I mirtilli sono maturi...le fragole non ancora |
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MIGLIONICO.
Sollecitato ancora una volta dal prof. Giacomo Amati ad esprimere la mia
opinione sull’esito del primo giro di consultazioni del Presidente
incaricato Mario Draghi per la formazione di un nuovo Governo, non posso
sottrarmi dal dare il mio modesto parere sulla crisi in atto. I quesiti
che l’amico Giacomo mi ha rivolto sono molto circostanziati e incalzanti
cui cercherò di rispondere con la massima sincerità : chi ha vinto il
primo round? Ce la farà Draghi a comporre un mosaico così frantumato?
Quale lezione trarre da una simile circostanza?
Certamente non sarà facile per me dare giudizi completamente
disinteressati, giacché è risaputa la mia appartenenza all’area della
Sinistra Democratica. In ogni modo cercherò di essere il più possibile
imparziale. Alla prima impressione è da notare che il vero vincitore è
stato Matteo Renzi : è riuscito a liberarsi di Giuseppe Conte, mettere
in crisi il Pd e spaccare il M5S; ha favorito soprattutto la discesa in
campo di Mario Draghi con le frequenti visite che, nottetempo, ha
compiuto a Città della Pieve.
Dubito però che avesse neanche immaginato che la crisi al buio da lui
provocata avrebbe generato nuovo vigore al Centro- Destra e, in primo
luogo alla Lega di Salvini. Non che la cosa di per sé fosse da
biasimare, ma non era questo l’obiettivo del nostro irrefrenabile
protagonista. Tutto sommato, lo svolgersi dei fatti nuovi che si stanno
verificando hanno innescato un imprevedibile sommovimento di tutti i
partiti che, ad eccezione di pochi altri, stanno seriamente orientandosi
ad appoggiare, senza riserve, il tentativo di Draghi. A dire il vero,
però, la prima reazione dei componenti la maggioranza uscente è stata
segnata da incredulità e perdita di lucidità. Aver perso il ruolo di
primo protagonista della politica italiana ha provocato il frantumarsi
dell’unità interna dei 5S, soprattutto ad opera del “Dibba” e del
“Morra”.
C’è voluto il rientro precipitoso di Grillo per richiamare tutti
all’unità e presentarsi al Presidente incaricato con una delegazione
coesa e unanime nelle decisioni e nelle proposte. Al termine il “Grillo”
ha spavaldamente annunciato che “Le fragole sono mature”. E’ vero, ma
non ha detto che sono prodotte in chissà quali serre artificialmente
riscaldate. Lo stesso sbandamento si è verificato in seno al Partito
Democratico, ma è stato prontamente bloccato dall’intervento di
Zingaretti che ha messo tutto a tacere, soprattutto le voci, poche in
verità, che ipotizzavano per il Pd una eventuale astensione al futuro
Governo Draghi. Il segretario si è subito reso conto che un
atteggiamento simile avrebbe messo il partito fuori gioco e provocato
l’affermazione preponderante di Salvini e Berlusconi.
Sia detto per inciso, però, che i timori del Pd e dei 5S per l’eventuale
ingresso della Lega nel futuro Governo, sono immotivati e pregiudiziali,
dal momento che sia il Presidente Mattarella che lo stesso Premier
incaricato, hanno invitato tutti all’unità: in circostanze così
drammatiche per il Paese è doveroso che tutti diano il proprio
contributo. Ad essere onesti, pur rilevando che l’atteggiamento di
Salvini, spinto da Giorgetti e Zaia, improntato al più ovvio “doroteismo
strategico”, contiene tuttavia non pochi elementi di lealtà e di buon
senso, quali la volontà di dare il necessario contributo alla soluzione
dei drammatici problemi del Paese; anche a costo di sacrificare alcuni
risultati conseguiti nel primo Governo Conte e condividere provvedimenti
politicamente conformi ai principi europeisti.
Lo stesso dicasi della posizione assunta da Forza Italia che da sempre,
sotto la guida di Berlusconi, non ha remore di appoggiare senza
infingimenti il nascente Governo Draghi, per se stesso inconfutabilmente
europeista. Se mi è permesso, non metto in dubbio la sincerità di
Berlusconi di appoggiare Draghi, ma vedo anche in questa sua decisione
l’opportunità di mostrarsi autonomo politicamente e marcare la sua
autonomia dalle pretese egemoniche dei suoi alleati, Lega e Fratelli
d’Italia.
Non mi meraviglia la posizione della Meloni che, imperterrita, rivendica
la sua coerenza. Sarebbe assurdo pretendere da lei che partecipasse
insieme col Pd e 5S ad un Governo unitariamente europeista. Nonostante
però la sua netta dichiarazione di votare no a Draghi, sono convinto che
darà la sua astensione per non dare l’impressione di voler uscire
dall’alleanza di Destra e mostrare al tempo stesso, con studiato e
avveduto tatticismo, di collaborare alla soluzione dei gravi problemi
del Paese. Non mi ha ugualmente sorpreso la posizione di “Liberi e
Uguali” dal momento che, a nome del loro portavoce, dichiarano di non
voler appoggiare Mario Draghi se al Governo ci sarà una rappresentanza
della Lega. Anche codesta, simile posizione è dettata da un
incomprensibile pregiudizio e da scarsa consapevolezza della gravità
della situazione; per giunta offuscata da cecità politica se si dovesse
sostenere l’opportunità di riproporre Speranza al Ministero della
Salute.
