, rendendo non semplice la
lettura del vecchio assetto territoriale un tempo
solcato da una rete di strade vicinali, dalle quali
partivano le piccole carrarecce che collegavano i
singoli poderi. Il casino si erge sulla spalla
piombante di una vecchia cava parzialmente interrata
e posta tra l'attuale via Agna e la via Columella,
una strada, quest'ultima, che con il suo mdamento
altimetrico leggermente più alto, infossa l'ingresso
del casino. La costruzione, di modeste dimensioni si
sviluppa su una pianta rettangolare con un unico
piano terra. L'entrata si presenta con un cancello
posto tra due pilastri sovrastati ia pinnacoli
lavorati. Un corto vialetto immette sul piano 1i
un'ampia cisterna che forma una tipica terrazza
dalla quale si accede, tramite una porta finestra,
all'interno della costruzione. Questa risulta
composta da due ampi vani residenziali con affaccio
sulla parete ovest e tre piccoli vani di servizio
con il prospetto lungo le pareti volte a sud e ad
est. Sul retro un piccolo cortiletto, sottostante
l'edificio, consente, attraverso una scala, tagliata
nella parete rocciosa, di scendere in quell'area un
tempo orto e giardino del casino. La linea superiore
della costruzione si presenta terrazzata, ma non
praticabile anche se accessibile attraverso una
scala interna che termina con un gabbiotto che
sovrasta la linea della copertura. L'originalità del
casino è determinata più che dalla costruzione in sè
molto modesta, dalla sua collocazione sulla pare- te
alta della vecchia cava, dalla grande cisterna che
assume la funzione di una vasta terrazza e da un
ponte che, scavalcando la cava stessa, consentiva,
un tempo, il collegamento del podere e del casino
con la "vicinale delle Piane". Attualmente il casino
risulta inglobato tra il quartiere rurale di Agna e
quello residenziale delle Piane.
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GROTTA DEI PIPISTRELLI
- La
zona in cui è situata la Parrocchia è costellata di
grotte, rifugio per uomini e animali, fin dalle più
remote età. perchè si trovano in zone aspre e
impervie che consentono la difesa e la fuga (nel
passato una folta vegetazione ne mascherava
l'entrata). LA gente del luogo in questo modo era al
riparo dalle belve e dani nemici il cui arrivo si
avvertiva per via del rumore prodotto sulla roccia
che 2sotto il piè del viator risuona".
Fra tutte le grotte della zona, la Grotta dei
Pipistrelli è la più importante, soprattutto dal
punto di vista archeologico. Si trova a pochi
chilometri dal centro del rione Agna e si raggiunge
seguendo il corso della gravina verso Sud-Est
(prende il nome dai pipistrelli che vi si stanziano
numerosi).
Domenico Ridola dice che l'aspetto primitivo della
grotta si è modificato nel tempo: infatti prima vi
si accedeva in piano, ora si scende perchè il
terriccio nerastro che si era ammassato nei secoli,
costituito dallo sterco dei pipistrelli e delle
greggi, ricco di sostanza azotate, fu utilizzato
come concime dai contadini che per circa un secolo
continuarono ad asportarlo. Si racconta che nel
mezzo della grotta c'era una chiesetta cristiana
distrutta da un re, dopo che aveva sepolta sua
figlia insieme ad un ricco tesoro che nessuno mai è
riuscito a ritrovare. La grotta fu abitata a partire
dal paleolitico fino al fiorire dell'età dei
metalli. Numerosi sono, infatti i reperti, oggi
conservati nel Museo Nazionale "Domenico Ridola"
di Matera, rinvenimenti che testimoniano il
susseguirsi di numerosa gente nella grotta. Sono
state ritrovate ossa infrante, avanzi di pasti,
arnesi di pietra e di ossa molto vari per tecnica e
tipo, e frammenti numerosi di vasi diversi per forme
e dimensioni. Il fatto che questo luogo sia stato
adibito a dimora è testimoniato dalla presenza di
più focolari posti vicino l'apertura della grotta.
Inizio pagina
MASSERIA NUOVA, EX
GRANCIA DI SAN FRANCESCO - Le masserie
sono quelle strutture residenziali-produttive rurali
il cui
nome deriva dal latino "massae", cioè
blocco, insieme di immobili rurali che costituiscono
un'azienda rurale. La masserie sono composte da un
insieme di corpi uniti fra loro, con funzioni
diverse, circondati da ampi cortili dove si svolgeva
la coltivazione dei campi e l'allevamento del
bestiame.
