(22
giugno 2012). Da “capo tecnico d’impianti”
all’Enichem di Pisticci, a capo della rivendicazione
dei diritti dei lavoratori esposti all’amianto nella
sua stessa ex fabbrica. È Mario Murgia,
presidente dell’Aiea Vba, l’associazione che tutela
i diritti dei lavoratori esposti all’amianto durante
la loro vita lavorativa e che ha proprio in
Basilicata uno dei casi più complessi, quello
dell’ex Enichem di Pisticci. Un impianto industriale
che dal petrolio realizzava fibre in “terital” (un
poliestere fac-simile del cotone), in “acrilico”
(fac-simile della lana) e in poliammidico (nylon).
Proprio in quest’ultimo impianto si sarebbe poi
registrata la più alta percentuale di “contaminati”
da un insieme di sostanze e dall’amianto: il 30 per
cento dei lavoratori del reparto.
L’ex Enichem è un caso unico di una bella
battaglia sociale e legale che l’Aiea sta
conducendo, perché, a differenza della Materit,
società della Valbasento che produceva eternit (una
mistura di cemento e fibre di amianto), non ha mai
trattato direttamente amianto, ma di asbestosi e di
altre patologie riconducibili all’inalazione
dell’asbesto (è il nome improprio della fibra di
amianto, che è ritenuta agente patogeno
multifattoriale), stanno morendo molti suoi ex
dipendenti. I suoi reparti erano, infatti, secondo
la denuncia dell’Aiea, pieni di polvere di amianto:
ogni giuntura, ogni guarnizione, ogni coibente, date
le alte temperature raggiunte nello stabilimento di
Pisticci Scalo, era per legge (che ironia che ti
riserva a volte la vita) rivestito o realizzato in
fibre di amianto. Morti di Stato, li si potrebbe
definire, ma ai quali lo Stato non vuole ancora
riconoscere lo status di malattia professionale.
Con
i suoi circa 5 mila dipendenti (3000 diretti, 2000
dell’indotto), più qualche migliaio di familiari,
l’amianto – e con esso il suo carico mortale e
cancerogeno – è stato portato dalla fabbrica nelle
case dei dipendenti, dal lavoro al tempo libero,
dalla mansione agli hobby, dal cartellino da
timbrare al relax del dopolavoro: un compagno
mortale nascosto nelle fibre degli abiti e,
purtroppo, nelle carezze di mariti e genitori.
Mario Murgia, sardo di nascita, lucano di adozione
(vive qui dal 1970) ha trovato in Basilicata, terra
di emigranti, periferia estrema dell’economia
nazionale, per una di quelle stranezze che ti
riserva la quotidianità, non solo il lavoro, ma
anche l’impegno della sua vita: far riconoscere ai
contadini lucani, trasformati d’ufficio, dalla sera
alla mattina, in operai, i propri diritti di gente
ignara ammalatasi di cancro mentre pensavano, o
meglio, gli avevano fatto credere, che stavano
costruendosi un futuro. La realtà è come sempre più
vera dell’immaginazione e la trasformazione di campi
di grano in impianti di nylon, di braccianti in
operai, non ha solo modificato i linguaggi del
territorio e i verbi della quotidianità, ma, al pari
della lenta morte del Basento in una delle aree di
bonifica nazionale, tra emigrazione che non si è mai
fermata, benessere che non è mai arrivato, ha
sancito l’inequivocabile fallimento
dell’industrializzazione della Valbasento e di quel
futuro che oggi in molti vorrebbero barattare col
passato. [Enzo Palazzo - La Gazzetta del Mezzogiorno
21/6/2012] Al reparto Polimeri, 30% di decessi A
Mario Murgia abbiamo chiesto perché la Materit
(15 decessi su 100 dipendenti e molti altri, in
osservazione), l’azienda produttrice di eternit in
Valbasento, è solo un aspetto della questione
asbestosi e neanche il più grave? «Perché la Materit
è stata una piccola realtà imprenditoriale che
produceva manufatti in fibre di amianto (l’eternit)
dentro un’attività industriale in Valbasento che, a
partire dagli anni ‘60, ha dato occupazione ad oltre
10.000 persone. Il solo insediamento ex Eni di
Pisticci occupava, ad esempio, circa 5 mila persone,
di cui 2 mila di indotto. Una realtà industriale
molto ampia rispetto ai 100 dipendenti della Materit,
dove c’è stato un ricorso massivo a fibre di amianto
per uso industriale (anfiboli). Questo amianto ha
contribuito a creare un cocktail, con le altre
sostanze tossiche e nocive utilizzate, che può avere
generato molte patologie multifattoriali». Il suo
impegno è stato rivolto a far riconoscere la
“malattia professionale” ai dipendenti dell’Enichem.