Di Renzi si è già accennato, salvo aggiungere che certamente Draghi gli
riserverà sia pure un piccolo angolino al tavolo dei sottosegretari.
Tutto questo non è che il risultato emerso dal primo tempo delle
consultazioni. Esse riprenderanno oggi, lunedì pomeriggio, e martedì con
i partiti politici, e proseguire mercoledì con le forze sociali. Al
termine della consueta liturgia istituzionale il Presidente incaricato
farà una sintesi delle posizioni e delle proposte avanzate dai singoli
partiti e chiarirà le sue intenzioni circa il modello di Governo che
vorrà formare e i provvedimenti più urgenti da adottare.
Primo round dunque concluso; con quali effetti? In sintesi quasi tutti
sono giunti alla determinazione di appoggiare l’iniziativa di Draghi, ma
ciascuno per proprio conto si presenta con un cahier di proposte
sperando che siano tenute nella massima considerazione. Alcuni
addirittura pongono veti alla partecipazione di partiti giudicati
antieuropeisti alla formazione del Governo. E’ davvero un bel problema,
ma il gioco non può durare a lungo. Draghi saprà trovare la giusta
soluzione. I veri nodi da sciogliere, però, saranno la forma da dare al
Governo e le priorità da affrontare col nuovo esecutivo. Riguardo al
primo problema non mi permetto di dare consigli a “Super Mario”; sono
certo che saprà formare un Governo che terrà conto delle esigenze di
tutti, sia che si tratti di un Governo “velatamente politico”, sia che
si formi un esecutivo realisticamente di “Alto profilo tecnico”.
Io personalmente opterei per un Governo di “Saggi e competenti” super
partes, nominati contestualmente da Draghi e da ciascuno dei singoli
partiti, tra i quali figurerebbe, opportunamente, Giuseppe Conte, anche
se a titolo personale. Tale soluzione eviterebbe che si generi un
possibile conflitto tra ministri di diretta nomina politica. Riguardo al
secondo nodo da sciogliere, non sarà difficile trovare le misure più
urgenti da mettere in campo: attuazione del Recovery Plan, rilancio
dell’economia, proroga del blocco dei licenziamenti, attuazione del
piano straordinario delle vaccinazioni, scuola, ambiente e difesa a
tutto campo del lavoro ai giovani. Per tutto questo sarà indispensabile
e propizia l’opera di Mario Draghi, data la sua decennale esperienza e
la unanime riconosciuta competenza in materia.
Considerata però l’esiguità del tempo a disposizione e l’enorme mole dei
problemi sul tappeto, nessuno potrà pretendere che Egli usi la bacchetta
magica per superare tutte le difficoltà. E’ necessario l’apporto di
tutte le forze politiche, a condizione che riescano a darsi un metodo di
lavoro comune e ritrovino quella unità morale che ogni paese civile
dovrebbe possedere. Siamo giunti così alla domanda più impegnativa che
l’amico Giacomo mi ha posto: quale lezione trarre da tutto questo
groviglio di avvenimenti che la crisi ha prodotto? Per prima cosa la
consapevolezza che la politica attuale ha esaurito le sue risorse
specifiche e si è resa incapace di dare la giusta soluzione ai problemi
che la società odierna ci pone di fronte. Né è riuscita a darsi le più
elementari norme di buon governo: quella riforma elettorale che, dopo
decine di tentativi tutti andati a vuoto, potrebbe dare l’occasione ad
uno scrittore, in cerca di notorietà, di scrivere un libro di successo
dal titolo: Storia di una riforma mai nata.
La crisi che stiamo vivendo dovrà inoltre farci prendere coscienza
unanime, in primo luogo ai partiti che si dicono responsabili, di
assumere impegni riguardanti una più giusta condizione morale e
giuridica delle donne, mai come oggi oggetto di violenze inaudite; oltre
a garantire a tutti il diritto al lavoro, realizzare un sistema
educativo che dia ai giovani la possibilità di un maggiore respiro
culturale per renderli protagonisti liberi nella conquista della libertà
personale e politica. Ciò che è risultato più grave è l’evidente
distacco che si è creato tra il Paese e il Parlamento. Ne’ a colmarlo
può bastare il solo esercizio del voto, se quel riconoscimento non si
accompagna ad una politica di concretezza, ad assicurare di fatto il
diritto al lavoro e a realizzare un ricambio di uomini per consentire
una più efficace gestione del potere.
Il sistema politico è giunto a un punto estremamente critico: o si ha il
coraggio e la volontà di ritornare alle ragioni di liberazione e di
giustizia da cui prese l’avvio 75 anni fa il nuovo corso storico il
Paese, o si va totalmente verso situazioni ancora più gravi e
imprevedibili. Come potremo ancora indulgere alle diatribe e ai dissidi
tra i partiti e nei partiti, col solo obiettivo di fare solo i propri
interessi? Occorre, lo ripeto, un atto di coraggio e di coerenza di
tutte le forze politiche per rilanciare il Paese e superare il brutto
momento attuale, con uno spirito di comune sacrificio e di collettiva
collaborazione. E’ la condizione sine qua non per superare le angustie
attuali con mezzi nuovi, una nuova volontà politica per restituire al
Paese l’energia e la forza per reagire. Termino col solito mio slogan:
chiedo scusa se mi sono dilungato un po’ troppo, ma non ho avuto il
tempo per essere più breve.
Miglionico 8.02.2021
Domenico Lascaro |
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