 
La
Chiesa Madre Santa Maria Maggiore, dedicata all'Assunta, è posta in un’area immediatamente esterna al nucleo abitativo altomedievale, al centro dell’abitato perimetrato dalle fortificazioni Angioine
ed Aragonesi che delimitano il nucleo storico della cittadina sviluppatosi
intorno alla parte più antica. Le prime notizie storiche sulla costruzione di questa chiesa
risalgono al V secolo a.C. Risulta composta di almeno tre edifici sovrapposti e realizzati in tempi diversi. Si accede
al sacro edificio da un portale
romanico-gotico, intagliato nella pietra, del XIII secolo di Nicola
da Melissano e da
una porta piccola in ricco stile barocco, con una pregevole
figurazione in pietra della "Pietà",
opera di Altobello Persio. Sul suo lato sinistro del tempio sorge
una
torre romanica a tre ordini con altorilievi di Madonna col
Bambino,
S. Pietro, S. Paolo, Sant'Emilio vescovo e S. Michele.Di rito ortodosso
fino al 1729, la chiesa aveva il suo asse da Nord ad Est, mentre ora è
da Sud a Nord. La navata centrale non esisteva, perché era costituita da
quattro navate trasversali. L’attuale navata centrale costituiva un
corridoio, il cosiddetto Corridoi dei sacramenti. Nel 1729 con un
decreto del papa e del re di Napoli fu abolito il rito greco, perciò
anche questa chiesa diventò una chiesa latina.
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Nel 1051 divenne Basilica Pontificia aggregata
alla Basilica romana di S. Pietro e S. Paolo, sotto il papa San
Leone IX con lo scopo di promuovere la conversione dallarianesimo
al cattolicesimo dei Normanni, succeduti ai Bizantini.
Fu Cattedrale dal 900 circa al 1534, quando Matera e
Acerenza litigarono e fecero ricorso al papa. Il papa stabilì
che la residenza del vescovo fosse a mezza strada tra le due
cittadine lucane e cioè a Miglionico. Per 500 anni il vescovo
abitò in questo piccolo centro (attualmente è ancora cattedrale
con Acerenza).
In questa chiesa sono sepolti otto vescovi. Lultimo è
sepolto sotto il quadro della Madonna Assunta in Cielo del
Tintoretto, alle spalle dellaltare maggiore. Il penultimo,
invece, che si chiamava Mons. Paolo Caivano, il quale fu
sepolto sulla parete alla sinistra della porta dingresso (attualmente
vi è un incavo), perse la vita durante la celebrazione della
festa della Madonna della Bruna, a Matera, cadendo da cavallo (1526).
Vi sono stati celebrati due sinodi del regno di Napoli
con 240 vescovi che allepoca, crearono problemi per la loro
sistemazione logistica. I sacerdoti che li accompagnarono vennero
ospitati nella frazione di Milionello, nella masseria
Grande, dove attualmente si trova la diga di San Giuliano. I
vescovi, invece, rimasero nellabitato di Miglionico, nelle
case delle famiglie benestanti e nobili, nel Castello, nel
Convento, ecc.
In questa chiesa, nel 1128 venne il papa
Onorio II
(vedi elenco dei papi),
tra
la quarta e la quinta crociata, a predicare le guerre sante. Mentre i Turchi avanzavano, il papa si fermò in località
S.
Lucia, dove sono ancora visibili tracce del suo insediamento: una
condotta dacqua e, in una foresta, la cappella dove egli
celebrava la santa messa. Onorio II rimase a Miglionico quindici
giorni, a S. Lucia, invece, circa quattro mesi. Unepidemia
decimò i suoi soldati perciò ebbe paura e ritornò a Roma
"da papa". Che cosa fece? Il papa non poteva entrare a
Matera, quindi dovette restare di là dal Bradano, perché Matera
era demanio regale; non poteva andare nel metapontino, perché in
quella località mieteva vittime la malaria; non poteva andare
seguendo la via bradanica, cioè da Melfi, perché lì cera
il viceré. Allora si avvalse del suo diritto di papa: scomunicò
il viceré, per cui i suoi sudditi divennero liberi dallobbedienza
e lui poté liberamente passare da Melfi. Quando arrivò a Roma,
liberò il viceré dalla scomunica e gli disse di ritornare a
svolgere liberamente la sua attività regale.