Ma all’Enichem non si produceva amianto. «L’ultimo
lavoro che ho seguito come direttore lavori, alla
fine del 1995, è stato lo smontaggio di circa 4.000
mq. di coperture in eternit, equivalenti a circa 60
tonnellate di cemento-amianto. E poi bisogna sapere
che tutti i processi per la produzione di polimeri
fusi per uso tessile e dei relativi processi di
trasformazione in manufatti intermedi (reparti di
filatura, stiro, testurizzazione/orditura, …etc),
come quelli dell’EniChem di Pisticci, hanno
utilizzato macchinari, sistemi di protezione in
assoluto e individuali, sistemi di coibentazione e
protezione delle strutture e infrastrutture
impiantistiche protette con fibre in amianto
floccato». L’amianto floccato era espressamente
richiesto dalle normative di prevenzione incendi,
allora vigenti, per migliorare la resistenza al
fuoco delle strutture metalliche? «Certamente. È il
paradosso di questa storia di amianto e decessi,
“autorizzati” addirittura da una norma dello Stato
e, questo accadeva già quando si sapeva della
nocività delle fibre di amianto». In certi reparti
dell’Enichem, come quelli per la fibra poliammidica,
la mortalità è stata del 30 per cento? «Ad oggi
registriamo che circa il 30 per cento degli ex
lavoratori che operava nel reparto di
polimerizzazione è deceduto prematuramente per
patologie oncologiche, di cui molte causate da
esposizione all’amianto. Il reparto non è stato
interessato ai riconoscimenti all’esposizione
all’amianto perché la Cont.A.R.P.-Inail, incaricata
dal Ministero del Lavoro al rilascio degli
attestati, non ha ritenuto vi fossero le condizioni
di esposizione, contrariamente a quanto è stato
verificato durante le ispezioni fatte nel reparto
dalle Ctu incaricate sia dal Tribunale di Matera che
dalla Corte di Appello di Potenza, in seguito ai
ricorsi prodotti da lavoratori all’Inps per la
rivalutazione contributiva ai sensi del comma 8,
art.13, LG 257/92. L’esclusione del reparto da parte
della Cont.A.R.P., riteniamo come Associazione,
richieda un dovuto approfondimento dalle istituzioni
competenti anche perché a diversi lavoratori, prima
esclusi perché non esposti, sono state riscontrate
patologie asbesto correlate. A tal riguardo, nel
giugno 2010, dopo l’ennesimo decesso di un collega
l’associazione ha prodotto un esposto denuncia alla
Procura della repubblica di Matera». Della
dimensione del rischio, secondo lei, se ne potevano
accorgere prima? «Si sono verificate due omissioni
gravi nell’ambiente di lavoro dello stabilimento di
Pisticci. La prima è quella della Contarp-Inail, che
nonostante l’Enichem nel mese di agosto 1998 abbia
comunicato con la “Relazione tecnica relativa
all’esposizione all’amianto del personale aziendale”
la presenza di manufatti in amianto in tutte le sue
varie forme e specie per uso industriale, non ha
fatto idonee visite ispettive atte a verificare la
reale presenza di manufatti in amianto negli
impianti di produzione. Informazioni reperibili dai
registri del Magazzino Centrale e dai registri delle
ditte che effettuavano le coibentazioni negli stessi
impianti, contravvenendo al mandato assegnatole dal
Ministero del Lavoro. Se ciò fosse stato fatto, si
sarebbero potuto attivare la sorveglianza sanitaria
ai sensi dell’art.29, comma 4 dell’ex D.Lgs.