Matera offre alcuni esempi di masserie, tra queste
una nel rione Agna, precisamente lungo la S.S. 175
Matera-Montescaglioso. Questa masseria è chiamata "Masseria
nuova, ex grancia di S. Francesco" il cui
attuale proprietario è la famiglia
Gattini.
Denominazione: Masseria Nuova ex grancia di San
Francesco
Localizzazione: Contrada San Francesco, comune di Matera.
Dati
catastali: Matera foglio 113 particella 16 Dati topografici: I.G.M. foglio 201 IV NE Matera
Attuale proprietario: famiglia Gattini
Tipologia. La costruzione rurale si erge in
posizione preminente costituita da un corpo centrale, un'antica torre quadrata,
dalla quale si dipartono due bracci, uno verso sud, l'altro verso ovest. La
masseria è recintata con un alto muro che oltre a contribuire alla difesa
passiva, delimita grandi spazi destinati, uno alla custodia degli animali, un
altro per il pascolo degli agnelli e un terzo per orto. L'ingresso attuale è a
sud; sulla stessa recinzione esiste il vecchio ingresso murato, sul cui arco a
tutto sesto è inserito lo stemma francescano, rnentre a monte si intravedono i
resti di un campaniletto a vela. La costruzione è articolata in più corpi di
diversa datazione; se ne possono individuare principalmente tre. La torre è il
nucleo più antico e vistoso, probabilmente risalente al XIV secolo. Nata come
torre di guardia, permette di spaziare lo sguardo su tutta l'ampia valle del
Bradano. Alquanto tozza, è costruita in conci
di tufo e poggia su roccia. Per le
trasformazioni subite non è più individuabile l'ingresso originario. La torre,
divisa in parte superiore ed inferiore da un marcapiano, è a tre ordini: il
primo a livello dell'atrio, il secondo a livello dell'attuale cappella,
destinato a soggiorno, il terzo composto di due vani, muniti di camino, adibito
a camere da letto. Il coronamento si limita ad una semplice cornice su tre lati,
essendone privo quello settentrionale distrutto nel momento in cui furono
costruite le colombaie. Sotto il coronamento si aprono feritoie lineari. Quattro
caditoie, una per lato, decorate sul fronte dallo stemma francescano in rilievo,
sono poste in corrispondenza delle sottostanti finestre; due doccioni in
terracotta si aggettano sul nato nord. Il primo corpo aggiunto, di fattura
cinquecentesca, è sul lato ovest, ampliato e modificato nel tardo settecento con
ingresso dal cortile. In questa struttura è ubicata la cucina. Sul Iato sud si
sviluppa il corpo aggiunto nel XVIII secolo. Dopo un vano di servizio, la
cappella con volta a crociera. Si legge la data di costruzione 1798. Alcune
delle grotte poste nella corte furono utilizzate, all'origine, una per cappella,
una per forno, una per frantoio, una per cantina e, la più vasta, con camino
centralizzato con cappa, per ricovero dei salariati. Poco discosta una «pecchiara»
ha i segni dei numerosi stalli tagliati nella roccia per la distribuzione delle
arnie. All'ingresso della grancia, su piedistallo, si erge la statua di S.
Francesco in pietra. L'azienda, fino alla soppressione dell'ordine dei
francescani, veniva direttamente amministrata dai frati.
Notizie storiche. La vita dei francescani
al primo insediamento in Matera fu alquanto difficile: i pochi frati vissero di
elemosine ed abitarono grotte presso la chiesa di San Pietro e Paolo. La
tradizione vuole che la prima donazione in favore dei frati sia stata quella
della miracolata di Pomarico. Con il passare degli anni i beni conventuali
aumentarono grazie a continue donazioni ed elargizioni tra le quali quella
consistente del barone Roverelli che lasciò il vasto territorio di Timrnari.
Il 23 settembre 1682 per mano del notar Tormnaso Tararufolo i frati acquistarono
nella contrada di Chiancalata «seu Vazzola» del reverendo D. Giuseppe Dragone un
"parco" con le seguenti caratteristiche: «ha moti locori" (grotte), vicchiare, pozzi, e
ricetti pecorini, cortili e camere sopra a modo di torre, sottani a uso di
grottini, stalle, focagna, cortile serrato, palombari, puzzetto con albero di
granate, ciliegi e fiche ed anche vi è dentro un cellaretto... Il parco è pieno
di olive, olivastri... vi è una grancia con ogni comodo, dove li padri in
qualche tempo ponno andare a diporto per ricreazione, come si suole a' i servi
di San Francesco".
Il convento fu in continua ascesa sino agli inizi del XIX secolo; con le leggi
napoleoniche fu soppresso nell'anno 1806, per cui i beni passarono parte al
Comune e parte al Demanio dello Stato.
