Nel
saggio di Sgarbi ampio spazio è dato ai tesori di
due comuni della
provincia di Matera: Miglionico, Irsina.
Riportiamo in anteprima un passo del libro in
vendita da domani.
«NON so quanti lettori sanno che vicino a Matera
esistono importantissime opere di arte veneta del
Rinascimento, in due paesi che sono quanto di più
lontano si possa immaginare dal Veneto. Il primo di
questi paesi, Irsina, fino al 1895 era conosciuto
come “Montepeloso”. È una suggestiva rocca sulla
Valle del Bradano, lungo la strada che congiunge
Gravina di Puglia a Matera, nata in epoca
alto-medievale sui resti di un antico insediamento
dei Lucani. Montepeloso ha avuto in passato una
notevole importanza: si è sviluppato come centro
agricolo e commerciale in epoca bizantina, è stato
feudo dei Grimaldi, dei Riario e degli
Sforza,
ed è stato il massimo centro amministrativo della
Lucania nella metà del Seicento. Il declino è
corrisposto al primo Novecento, quando il paese
venne abbandonato dai cittadini che preferirono
emigrare in altre zone d'Italia, soprattutto in
Emilia. Ex-sede episcopale, Irsina possiede molti
edifici religiosi. Il principale è la Cattedrale,
dedicata a Maria Assunta, costruita nel secolo XIII
e ampiamente ristrutturata alla fine del Settecento;
la facciata tardo-barocca convive con l'abside
poligonale e la torre campanaria a bifore (un'altra
torre, “civile”, curiosamente piatta sul davanti e
curva nel dorso, sorgea poca distanza) che rivelano
ancora la loro origine gotica. È all'interno della
Cattedrale che si trova l'opera che ci interessa:
una statua, in pietra dipinta, dedicata a Santa
Eufemia, martire di Calcedonia giustiziata durante
l'impero di Diocleziano, protettrice di Irsina, che
una volta si voleva attribuire al cinquecentesco
Pietro Lombardo. Da tempo, Clara Gelao, direttrice
della Pinacoteca Provinciale di Bari, sostiene che
la statua sia opera di Andrea Mantegna (1431-1506),
uno dei più grandi artisti del Rinascimento non solo
veneto. L'attribuzione fece scalpore, non solo
perché sembrava difficile che Mantegna potesse avere
avuto contatti con la Lucania, ma perché poco o
nulla si sapeva della sua attività scultorea, che
pure le fonti letterarie dichiaravano di conoscere.
La Gelao ha successivamente chiarito le basi
documentali che giustificano pienamente la paternità
mantegnana della Santa Eufemia. Roberto de Mabilia,
di Montepeloso, era andato a studiare a Padova,
divenendo un benestante notaio ecclesiastico. Per
farsi ricordare dai concittadini, assistiti a
distanza in occasione di un'epidemia di peste, il
Mabilia donò loro una statua e un dipinto dedicati a
Santa Eufemia. Il dipinto, giunto al Museo di
Capodimonte attraverso la raccolta del cardinale
Stefano Borgia, è opera nota di Mantegna, una volta
provvista di sportelli laterali. Se il dipinto fu
realizzato nel 1454, come viene riportato sulla
tavola, è del tutto credibile che non solo facesse
parte della stessa donazione comprendente la statua
- avente la medesima altezza del
dipinto
- ma che fosse identico l'autore di entrambe le
opere: un padovano che allora era ancora giovane, il
più dotato allievo dello Squarcione, in procinto di
iniziare il capolavoro destinato a segnare una
svolta nella sua carriera, la Cappella Ovetari. Il
confronto fra la Santa Eufemia dipinta e quella
scolpita (vedi sopra) spiega in maniera esemplare
anche una delle motivazioni principali dell'arte
giovanile di Mantegna: la resa accentuata del volume
delle figure, a denunciare la conoscenza delle nuove
leggi prospettiche e della scultura antica. Le opere
di Montepeloso ambiscono a essere una cosa sola,
perseguendo l'identità fra arte antica e moderna:
una pittura che si faccia scultura, dotata di
spessore tridimensionale (la Santa Eufemia dipinta
appare all'interno di un arco che prospetta un vuoto
alle sue spalle), e una scultura che si faccia
pittura, “appiattita” e arricchita della sensibilità
cromatica (la Santa Eufemia scolpita è situata in
una nicchia). È un concetto nuovo di arte che cerca
un'unità di forma al di fuori delle divisioni
disciplinari. Scendendo da Matera verso il mare,
prima dello svincolo di Ferrandina, s'incontra quasi
