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«Con il regista ho discusso più di tre ore: voleva che dicessi la messa in latino» racconta don Basilio, il parroco. «Quando dirigeva si rotolava nel fango, recitava ogni scena tre volte al posto degli attori» ricorda Raffaele, guida turistica. «Durante la crocifissione il cielo s'è oscurato» sostiene Luca, impiegato comunale «e un'esplosione...»
Una «Cristo-terapia». Così don Basilio Gavazzeni, parroco di Sant'Agnese, definisce l'effetto del film «La Passione di Cristo» su Matera. La città lucana ha fornito all'opera di Mel Gibson, tra le più discusse degli ultimi anni, scenari naturali come i Sassi, gli antichi rioni scavati nel tufo che sullo schermo si sono trasformati (quasi senza ritocchi) nella Gerusalemme dell'anno 30; la Gravina, impervio canyon i cui promontori sono diventati il luogo della crocifissione di Cristo; le chiese rupestri, una delle quali è stata teatro dell'ultima cena. Ma ha dato anche croci, comparse, pane, companatico, ospitalità, benedizioni, e poi luce, vento, persino fulmini in pieno inverno. «Sorrisi» è tornato nei luoghi della «Passione», un anno dopo la fine delle riprese e poche settimane prima dell'attesissima uscita del film nelle sale italiane. Ha fotografato i posti che sullo schermo hanno ospitato il calvario di Gesù. E ha raccolto le testimonianze di un set intriso di misticismo, con suggestive sovrapposizioni tra realtà e copione, che ha cambiato la vita del regista Gibson e quella di un'intera città. «I Sassi, già protagonisti di molti film tra cui "Il Vangelo secondo Matteo" di Pasolini o il "King David" con Richard Gere, sono straordinariamente simili alla Gerusalemme delle illustrazioni tradizionali» sostiene l'assessore al turismo di Matera Giovanni Magariello. «Ma con i tre mesi di lavoro de "La Passione", tra l'ottobre e il dicembre 2002, è stato come se la città si fosse trovata al centro di un'unica, lunga messa». Una «liturgia» cominciata prima ancora di azionare la macchina da presa: nello studio di don Basilio, che del regista ha ascoltato dubbi e convinzioni nel corso di un animato incontro-scontro di oltre tre ore. «Gibson, cattolico tradizionalista ma anche molto preparato in campo teologico e artistico, venne a chiedermi di celebrare sul set la messa tridentina (quella, in latino, secondo il rito pre-Concilio Vaticano II, ndr)» ricorda il sacerdote. «Gli risposi che non potevo, ma continuammo a parlare: del concetto di salvezza, soprattutto, e del modo di raffigurare la Passione, facendo confronti con i quadri di Caravaggio, Grünewald e con le opere di Jacopone da Todi. Siamo entrati con precisione maniacale in dettagli come la forma della croce, i modi della flagellazione, la sua scelta di usare la propria mano per conficcare il chiodo in quella di Cristo (come si vedrà in una delle immagini più cruente del film). Gli ho regalato, alla fine, un testo del poeta Paul Claudel con una dedica "all'atleta di Cristo"». Questo atleta «si rotolava nel fango, recitava ogni scena tre volte al posto degli attori prima di girare» racconta la guida turistica ed escursionistica Raffaele Stifano, che sin dall'estate precedente ha collaborato con la produzione come assistente e factotum. «Mel ha contagiato tutti con il suo atteggiamento ispirato, continuando a parlare di argomenti religiosi, facendo recitare la messa in latino ogni sera (dall'abate francese Michel De Burges). Un mio compaesano impegnato sul set, fino ad allora non particolarmente credente, che conviveva da anni con una donna, dopo qualche settimana ha deciso di sposarsi in chiesa». C'è poi chi si è confessato per un peccato commesso solo in abiti di scena… «L'uomo che interpretava il soldato romano che trafigge il costato di Cristo in croce venne da me in cerca di conforto» rievoca don Gavazzeni. «Era sconvolto all'idea di aver fatto questo al figlio di Dio!». Allo stesso modo, pare che molte tra le donne materane ingaggiate per circondare Gesù (l'attore Jim Caviezel) lungo la via crucis siano andate in cerca di testi che raccontassero il calvario («Soprattutto il "Vangelo secondo Gesù Cristo"» di José Saramago, precisano alla locale libreria Mondadori). Un'anziana signora si sarebbe raccomandata all'attore «perché pregasse per lei», racconta don Angelo Tataranni, parroco di San Rocco, molto coinvolto nella lavorazione del film. «Mi fu chiesto di assistere Caviezel, portandogli ogni mattina l'eucaristia sul set. Leggevamo un brano biblico o recitavamo il rosario, poi Jim si confessava e faceva la comunione». L'attore ha voluto il prete anche durante l'ultima cena. «Sullo schermo c'è Gesù che spezza il pane, ma Jim, davanti agli occhi, aveva me, in piedi con la teca per le ostie benedette». Messe, rosari, conversioni (o quasi), persino fulmini a ciel sereno: uno avrebbe lasciato stranamente illeso Caviezel stesso, l'altro l'assistente alla regia Jan Michelini. Entrambi sono stati interpretati, da alcuni, come segni di uno sguardo superiore puntato dal cielo sul set.
Difficile, durante il nostro viaggio, trovare qualcuno che abbia visto gli effetti delle saette con i propri occhi… «Ma un fulmine c'è stato davvero» conferma l'impiegato del Comune Luca Gagliardi. «Durante la scena della crocifissione: il cielo si è di colpo rannuvolato e c'è stata una specie di esplosione». Miracolo o capriccio del tempo? «Sia quel che sia, Gibson a Matera è stato fortunato» conclude con laico pragmatismo Stifano. «Ha avuto tutti i tipi di luce, cieli che cambiavano da un momento all'altro, tempeste di vento, e poi i Sassi… Immaginate quanto ha risparmiato sugli effetti speciali?».
Maria Giulia Comolli - foto Massimo Sestini/G. Neri

Created da Antonio Labriola