Anche un altro papa, Innocenzo IX
(vedi elenco dei papi) venne a Miglionico
nel 1591. Favorevole alla politica spagnola, dopo la sua elezione,
il 28 novembre, scese nel regno di Napoli e trovò riparo tra il
Pian dellOste e i Pilieri, con lo scopo di riconciliare la
Sicilia, la Puglia, la Calabria con il re di Napoli Ferdinando I
dAragona. Era il periodo delle molte congiure contro il re
aragonese. Tra esse famosa fu quella di Miglionico di un secolo
prima, la Congiura
dei Baroni del 1485.
La tela che si trova sulla parete frontale, oltre l’altare maggiore, dietro al coro, al di sopra
della Tribuna (la parte centrale della tribuna conserva le spoglia di
Mons. Vito Ferrato , già arciprete di Miglionico, vescovo di Mottola durante il papato di Clemente VII e morto nel 1534; sulla parte centrale della tomba vi è il suo
stemma che rappresenta un grappolo d'uva e una mitra vescovile) è di
scuola veneta, del 1580. Fu tessuta dai telai del capitolo e misura m. 5,85 x m.4,60. Fu
portata a Venezia da un
canonico del luogo, un certo Pietrantonio Calluso. Dopo che l’autore la dipinse, fu prelevata dallo stesso canonico che la pagò 75 ducati. Rappresenta la Madonna Assunta in
Cielo. L’autore è il
Tintoretto padre (Iacopo Robusti 1518-1594), manierista, capostipite di una lunga generazione di pittori il quale firmò l’opera con un angioletto che si libra nell’aria con sotto la figura di
un monaco eremita (parte centrale sinistra della tela).
L'autenticità dell'autore è testimoniata da un documento rinvenuto negli atti
del Convento di Miglionico, attualmente nell'archivio parrocchiale, che recita
così: «Ad
perpetua rei memoria. In nome di Cristo. Amen. Per il reverendo padre Angelo da
Miglionico. Nell'anno della natività 1574 il giorno 16 aprile con grande e
sincera gioia ho accettato a Venezia il Rev.mo Canonico Pietro Antonio
Calluso della insigne Terra di Miglionico inviato da capitolo e con incarico
speciale per commissionare al pittore Jacobo Robusti, detto Tintoretto una tela
dipinta della Beata Vergine Maria Assunta in Cielo, secondo il modo di adesso
con contratto di spesa e atto notarile per ben raffigurare l'accaduto, nel tempo
di dodici mesi. Il prezzo è 75 ducati. In particolare la tela di lino e canapa,
tessuta a Miglionico col telaio del capitolo in modo particolare con confezione
di colori naturali e le cose si sono svolte come pattuite e il telo fu
restituito e con doppia firma come in uso dai notai: 1576. Seguono firme:
Canonico Pietro Antonio Calluso + Jacobo Robusti, pittore Tintoretto e la mia
teste Marcantonio Mazzone. Stai molto bene».
Sulla parete sinistra dell’altare si trova: 1) la Madonna
del Soccorso di Palma il Giovane(Iacobo
Nigretti, manierista veneziano del ‘500, seguace del Tiziano e del Tintoretto) che
ricorda l’assalto al castello da parte degli spagnoli nel 1626; le figure della tela sono: un vescovo di Miglionico che era anche abate greco (lo dimostra quella specie di ferro di cavallo che si trova vicino il pastorale), S. Carlo Borromeo e il
Revertera, barone di Miglionico che lo invoca, la Madonna del Soccorso in alto, e, sullo sfondo, il castello in fuoco
(questo quadro proviene da una cappella privata, la cappella dell’Annunziata, che si trovava dove attualmente è ubicato l’ufficio postale (ex mulino
Labriola); 2) la Madonna con Bambino (1615) di Francesco
Fracanzani; sulla parete destra, invece, l'Anunciazione del Solimena.
In chiesa vi sono anche:
due tele del
Guercino (Giovan Francesco Barbieri, nato a Cento nel 1591 e morto a Bologna nel 1666, manierista,
la Presentazione Madonna al tempio con Santi (ultimo altare navata sinistra) e
una Madonna del Rosario, con 15 quadretti che rappresentano il Mistero
del Rosario, (primo altare navata destra, cappella del cardinale Matteo
Palmieri) del 1634; nello
stesso altare sono conservate un Arcangelo Raffaele, legno del Seicento
di scuola napoletana, una statua erratica, S. Giuseppe, di
Pietro Stefano da Putignano
(Vedi l'album
realizzato nella Chiesa di S. Pietro Apostolo di Putignano con immagini di
alcune statue dell'autore), S. Lucia di Altobello
Persio e S. Pietro, carta pesta di scuola leccese;
-
una Deposizione
(secondo altare navata sinistra) di scuola michelangiolesca, attribuita
ad Antonio Stabile, pittore lucano
che visse tra il XVI e il XVII sec. del quale sono presenti alcune opere nella
chiesa di S. Severino e Sasso di Napoli. Gli elementi michelangioleschi
della pittura sono: la flessuosità del corpo del Cristo, la figura di S.