277/1991 e lo stabilimento di Pisticci Scalo non
sarebbe stato escluso dall’Atto di Indirizzo
Ministeriale (2001). La seconda omissione è la
mancata denuncia di Malattia professionale.
L’Associazione in questi anni di attività ha
precompilato diverse decine di certificati di
presunta malattie professionali facendole completare
e firmare dai medici di famiglia, cercando di
colmare il vuoto di omissioni che si è creato sia
per sottovalutazione che per negligenza,
perseguibili penalmente, al fine di recuperare i
casi, anche di morti premature post datate».[Enzo
Palazzo]
L’Eternit una vera insidia nel quotidiano La
Basilicata è piena di amianto per uso industriale e
di eternit per uso civile e agricolo. La diffusione
dell’eternit, il cui nome la dice lunga su quanto
questo materiale sarà presente nella nostra vita, è
iniziata negli anni ’70. Con un incremento di
manufatti di eternit dopo il terremoto del 1980
grazie alla protezione civile che sbolognò in
Basilicata (e già si sapeva tutto sull’amianto) 28
mila prefabbricati e 12 mila container, molti
tutt’ora abitati. L’amianto per uso industriale
arrivò, invece, negli anni ’60, di pari passo con
l’industrializzazione della Basilicata e con gli
insediamenti nell’alto Basento (Liquichimica di
Tito, Sider Cementi, Magneti Marelli, etc) e nel
basso Basento, (Liquichimica Ferrandina, ex Eni di
Pisticci, la Ferrosud), con un altro picco negli
anni ‘73-75, a Macchia di Ferrandina, con l’arrivo
di piccole e medie attività produttive (Manifattura
del Basento, , la Penelope, la Comeba, la Pirelli),
aziende con minore livello occupazionale, ma con
alto utilizzo di manufatti in amianto. È come se
avessero fatto sedere per mezzo secolo i lavoratori
lucani su una polveriera a tempo e con un tocco di
sadismo sociale, dato che in Italia arriva più
facilmente la pensione ad un falso cieco che il
riconoscimento di “malattia professionale” a chi è
malato di asbestosi. Il fondo destinato agli esposti
all’amianto, giusto per dirne una, è appena di 50
milioni di euro una tantum (in Francia è di 550
milioni di euro all’anno) e, per anni, una legge
discriminante obbligava i familiari delle vittime
dell’amianto a richiedere il riconoscimento di
malattia entro i 3 anni e 150 giorni dal decesso,
pena la perdita di ogni diritto. Erano le cosiddette
“Morti prematuri”, un provvedimento che, nonostante
la sua evidente illegittimità, per rimuoverlo, l’Aiea
Vab è dovuta ricorrere a un esposto-denuncia verso
l’Inail, due interrogazioni parlamentari e
l’audizione alla commissione infortuni del
Parlamento. [Enzo Palazzo] Partita nel 2010 la
sorveglianza
MATERA – Dall’inizio delle
attività di sorveglianza (febbraio 2010) al
consuntivo 2011 del registro degli esposti ed ex
esposti ad amianto, sono stati effettuati i
controlli sanitari a circa 1322 lavoratori ex
esposti del comparto fibre, rispetto alle 5000
previste a regime. Sono stati riscontrati 250 casi
di malattie professionali e denunciate dalla
Medicina del Lavoro che opera nella sorveglianza
sanitaria dei lavoratori ex esposti. Oltre a questi
casi, l’Aiea registra circa 280 casi di patologie
tumorali con oltre 160 decessi per morte prematura
(10 casi nel 2010, 7 nel 2011). In totale, i casi di
malattia professionale, compresi quelli comunicati
al Re.NaM. COR del Dipartimento Sanitario regionale,
potrebbero essere oltre 500 (tra cui 6 casi di
mesotelioma, oltre 30 di carcinoma polmonare, 6 casi
di asbestosi, 2 casi di cancro laringe). [e.p.](http://www.olambientalista.it/valbasento-morti-di-stato/)
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AIEA,
Val Basento, basta con gli alibi
(26 luglio 2012) Al fine di riproporre il
