Prima tappa Miglionico, a una trentina di
chilometri da Matera.
I miglionichesi,
almeno quelli di un tempo, chiamavano il
loro paese "Napolicchio", piccola Napoli.
Pare che un re napoletano, sollecitato da un
cittadino buontempone che sognava di avere
il nome di una capitale per il suo piccolo
paese, avesse chiesto una tale grazia al suo
re. E il re, ancora piu' buontempone,
concesse cotanta grazia. Naturalmente questa
leggenda l'aveva raccontata Vincenzo, nei
suoi incontri serali nella casa del
direttore allorchè tentava, con fatti e
fatterelli, di riempire le vuote serate.
Anche perchè lui era nato in quel di
Miglionico.
L'ufficio dei telefoni occupava un piccolo,
piccolissimo stanzino del grande Castello.
Nel quale erano allogati gli uffici
comunali, qualche abitazione, le aule di una
scuola elementare e chissà che altro.
Il locale telefonico era nella parte esterna
del maniero, in un luogo dal quale si
spaziava su colli e colline, sui monti
lontani e sulle vaste vallate che si
estendevano lungo il Bradano.
Uno spazio infinito che contrastava con i
pochi metri dello stanzino soffocati dal
centralino, dal bancone, da una valanga di
elenchi telefonici, dall'aria che sapeva di
umido e di chiuso.
Appoggiato all'ingresso , c'era un ragazzo
alto, robusto, i capelli crespi il quale
s'affrettò ad avvicinarsi al trabiccolo che
veniva da Matera.
"L'avevo capito, io, che voi siete il nuovo
direttore. E vedete, direttò? Qua siamo
conciati male. Io faccio servizio fuori. Non
si può stare in questa topaia: entro solo
quando squilla la suoneria. Per rispondere
alle chiamate. E quando fa brutto tempo. Per
il resto della giornata, sto - in linea di
massima - fuori."
Fuori dell'ufficio, c'era una sedia ben
ficcata nel terreno, una pila di riviste e
di fumetti, un panchetto con altri giornali
e una bottiglia d'acqua.
Il ragazzo non era il titolare dell'ufficio,
era solo il figlio della responsabile
dell'appalto. La quale accorse subito,
grossa, affannata, tutta sudata.
"Oh,signor direttore - s'affrettò a dire
tutta premurosa - non sapevo che sareste
venuto oggi. Vi avrei aspettato, per farvi
gli onori di casa. Oggi non è giornata di
grande traffico. Le giornate piene sono il
sabato e il lunedì. Negli altri giorni,
chissà perchè, la gente non telefona. Oggi
poi è un giorno morto. Me ne stavo perciò
tranquilla a casa. A cucinare.
In realtà la signora era un'ostetrica, anche
se non era in in piena attività di servizio.
Era un po' avanti con gli anni, ammalata di
cuore e veniva dalla Campania.
" Sto da tanti anni da queste
parti,direttore mio"- diceva intanto
asciugandosi il sudore.
"Questo è un paese d'emigrazione, se ne
vanno tutti. Assisto solo qualche contadina.
Adesso c'è l'abitudine di andare a sgravare
in ospedale. Non è che lì, a Matera, i
medici siano una cima.Ma che volete? In
casa, non si figlia più. E allora mi fa bene
tenere questo appalto. Dal quale, direttore
mio, non si guadagna proprio niente, niente
proprio".
La donna, sul cui viso si leggevano ancora
le tracce di una bellezza antica, aveva una
parlata facile e cordiale e naturalmente
l'arricchiva raccontando tutti i fatti che
le piaceva far conoscere.
" Sono vedova, direttore mio, ho ancora
delle ragazze piccole. Belle ragazze. E
anche questo giovane - lo vedete? - sta
sempre al centralino. E che dobbiamo fare?
dobbiamo vivere. Neh, direttò, che lo
prendete un caffè?"
Era entrata già nel bugigattolo e la sua
voce arrivava sempre chiara e alta.
"Direttò. ma come vi trovate nell'agenzia?
Bene,no? Certo, voi venite dalla città. E la
signora vostra, come si trova a Matera? Neh,
che bellezza:vi siete sposati da poco. E
che? avete intenzione di comprare un
bambino,neh? "
Senza lasciare all'interlocutore la benchè
minima possibilità di una risposta,
aggiungeva:" Qua, vedete, non arrivano
telefonate;ma voi lo sapete bene, non
possiamo abbandonare il centralino. Dev'essere
sempre presidiato. Vedete il mio ragazzo?
Non lascia nai l'ufficio. Mai! Perciò voi,
direttò, dovete pensare a un aumento. La
vita costa. Non si può andare avanti. E voi
siete una grande società, e dovete pensare
un po' a noi".