Giovanni Evangelista, la Madonna (vestita di nero); la "Deposizione",
comunque, secondo studi recentissimi, potrebbe essere opera dello stesso Michelangelo? (vedi
articolo);
-
una
Via Crucis di pregevole fattura napoletana del ‘600 (Luca
Giordano e allievi);
-
una tela che
rappresenta S. Emidio, patrono dei terremotati, in stile manierista
locale.
L'opera di maggior pregio, comunque, è il
Polittico (18 tavole) di
Cima da Conegliano (secondo altare a destra), acquistato dal duca Vincenzo Gonzaga di Mantova da parte di
Don Marcantonio Mazzone.
Il polittico, eseguito nel 1499 dal pittore veneto Giovan Battista Cima (Conegliano Veneto 1459 ca. - 1517 ca.) fu fatto acquistare, probabilmente, a Lipsia da parte di Don Marcantonio Mazzone, maestro di cappella dei Gonzaga sul finire del Cinquecento. Le 18 tavole dovevano servire per ornare il coro della chiesa madre. L'opera fu ricomposta così come la possiamo ammirare oggi nel 1782 dai Baroni del Pozzo di Miglionico. Le tavole sono disposte su quattro ordini e collocate su una fastosa cornice lignea, scolpita ed elegantemente intagliata da maestranze locali.
Nel pannello centrale figura la "Madonna con Bambino", ai lati S. Francesco, S. Girolamo, S. Pietro, S. Antonio; nell'ordine superiore, a mezza figura, S. Chiara, S. Ludovico, S. Bernardino, S. Caterina d'Alessandria; nella cimasta
Cristo posto tra l'Annunciazione; infine, sugli sporgenti laterali e nella predella, i santi protomartiri francescani.
Il polittico, testimonianza del linguaggio pittorico limpido e armonioso elaborato dal Cima nella maturità, a contatto delle esperienze di Giovanni Bellini e Antonello da Messina, costituisce uno degli esempi più significativi di arte importata nella nostra regione.
L'altare, dove si trova il polittico, è protetto da una vetrata antiproiettile a da modernissimi sistemi di allarme. Il
pavimento è in cotto veneziano e al suo centro è raffigurato un pellicano che rappresenta l'eucarestia.
In questo stesso altare sono conservate le statue di S.
Giovanni Battista (un l egno del XII secolo) e una marmorea, molto
importante, che in passato era pagana e rappresentava un satiro. Era solito, nei primi tempi dell'era cristiana, riciclare le statue, benedirle e trasformarle in
rappresentazione di santi. E' una scultura pagana attribuita a Prassitele (scultore greco del IV secolo a.C., il maggiore esponente della corrente attica; operò ad Atene: famoso per la dolcezza del suo
modellato, lasciò celebri capolavori come Apollo Sauroctono e Afrodite
cnidia). Come i satiri, figure mitologiche che abitavano nei boschi, la statua aveva i piedi di cavallo che nel passato furono tagliati e sostituiti con quelli umani di gesso (i nuovi piedi si sono leggermente staccati dal corpo, perché il marmo e il gesso non legano tra loro).
La statua, dipinta leggermente, divenne quella di
S. Sebastiano che, nei tempi andati, veniva
invocato contro la peste, le calamità, per la salute. E' una statua che ha un gran valore archeologico.
Il pavimento dell'altare è costituito da un cotto fiorentino del Cinquecento
con al centro la figura di un Pellicano che simboleggia l'eucarestia.
L'altare successivo, un altare di marmo verde di Vitulano
(Benevento) del Settecento, dedicato a S. Antonio da Padova, contiene due
porte anch'esse dello stesso periodo e un prezioso Paliotto con intarsi
policromi di madreperla, lapislazzoli e pietre dure. A destra sono presenti due
bassorilievi: una veduta di Miglionico e S. Pietro, a sinistra re Milone con il
castello e S. Paolo. Sui quattro pennacoli della cupola vi sono quattro
bassorilievi, le quattro virtù cardinali. Sull'altare vi è una statua lignea
del Santo, copia di quella presente nella Basilica di Padova, opera del
Donatello. Il pavimento è in maiolica
del Settecento di Vietri sul Mare.