Con
verbale di aggiudicazione del 16 Gennaio 1881 il
"parco" fu assegnato al sig. Andrea
Giudicepietro fu Benedetto che il 3 Giugno 1885
acquistò il complesso comprendente: oliveto,
frantoio, e camere per L. 19.287,43. Lo stesso
Giudicepietro il 9 Luglio 1884 acquistava dal Comune
di Matera l'altra parte dell'uliveto per L.
20.091,67. La masseria per successione passava alla
minore Maria Nicoletta Vizziello, figlia della
defunta Maria Raffaella Giudicepietro, e quindi agli
attuali proprietari (Gattini).
Dal
testo Masserie fortificate del Materano. A cura
di Mario Tommaselli - Ed. Cassa di Risparmio di
Calabria e Lucania
CRISTO LA SELVA
- La chiesa rupestre dedicata a Cristo Crocifisso,
in contrada La Selva (per questo comunemente detta
Cristo la Selva), è
caratterizzata
dalla presenza di una facciata in muratura,
affiancata da due loggiati identici e simmetrici sui
due lati. La facciata, addossata all'originaria
parete di roccia, è di stile romanico e termina con
un frontone triangolare, con al centro un rosone a
quadrifoglio. Isolato dalla chiesa, in posizione
dominante sulla sinistra, si eleva un piccolo
campanile.
La cripta non è mai stata abbandonata, e questo ha
comportato varie trasformazioni e adattamenti nel
corso dei secoli, che ne hanno in parte alterato
l'originaria struttura.
La chiesa si compone di una sola navata con
soffitto piatto. L'interno è privo di elementi
architettonici rilevanti, ad eccezione dei due
confessionali interamente scavati nella roccia,
posti quasi al centro delle due pareti laterali e
composti da tre nicchie comunicanti.
Subito a sinistra dell'entrata alla cripta, una
porticina immette nella sagrestia, piccolo vano di
forma quadrangolare e con volta a botte; sullo
stesso lato si trova un semplice altare ricavato
nella roccia; a seguire esisteva un'apertura che
permetteva il passaggio diretto dalla cripta al
cenobio. Sulla destra dell'entrata si trova invece
una spoglia cappella. Sulla parete dell'altare
maggiore tre affreschi riproducono scene sacre. L'affresco
più interessante si trova però sulla parete interna
della facciata, raffigurante una Madonna con
Bambino, risalente al XII - XIII secolo.
Sulla destra della cripta, alcuni gradini conducono
ad una loggia esterna caratterizzata da due
archi a tutto sesto. Oltre la loggia si trova un
grande ambiente, che, tranne alcune nicchiette, non
presenta caratteri peculiari significativi.
Sulla sinistra della cripta si aprono invece una
serie di cavità che costituiscono un vero
cenobio, costituito da sei vani di forma e
dimensione diversa, posti a livelli differenti l'uno
dall'altro. Tali ambienti in origine erano
direttamente connessi con la chiesa ipogea.
All'interno del primo vano, un camino di fattura
relativamente recente testimonia la presenza di
pastori che hanno trasformato l'originario cenobio
in luogo di riposo e di ricovero. Sulla parete di
fondo è interessante notare un grande giacitoio
incavato e un fornello scavato all'interno di una
grande nicchia. Una delle celle successive è
delimitata verso l'esterno da una parete in blocchi
di tufo e, ancora più esternamente, da una loggia a
due archi, identica a quella presente sull'altro
lato della chiesa.
IL VILLAGGIO SARACENO
- Il Villaggio Saraceno, in contrada Vitisciulo, con
le sue 70 grotte costituisce uno dei migliori
esempi di "Casale", villaggi
rupestri
sedi di comunità laiche, abitati soprattutto nel
periodo medievale.
Il nome, tramandato oralmente da pastori e
contadini locali, può essere interpretato in più
maniere: una prima interpretazione vuole che il
casale sia stato
scavato, fortificato e abitato da pirati saraceni,
che avevano adottato questo luogo quale centro per
le scorrerie nelle aree limitrofe; una seconda vuole
che sia stato scavato e abitato dagli abitanti di
Montescaglioso e delle contrade vicine che volevano
sfuggire alle scorrerie dei pirati saraceni, che
provenienti dallo Ionio, risalivano il Bradano, a
quei tempi per un lungo tratto navigabile, per
predare i paesi dell'interno; una terza
interpretazione, sicuramente la più attendibile,
spiega il nome del villaggio con l'appartenenza di
tutta quest'area alla nobile famiglia Saraceno.
