La
nostra Primavera era la verde carezza sui colli brulli e
sulla terra nera, l'aria pura che scacciava l'umido
fumoso della grotta. Era l'eco delle voci sugli usci che
rimbalzava contro la roccia. Era il sorriso dei bambini
che in frotta giocavano sulla piazzola del vicinato (…)
Così, la nuova infanzia del vivere s'impregnava di
profumi e tepori struggenti. Così, emozioni e fantasie
cercavano la risonanza del canto, la coralità della
musica e di una danza, segnando le nostre belle canzoni
di nostalgie, di nuovi slanci dell'anima (…)":
le belle parole di un Inno,
dell'Inno alla Primavera, scritto dalla Professoressa
Marietta Russo,
possono esprimere solo in parte le nostalgie, le
emozioni, i ricordi, legati ad una stagione della vita
che per molti è ormai trascorsa.
Così, ieri pomeriggio (4 maggio 2003), nelle
splendide sale cinquecentesche di Palazzo Bernardini
di Matera, la musica ha tentato (con risultati
soddisfacenti) di rievocare un passato non tanto
lontano, andando oltre le parole per condurre in una
dimensione puramente emozionale ed affettiva.
Organizzato dall'Associazione Musicale "Bela Bartòk",
in collaborazione con "Il Circolo del Buon Pensiero"
ed "Il Bottegaccio" di Dino Daddiego, già
promotori nel dicembre scorso del concerto "Le voci
di ieri", l' "Inno alla Primavera" ha
offerto la possibilità a quanti (esperti e profani) vi
hanno assistito, di fruire della raffinata musica del
Trio Bartòk e delle melodie che un tempo si intonavano
nelle sale da barba, quelle proposte dal gruppo dei
"Musicanti della porta accanto".
"La
vie en rose", "Summertime", "Non
dimenticare" sono alcuni dei brani presentati da
Nunzia De Giorgi (voce soprano), Felice Lucio
Lionetti (chitarra classica) e Gregorio Giamba
(violino) del Trio Bartòk. Filippo Popìa
con il suo mandolino ha coinvolto i presenti proponendo
brani della migliore tradizione napoletana ("Funiculì
Funiculà") e romanesca ("Arrivederci Roma");
Mario Lasalvia, accompagnato dal mandolino di
Filippo Popìa, dalla chitarra di Paolo Montemurro
e dalle voci improvvisate del pubblico, si è esibito
cantando "Nun fa la stupida", "Come le rose", "Oi
Marì"; le fisarmoniche di Mario Massari e
della sua giovane allieva Angela Martino hanno
deliziato i presenti sulle note di "Deligado", "Mazurka
di Migliavacca", "Tango Bolero".
In conclusione, la consegna, in seguito al sorteggio di
una persona fra il pubblico, di un bassorilievo
realizzato da
Dino Daddiego, ha suggellato l'evento, coniugando la
tradizione delle antiche barberie a quella
dell'artigianato artistico locale, ed assimilando
entrambi i mestieri a quegli "antichi lavori" cui fa
cenno l'Inno alla Primavera: "Le
mani si affrettavano agli antichi lavori, con la smania
di ricominciare, di cambiare, forse solo di sognare (…)
Nei nuovi rioni o in terre lontane, le nostre mani
impugnano tasti e macchine, non si anneriscono al sole
né si gelano con la neve, ma nell'infinito della memoria
ci raccontiamo ancora le antiche favole riscaldate al
sole di Primavera." Alessandra Montemurro.
(Il contenuto della pagina è stato pubblicato su
Il Quotidiano del 5 maggio 2003).
"La nostra
Primavera era la verde carezza sui colli e sulla terra
nera, l'aria pura che scacciava l'umido fumoso della
grotta. Era l'eco delle voci sugli usci che rimbalzava
contro la roccia. Era il sorriso dei bambini che in
frotta giocavano sulla piazzola del vicinato. Il primo
soffio e subito l'inerte quiete dell'inverso si
dipanava, perchè la Primavera già viveva nell'attesa
degli uomini piegati su una vanga, sul viso delle donne
che spianavano il vento della murgia. Le mani si
affrettavano agli antichi lavori, con la smania di
ricominciare, di cambiare, forse solo di sognare. Così,
la nuova infanzia del vivere s'impregnava di profumi e
tepori struggenti. Così, emozioni e fantasie cercavano
la risonanza del canto, la coralità della musica e di
una danza, segnando le nostre belle canzoni di
nostalgie, di nuovi slanci dell'anima o, a volte, di
maliziose indulgenze su fatti e persone.
Nei nuovi rioni e in terre lontane, le nostre mani
impugnavano tasti e macchine, non si anneriscono al sole
nè si gelano con la neve, ma all'infinito della memoria
ci raccontiamo ancora le antiche favole riscaldate al
sole della Primavera. E' sempre la regina delle nostre
stagioni e sveglia la sete dell'anima di un giorno più
nuovo, più caldo e luminoso, di un canto libero del
cuore" (Marietta Russo). |