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DOMENICO
LASCARO
26.03.13 |
Un bidone di
concorsone |
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MIGLIONICO.
Si sta svolgendo in questi giorni un mega concorso
per il reclutamento di alcune migliaia di insegnanti
per quasi tutti gli ordini di scuola. Era da oltre
un decennio che non veniva bandito un concorso per
l’assunzione di docenti. Nel frattempo sono
proliferati una caterva di precari, non certo
funzionali ad un moderno ed efficiente sistema
scolastico. Bene ha fatto il Ministro Profumo a
sbloccare, sia pure in parte, una situazione ormai
intollerabile.
Ma secondo il mio modesto parere di ex dirigente
scolastico in quiescenza, tutto quanto è stato messo
in campo merita un giudizio alquanto negativo, sia
sotto il profilo tecnico, sia soprattutto su quello
politico-istituzionale. Dal punto di vista tecnico,
è da chiedersi: che senso ha mobilitare oltre
300.000 concorrenti per sottoporli ad un test di
circa mille quesiti, formulati in modo da richiedere
risposte solo attraverso un esercizio di memoria?
E’ vero che i quesiti concernevano argomenti di
cultura generale, ma in gran parte richiedevano
risposte particolarissime su materie tecniche che
molti docenti, in particolare provenienti da studi
umanistici, non possedevano. Molti l’hanno risolto
col ricorso all’uso della memoria con un dispendio
di giorni e giorni di lavoro. Moltissimi altri
però, pur essendo padroni della materia da
insegnare, avranno avuto difficoltà a superare una
batteria di quiz somministrati in modi e tempi
estemporanei e caotici.
Ma il bello, si fa per dire, è arrivato subito
dopo, quando sono stati ammessi alla prova anche
coloro che hanno conseguito un punteggio inferiore a
quello previsto dal Bando, 35/50. Nella nostra
Italia tutto si aggiusta col ricorso a norme ad
personam. Ma l’ingiustizia maggiore è dovuta ad una
decisione che rasenta i limiti della legalità:
perché escludere dalla prova laureati, pur in
possesso di titoli validi, solo perché conseguiti
dopo un termine arbitrariamente stabilito? E che
dire dei quattro quesiti a risposta aperta, cui
sono stati concessi solo due ore e trenta per
elaborarli? La cultura ridotta alla stregua di un
Quiz televisivo!
Trascurando questi aspetti di importanza più
relativa, quello che più mi preme sottolineare è che
si potevano mettere in atto modalità concorsuali più
efficaci dal punto di vista tecnico-pratico, ma
soprattutto meno dispendioso di mezzi e di energie
umane. Sarebbe stato molto più utile predisporre una
serie molteplice di quesiti,- anche fino a 200/300,
con tempi distesi, non con la pistola alla tempia !
– per ciascuna classe di concorso,comprendenti
l’intera materia da insegnare, con domande a
risposta chiusa sì, ma fatte in modo da non lasciare
spazio al caso.
I migliori posizionati in base ai posti messi a
concorso, con una prova orale finalizzata solo ad
accertare l’attitudine personale all’insegnamento, e
con un tirocinio suppletivo in fase di assunzione si
potevano conseguire due risultati fondamentali: il
primo quello economico già accennato; in un solo
giorno si potevano individuare i possibili
vincitori; il secondo, il più importante sotto il
profilo morale e legale insieme, avrebbe garantito
una uniformità di valutazione oggettiva, non
sottoposta all’umore e alle diverse competenze degli
esaminatori.
Moltissimi studi di insigni pedagogisti e psicologi
di fama internazionale, cito solo Gino Corallo e
Jean Piaget, già da oltre cinquant’anni
evidenziavano l’inefficacia di forme concorsuali
basate sull’estemporaneità e la mancanza di
oggettività di giudizio. Da esperimenti effettuati
su larga scala, elaborati giudicati in tempi e da
persone diverse, riportavano votazioni comprese in
una forbice tra 3 e 8/9. Ma per chi come loscrivente
è stato componente di diverse commissioni di
concorso e ne ha viste di belle e di brutte; il
problema più delicato è quello delle commissioni
affidate a persone, certamente all’altezza del
compito, ma sempre umanamente soggette a pressioni
di ogni tipo. Soprattutto in passato è accaduto che
i partiti al potere hanno spesso e volentieri
pilotato i risultati dei concorsi.
Mi sarei aspettato che un Ministro competente e
appartenente all’Amministrazione P.I. potesse
invertire la rotta e intraprendere un percorso di
novità e di trasparenza. Ma così non è stato. Si
parla ormai ripetutamente di “meritocrazia”, e quale
migliore occasione poteva crearsi se non attraverso
un concorso che desse a tutti le stesse opportunità?
Mi avvio alla conclusione, ma prima voglio
accennare ai provvedimenti che il Ministro al
termine del suo mandato ha inteso prendere:
riformare il sistema di valutazione e
autovalutazione d’Istituto e far coincidere il
conseguimento della Maturità a 18 anni. Per
quest’ultima esigenza bastava far proprio l’intera
riforma di Berlinguer, opportunamente rivista e
aggiornata. L’altra questione è molto più complessa
e delicata, su cui mi riservo di dare un giudizio
più articolato. Anticipo solo un commento: un
sistema di valutazione, sicuramente indispensabile,
se non fa leva sulla motivazione individuale di
ciascun insegnante, è sicuramente destinato a
fallire. Domenico Lascaro
d.lascaro@libero.it |
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