Il vasto villaggio rupestre occupa una
posizione assolutamente strategica: è infatti
completamente incassato tra due spalti di roccia, in
una valletta laterale del torrente Gravina, che lo
nascondono allo sguardo fino a quando non vi si è
giunti sopra, mentre lo sguardo degli abitanti del
villaggio può spaziare in tutte le direzione per
molte chilometri.
La maggior parte delle grotte è esposta a sud - est
per ottimizzare le condizioni di insolazione. L'interno
delle grotte è sempre arricchito dalla presenza di
numerose
nicchie, di "boccole" per appendere lucerne o altri
oggetti, di mensole dove riporre le derrate
alimentari lontane dagli animali, di camini. Di
solito un arco a volta introduce nella camera da
letto, piccolo spazio dove sono evidenti sulla
parete i fori per infilare i bastoni che reggevano
il tavolato su cui dormire.
Sul piano sovrastante le grotte si possono osservare
numerose tombe, anch'esse scavate nella roccia,
alcune delle quali di piccoli dimensioni, destinate
a accogliere il corpo di neonati e bambini piccoli,
a dimostrazione che si trattava di una comunità
stabilmente insediata in quest'area.
Un discorso a parte, in un ambiente così scarso di
fonti sorgive, merita la raccolta e la
conservazione delle acque meteoriche: l'acqua,
elemento principale per la sopravvivenza della
comunità, veniva raccolta grazie ad una fitta rete
di canalette scavate nella roccia, ubicate sia nella
parte alta che a mezza costa, destinate a
convogliare le acque piovane in apposite cisterne,
scavate anch'esse nel tufo e successivamente
intonacate per ridurre la dispersione del prezioso
liquido, presenti in ogni grotta adibita ad
abitazione. Grondaie e canaletti scavati
superiormente e sui due lati degli ingressi alle
abitazioni, impedivano all'acqua piovana di
penetrare all'interno delle abitazioni,
convogliandola invece ai pozzi di raccolta. Sul
fondo del piccolo vallone sui cui fianchi si arrocca
il villaggio Saraceno si riscontra la presenza di
altri serbatoi, che raccoglievano le acque piovane e
quelle di scolo provenienti dai fianchi della
valletta, dopo che queste avevano attraversato una
serie di rozze vasche di decantazione.
Il Villaggio Saraceno, come molti altri presenti
sulla Murgia, è stato utilizzato fino ai primi
decenni del '900 da comunità di pastori che hanno
adattato molte delle grotte ad ovili, fienili e
anche a rudimentali caseifici.
L'importanza del Villaggio Saraceno e il numero
elevato dei suoi abitanti è testimoniato tra l'altro
dalla presenza di due
chiese, a dimostrazione dell'importanza del momento
religioso all'interno della comunità laica qui
riunitasi.
La cripta del Vitisciulo, ad una navata, ha
subito numerosi adattamenti e trasformazioni nel
corso dei secoli che ne hanno cancellato o quasi i
caratteri originari.
Molto più interessante la cripta di San Luca,
considerata un "gioiellino bizantino". L'uomo, nel
processo di adattamento e trasformazione di questi
spazi rupestri, ha profondamente danneggiato la
fattura dell'ingresso alla chiesa. Subito dopo
l'ingresso si trova un piccolo vestibolo a
pianta rettangolare, dal quale, sulla sinistra, si
accede ad un altro ambiente, a pianta quadrata,
riconoscibile quale fonte battesimale della
chiesa, per la presenza di una conca semicircolare
ad un livello più basso rispetto a quello del
pavimento. Sulla destra del vestibolo si apre invece
una piccola cappella scavata nella roccia,
con resti dell'originario altare. Oltre il
vestibolo, in successione e posti su piani
differenti, si incontrano una serie di spazi
liturgici: superati due gradini si accede all'aula
della chiesa, caratterizzata dalla presenza di
sedili lungo tutte le pareti, con la parete destra
arricchita da una croce e da una lesena con
capitello a rilievo; altri due gradini e si accede
al bema o Sancta Sanctorum della
chiesa, articolato in due parti distinte e separato
dal resto della chiesa da un'iconostasi
ricavata con opera di traforo della pietra; superata
l'iconostasi ci si imbatte nel plinto dell'altare
centrale, sovrastato da una cupoletta a cerchi
concentrici scavata nella roccia, unica decorazione
del soffitto, che nel resto della chiesa si presenta
invece piano e disadorno; a destra e a sinistra
dell'altare si trovano due nicchie asimmetriche
(probabili diaconicon e prothesis),
mentre nel vano absidale si trova una nicchia con
sedile.
(dal sito internet
http://www.terredelmediterraneo.org/itinerari/gravina_matera.htm).
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