E, all'improvviso, uscì con una guantiera
d'argento sulla quale spiccavano una
monumentale caffettiera, tre tazze marrone
con tre piattini bianchi, la zuccheriera e
tre splendidi cucchiaini d'argento.
Anche qui,il grande rito del caffè...
Giovanni ,dunque, capitò a Miglionico, dove
un bugigattolo era l'ufficio telefonico, ,un
monolocale nel quale faceva fatica ad
entrare una sola persona.
Eppure la signora, ostetrica, appaltatrice,
aveva fatto il miracolo di tirar fuori, come
da un nero cilindro, quegli aggeggi di
pregio che erano le tazze e tutto il resto
del servizio da caffè. Chissà, in quei pochi
metri quadrati dovevano esserci misteriosi
antri, angoli nascosti, sotterranei nei
quali la signora avrebbe potuto custodire
reconditi tesori, o anche i mariti delle sue
puerpere.
Vincenzo, l'operaio-autista, gli aveva
raccontato una volta che a Matera si
favoleggiava che una vecchia ostetrica,
brutta , piccola e grossa, nel mentre
assisteva le sue pazienti non disdegnava di
far bisboccia con tutti gli uomini della
famiglia in attesa del lieto evento. No,no
era un riferimento greve; non aveva niente a
che a fare con quella buona signora che
intanto domandava , gentilissima:" E' buono
questo caffè, direttò?".
La risposta se la dava lei stessa:" E'
buono, è buono. Buonissimo".
E incalzava: "Certo, il vero caffè , per
essere davvero eccellente, ha bisogno
dell'acqua, dell'acqua campana, della mia
terra. Ma qui siamo in Basilicata. L'acqua,
sì, è buona; ma non è quella della Campania
che ha il fuoco del Vesuvio. Vero, direttò?"
E, senza dar tempo a Giovanni di una
risposta anche convenzionale,
continuava,senza prender fiato:" Neh,
direttò, voi un favore ce lo dovete fare. Ci
dovete dare un aumento: vedete questo
ragazzo mio? tutto il santo giorno sta qui
crocifissato. Sotto l'acqua, il sole, il
vento. Facciamo tanti sacrifici noi per la
società dei telefoni. E la società non puo'
assumere, nella vostra agenzia, una delle
mie figlie? Magari la piu' grande. E'
studentessa, va benissimo a scuola. La prima
della classe. Neh, volete un'altra tazza di
caffè ?"
Il ragazzo aveva ripreso a leggere i suoi
fumetti, la sedia ben radicata nel terreno,
il sole che brillava sui capelli crespi, la
vallata pigra ai piedi del paesino per il
quale i suoi abitanti avevano chiesto, al
potente re d'un tempo, d'essere appellata
Napolicchio.
A simiglianza della capitale, potente e
distante giorni e giorni di cavallo.
E brillava il sole splendido, anche sul viso
stanco e sudato della campana, ostetrica,
appaltatrice, un po'ammalata di cuore. E
vedova, fiduciosa che una delle sue
figliole, magari l'ultima, bravissima a
scuola, potesse destare l'interesse della
potente società dei telefoni.
Quando il vecchio 508 fu lanciato nella
discesa dopo il paese, l'autista-operaio
spense il motore, mise a folle la marcia e
lasciò - le mani ben vigili sul volante -
che il veicolo se ne andasse dolcemente
verso il piano.
In quella maniera avrebbe risparmiato un po'
di benzina e sul "diario macchina" sarebbe
stata messa in risalto quell'economia.
Al nuovo assunto, un vecchio operaio s'era
dato cura di spiegare che gli uffici
amministrativi della società avevano gli
occhi ben aperti sui controlli dei
carburanti; ed erano ben visti quegli
autisti che facevano risparmiare qualche
litro di benzina. C'era ad ogni modo da
stabilire una "media" di consumo; e una
"buona" media esigeva opportuni espedienti.Di
qui,il motore spento in discesa.
"Ma stai attento", gli aveva suggerito un
altro dipendente. devi controllare bene il
veicolo. Sta' attento... Ti puo' capitare un
incidente e se la macchina si distrugge?
Allora sì che sono cavoli amari..."
Il giovane era così teso con i nervi a fior
di pelle da poterglieli quasi vedere
stampati sul viso: e se il motore era
spento, tutta l'attenzione era al volante e
a tutto il vecchio veicolo. Oh,non doveva
perdere il controllo.
Aveva tanto penato per quel posto,e quante
speranze per l'ex barbiere. Ora, una piccola
disattenzione e tutto andava all'aria. Lui
doveva sposarsi, lui. E ,pur tenendo ben
strette le mani sul volante,tentò con le
dita di accennare a un bel segno di corna.
Per esorcizzare tutto quello che gli sarebbe
potuto andare contro; e propiziarsi anche i
fatti non sempre favorevoli alla povera
gente..." |