subito Miglionico. A lungo feudo dei San
Severino,Miglionico è in cima a un colle che viene
dominato dal Castello del Malconsiglio, dove nel
1485 i baroni meridionali congiurarono contro il re
Ferrante d'Aragona. Il tesoro più prezioso di
Miglionico ha una storia in parte simile a quella
della Santa Eufemia di Irsina. Negli ultimi anni del
Cinquecento, un arciprete di Miglionico, Don
Marcantonio Mazzone, divenne maestro di cappella
presso la corte mantovana di Vincenzo Gonzaga,
dedito al collezionismo artistico. Nel 1598, con
l'appoggio del duca Vincenzo, Mazzone acquistò un
polittico rinascimentale composto da diciotto tavole
suddivise su quattro ordini, fra i più monumentali
mai realizzati nei territori della Serenissima
(Triveneto, Brescia e Bergamo), forse in quegli anni
finito all'estero. Nello scomparto centrale del
polittico c'è una Madonna in trono, sormontata in
cimasa da un Cristo “passo” (patiens) in mezzo a
un'Annunciazione. Ai lati della Madonna, vari Santi
a figura intera (Francesco, Girolamo, Pietro,
Antonio da Padova) e a mezzo busto (Chiara,
Ludovico, Bernardino, Caterina d'Alessandria); negli
sporgenti laterali e nella predella, privata del
riquadro centrale, altre effigi di Santi
francescani. Il polittico, datato 1499, è firmato da
Cima da Conegliano (c. 1459- 1517), uno dei
maggiori seguaci di Giovanni Bellini. La persistenza
del modulo del polittico è sintomatica
dell'atteggiamento complessivo di Cima, più moderato
di quanto non fosse l'ultimo Bellini, in modo da
conferire al dipinto un'aura votiva che poteva
evocare la fissità delle vecchie icone bizantine. Se
Bellini cercava nel sentimento della natura la
congiunzione fra Dio e l'uomo, Cima sostiene ancora
una netta distinzione fra l'ambito divino e quello
umano. Il polittico di Cima venne destinato da
Marcantonio Mazzone alla chiesa parrocchiale di
Miglionico. Alla fine del Settecento, i baroni Del
Pozzo lo dotarono di una nuova cornice, in gusto
tardo-barocco; riconosciuto nel 1907 dal Wackernagel
come opera autografa di Cima, venne restaurato varie
volte nel corso degli anni seguenti, rimanendo a
lungo presso l'Istituto Centrale di Restauro (Roma).
Solo da poco più di dieci anni, il polittico di
Miglionico è potuto tornare definitivamente nella
chiesa di Santa Maria Maggiore».
Da
Bolzano a Ragusa la mappa più intima di paesaggi e
opere del Bel Paese
Il Viaggio sentimentale di Sgarbi nell’Italia dei
desideri
DOPO il successo de “L'Italia delle Meraviglie” -
oltre 3 mesi in classifica, 50.000 copie vendute, 7
edizioni - torna Vittorio Sgarbi con un nuovo,
personalissimo itinerario attraverso il nostro Paese
. E’ in libreria da domani “Viaggio sentimentale
nell’Italia dei desideri”. Vittorio Sgarbi è
inesausto come sempre; la sua curiosità non si ferma
e così, a un anno di distanza, riprende ad
accompagnare i suoi lettori alla scoperta di luoghi
incantati dell'Italia e delle sue bellezze
storico-artistiche. Da Bolzano a Ragusa passando per
Milano, Pavia, Cremona, Mantova, Guastalla, Pisa,
Roma, Capri, Capua e poi giù fino alla Calabria
felix e alle Isole, per cultura e storia quasi due
Continenti: Sicilia e Sardegna. Per passare dalla
nostra Basilicata. Miglionico e Irsina i luoghi su
cui il critico si sofferma, in modo particolare. Con
una lunga appendice dedicata alle meraviglie, poco
note ma strabilianti, della Liguria. Vittorio Sgarbi
ridisegna così la mappa più intima di paesaggi e di
opere che ognuno di noi conserva fra le proprie
esperienze di viaggio. La cartografia diventa un
viaggio senza sosta in un'Italia che oggi è qui e
che domani dovremo cercare di lasciare ai nostri
figli intatta, se non migliore, di bellezze e di
umanità. Vittorio Sgarbi è nato a Ferrara. Critico e
storico dell'arte, ha curato numerose mostre in
Italia e all'estero, ed è autore di saggi e
articoli. Dal luglio 2008 è sindaco del Comune di
Salemi. Da Bompiani ha pubblicato Il bene e il bello
(2002), Dell'anima (2004), Ragione e passione.
Contro l'indifferenza (2005), Vedere le parole
(2006), Clausura a Milano e non solo. Da suor
Letizia a Salemi (e ritorno)(2008) e L'Italia delle
meraviglie. Una cartografia del cuore (2009, in
corso di traduzione in russo). |