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MIGLIONICO – Si è conclusa ieri la tre giorni di
contest “Frequenze mediterrane” a Miglionico organizzato
dall’associazione “ Frequenze Mediterranee” e
l’amministrazione comunale. In conclusione è arrivato
nella città natale del maestro Francesco Stabile, uno
dei giovani più apprezzati nel panorama italiano,
Antonio Dimartino, il vero portabandiera della nuova
generazione di cantautori che tanto sta facendo bene
emozionando con semplicità il pubblico. In anteprima
l’artista palermitano si concede per alcune parole a “Il
Quotidiano della Basilicata”. Antonio, si sa il secondo
è sempre il disco più difficile. Tu sei partito da “Cara
maestra abbiamo perso”e sei arrivato fin ora a “Sarebbe
bello non lasciarsi mai, abbandonare ogni tanto è
utile”. Quale direzione sta prendendo la tua musica? La
direzione che segue è sempre quella che non mi fa
inseguire la testa ma il cuore. Una cosa che seguo molto
d’istinto e quindi vado verso quello che mi piace fare.
Dal primo disco mi sento cresciuto più che altro di vita
che musicalmente e quindi la vita condiziona
inevitabilmente la musica. E’ il live che è una cosa
fondamentale per me, dove si realizza realmente la
comunicazione con chi ascolta una canzone, è
fondamentale per me che il live sia non all’altezza
delle canzoni ma di più. Come vivi il rapporto con il
pubblico? In realtà lo sto cominciando a vivere l’ultimo
anno, se non da quando è uscito questo secondo album.
Adesso sta crescendo il pubblico. La vivo in maniera
tranquilla, confidenziale, non credo molto nella
distanza di chi sta sul palco e chi sotto. Credo che
perché avvenga quella comunicazione, quella unione,
bisogna che la barriera tra il palco e il pubblico venga
abbattuta. In questo scambio comunicativo con il
pubblico già si nota una differenza con i cantautori
classici del passato. Sei sicuramente il portabandiera
dei nuovissimi cantautori. Quale è secondo te l’elemento
di differenziazione o di rottura con la tradizione del
cantautorato italiano? Secondo me è forse più musicale.
Se prendiamo un De Andrè, non si può aggiungere molto di
più a quello che ha detto nelle sue canzoni. Forse
nell’approccio alla musica c’è questa rottura,
all’approccio al live. E’ una differenza sempre labile,
perché il passato è sempre vivo specie quando si parla
di grandi cantautori italiani. Quando mi dicono che la
mia musica è nuova non ci credo neanche. Ho molta
fiducia in quello che hanno detto gli altri. Non ci sono
più però per i cantautori le feste dell’Unità. Il ruolo
è cambiato? Il ruolo è cambiato perché è cambiato anche
il ruolo della musica in Italia. La musica prima era la
parte fondamentale nella vita sociale italiana, la
famiglia si riuniva, metteva Raiuno e vedeva la canzone
per cui influenzava la vita comunitaria. Adesso la
canzone, la musica non va sulla televisione ed assume
una funzione sociale diversa. Per questo la figura del
cantautore è molto diversa rispetto agli anni 60, adesso
il cantautore te lo devi andare a cercare se lo vuoi
conoscere. Torniamo al tuo album. Ami molto usare la
provocazione, come nel pezzo nuovissimo “Non ho più
voglia di imparare”. In questo brano fai una riflessione
molto cruda e pessimista. Perché bisogna non imparare?
Mi piaceva riflettere sul fatto che noi le informazioni
le abbiamo sempre per scontate, è scontato che noi
impariamo la storia per esempio. Non si riflette
sull’importanza delle informazioni. Su Facebook arrivano
trecento informazioni in pochi secondi. E quindi l’idea
di non imparare diventa provocazione nel momento in cui
si è perso il rispetto per l’imparare vero e proprio.
Tutti vanno all’Università ma in molti vanno perché
socialmente ti identifica come migliore. Secondo me
anche il ruolo dell’università ha perso importanza, è
solo un’identificazione della scala sociale. C’è una
moltitudine uniforme che fa perdere il valore
all’informazione stessa. Sempre in questo disco nel
pezzo “Venga il tuo regno” metti la pistola in mano a
Gesù Cristo. A chi vuoi sparare con la tua arte? In
realtà nessuno. Non ho voglia di andare contro qualcuno.
E’ un’immagine che mi rimanda al giudizio universale, un
giudizio finale con Cristo con la pistola. Lui che è la
bontà, il perdono, la grazia. Assume un’immagine forte
quasi di sicario, di giustiziere. Io prima di perdonare
la nostra realtà mi piacerebbe capirla. Noi italiani
siamo stati abituati, perché un paese molto cattolico,
alla remissione, dovremmo riuscire di più a capire la
società più che a criticarla e perdonarla. Sulla
copertina di questo album ci sei tu con delle valigie in
mezzo alle nuvole. Verso quale metà porta questo viaggio
che tu hai disegnato con le tue immagini? E’ tutta
un’evoluzione, scrivo canzoni da molto piccolo e da
sempre cambiano aspetto in base alla mia vita. E’ la
metafora di una viaggio tutto, tutta la mia carriera fin
ora, sai da dove parti ma mai dove vai, non sai dove
sarai. Non so dove porterà questo viaggio, è bello
questo perché se lo sapessi dovrei fare altro nella mia
vita. Cosa è la Bellezza? La Bellezza è il rispetto per
le cose del mondo. Antonio Dimartino |
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Antonio
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