tavolo di Confronto Istituzionale Prefettizio, la
sezione AIEA Val Basento chiede formalmente
l’ufficializzazione dei dati rivenienti
dall’attuazione della Sorveglianza Sanitaria a tutto
giugno 2012, evidenziando le patologie tabellate
asbesto correlate. L’ufficialità è necessaria –
scrive alla Regione l’Associazione – per evitare
ulteriori alibi da parte dell’INAIL nel
puntualizzare la mancanza di dati ufficiali che
dimostrino la presenza di patologie per esposizione
all’amianto nei vari reparti degli insediamenti
industriali in Val Basento;
· per far sì che l’INAIL riconosca le patologie
tabellate; ad oggi l’INAIL non accoglie molte
richieste di malattie professionali tabellate,
nonostante formali certificazioni emesse dalla
Medicina del Lavoro ASM; per inciso si
evidenzia che puntualmente vengono respinte le
richieste di Malattia Professionale, inoltrate
dall’U.O. Medicina del lavoro dell’ASM, per le
patologie asbesto correlate che rientrano
nella franchigia assicurativa (grado di inabilità 1
÷ 5 %), non impugnabile perché il danno è
contemplato giuridicamente a partire dal 6%, ma ciò
preclude al lavoratore la rivendicazione
all’esposizione ai sensi del comma 7, art.13 della
LG 257/92, ed eventualmente alla rivendicazione di
un danno materiale nei confronti del datore di
lavoro.
Non di meno è necessario continua la lettera – la
divulgazione a livello nazionale del piano di
Sorveglianza Sanitaria messo in atto dalla Regione
Basilicata, perché possa diventare, a livello
nazionale, punto di riferimento scientifico e quindi
concorrere per accedere ad eventuali contributi
previsti. · la divulgazione del lavoro svolto dal
Dipartimento Sanitario di Basilicata a favore dei
lavoratori. I dati concernenti la Sorveglianza
sanitaria dovranno avere la seguente specificità: ·
tipologia delle malattie professionali distribuite
per reparto e per impianto lavorativo Avvio dello
studio epidemiologico: l’esigenza dello studio
epidemiologico lo si evince dai dati
rilevati dalla Sorveglianza Sanitaria e da quelli
che l’Associazione registra giorno dopo giorno.
Registriamo oltre alle patologie asbesto correlate
(mesoteliomi, carcinomi polmonari, asbestosi,
carcinomi alle corde vocali, innumerevoli casi di
placche pleuriche fibrose….) anche: leucemie,
carcinomi colon retto e vescica, morbo di Parkinson,
carcinomi gastro intestinali, patologie epatiche,
che comportano vari decessi (centosettantacinque
casi conosciuti). Per cui lo studio epidemiologico
assume obiettivo urgente e valenza strategica per la
tutela della salute. Da parte nostra vi è la
convinzione che quanto richiesto in oggetto
favorirebbe l’eliminazione della maggior parte dei
contenziosi legali in essere e futuri per quanto
riguarda le patologie asbesto correlate snellendo il
già oberato lavoro dei Tribunali e riducendo di
conseguenza i A.I.E.A. Onlus sez. VBA -doc. nr.
24/2012 – Renam COR: Sorv. Sanitaria,
ufficializzazione dei dati a giugno 2012 -Studio
epidemiologico -pag. 2 di 3 notevoli costi a carico
dell’Erario, inoltre farebbe chiarezza sulle
malattie professionali correlate ad altre sostanze
tossicologiche come IPA, trielina, acrilonitrile ed
altre, utilizzate nei siti industriali V.BA.,
potrebbe ancora essere l’elemento giuridico
essenziale per favorire la riapertura dei termini e
per raggiungere l’obiettivo dell’inserimento del
sito industriale della Val Basento nell’Atto di
Indirizzo Ministeriale per le conseguenze generate
ai lavoratori (diretti ed indiretti) per
l’esposizione a suddette sostanze tossiche-nocive e
cancerogene come l’amianto.[AIEA - Val Basento]
(http://www.olambientalista.it/aiea-val-basento-basta-con-gli-alibi/)
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