MIGLIONICO.
“Acque limpide,
incolori, inodori,
di buone qualità
organolettiche e con
un sapore
leggermente
dolciastro”. Sono le
caratteristiche che
connotano le acque
sorgive che
costituiscono il
patrimonio idrico
del territorio
comunale. Si tratta
di requisiti
certificati in modo
scientifico da una
relazione redatta,
anni fa, dal
compianto prof.
miglionichese,
Michele Maggiore,
per tanti anni
docente
universitario nella
facoltà di Geologia
dell’Università
degli studi di Bari.
Una ricchezza
potenziale, quella
delle acque sorgive
miglionichesi, mai
utilizzata. Né
valorizzata sotto il
profilo commerciale.
Acque di origine
naturale che ancora
oggi affiorano in
superficie in modo
spontaneo. “Possono
essere definite
minerali, avendo un
residuo fisso a
180°C maggiore
dell’1%”. Mai rese
utili per la vita
della comunità.
Sebbene usate, “sin
dall’antichità per
l’approvvigionamento
idrico della
popolazione locale –
si legge nella
relazione geologica
del prof. Maggiore –
come testimoniato
dall’esistenza nelle
contrade di campagna
dell’agro di
numerosi
abbeveratoi,
denominati fontane”.
Le più conosciute
sono quelle del “Cornicchio”,
della “Fabbricata”,
di “Elce”. Tra le
altre, vanno
segnalate anche
quella di “Lascarda”,
“Mariglionna”, “Pampapano”,
“Arcangelicchio” e
“San Biagio”. Tra
tutte, ovviamente,
spicca la fontana
“Pila”, che sorge
proprio all’entrata
del paese.
Quest’ultima,
recentemente
riqualificata dal
Comune, nella sua
struttura esterna, è
costituita da ben
quattro vasche, ove,
da decenni, scorre
in continuazione
acqua fresca, un
aspetto distintivo,
questo, che la
sorgente conserva
anche durante i mesi
estivi. L’acqua
della Pila
rappresenta “l’unico
esempio di sorgente
captata con una vera
e propria opera di
presa. Consta di una
vasca di
decantazione che
alimenta un
lavatoio, in
apposita costruzione
al coperto del 1936.
La sorgente ha una
portata che va da un
minimo di 0,85
1/sec. A un massimo
di 1,44 1/sec”.
Purtroppo, le acque
di tutte le sorgenti
miglionichesi sono
state dichiarate
“non potabili”.
Perché? Semplice:
“La potabilità delle
stesse non può
essere certificata
con un semplice
controllo analitico,
ma bisognerebbe
avvalersi di
impianti e processi
depurativi di cui il
Comune non potrebbe
sostenerne i costi”.
In altri termini,
per queste sorgenti
non c’è alcun
sistema di
protezione da
eventuali agenti di
inquinamento e di
deterioramento della
risorsa idrica. |