L'ultimo altare della navata sinistra, dedicato a S. Antonio
Abate, già di S. Caterina d'Alessadria, è il più vecchio della chiesa.
Prima dei Ferrato, poi ereditato dai Petito, è composto dalla mensa pagana del
dio Dite che si trovava in località Pilieri.
Il coro, dietro l'altare, è abbastanza recente, giacché il vecchio andò distrutto nel 1841, a causa di un fulmine. Del vecchio coro sono rimasti solo due tronetti (uno riservato al vescovo e l'altro al vicario generale).
Scendendo dall'altare, sulla destra, vi è la fonte battesimale del 1100, da poco restaurata. Nei suoi pressi vi è una porta dalla quale si accede al campanile che ospita dieci campane risalenti al 1512-1562. Le campane sono state restaurate e computerizzate. Attraverso un programma è possibile suonare fino a 300 motivi musicali.
Sulla torre campanaria è segnata l'altitudine di Miglionico: 466 metri sul livello del mare.
Le porte della chiesa, il pulpito e la parte lignea dell'organo furono dipinte da un artista locale, Andrea Miglionico. Andrea ebbe 12 figli due dei quali divennero pittori come lui. Fu perseguitato dalla gendarmeria perché era "troppo libero e scostumato nelle raffigurazioni". Si arrivò al punto che il suo studio fu requisito (ex farmacia Motta, di fronte all'entrata principale della chiesa) e trasformato in gendarmeria (fino al 1848).
Nelle
cripte della chiesa furono seppelliti morti durante il periodo del colera e della pestilenze. In una cripta, sotto la navata centrale, su una
delle pareti, vi sono una
mano e una martellina con la data (1796) e la scritta "Se sei vivo, batti un colpo" in calco di gesso. Sono visibili delle griglie da cui si buttavano giù i malati di peste, vivi e morti. Chi sopravviveva batteva un colpo e
veniva salvato.
Il secondo altare della navata sinistra è un altare medioevale. Lo stemma che si trova sotto di esso è formato da due spade, una in su e una in giù: quella in su rappresenta la spada di un valvassore, quella in giù la spada di un valvassino. Vi sono anche una bandiera con tre stelle (il tre nel Medioevo era il simbolo della perfezione) che rappresenta l'onore della famiglia nobile che fece costruire l'altare e una corona baronale a testimoniare che questo era un altare baronale. E' presente anche uno stemma vescovile della famiglia Onorati. In precedenza questo altare appartenne ai De Ecclesis di Gravina (Ba).
Molto importante è anche il grande organo a "doppio canto firmus" (ha ancora delle componenti fondamentali dell'anno Mille) che è composto di 321 canne con due principali di cui uno asportato dall'organo antico del 1479, costruito dal Can. Ferrato e dall'arcivescovo Palmieri e ricostruito nel 1575. E' opera del monaco Fra' Giobbe di Aquileia del 1479, acquistato dalla nobile famiglia De Ecclesiis che vi appose lo stemma familiare. Rifatto per mano veneta nel 1596, per dono di Marcantonio Mazzone, fu arricchito di pitture in oro zecchino. A seguito dell'incendio del 1749 fu rifatto da Revds D. Joseph Rubino Castillaneten, ampliato di canne e di mantici. Nel 1854, a causa di un terremoto, si spezzò in due parti e ricostruito da un monaco di Grassano. Nel 1996 è stato restaurato dalla Sovrintendenza per le Belle Arti della Basilicata.
Nel Marzo del 2001 la rivista
SUONARE NEWS - Il mensile
dei musicisti ha pubblicato un articolo sul nostro rogano.
Dove attualmente è la sede dell'organo, nel secolo XII, abitavano di fraticelli zoccolanti che svolgevano opere di misericordia. La loro cappella si chiamava la Cappella di Misericordia. Di essa è rimasta una finestrella (in alto a destra, prima della sagrestia). I frati si chiamavano zoccolanti perché calzavano dei grossi zoccoli di legno per proteggersi dai serpenti e dai rovi che si trovavano nel loro orticello adiacente la chiesa (ex giardino dei fratelli Labriola).
Il primo altare della navata sinistra era la cappella del vescovo, dell'episcopio, del cardinal Palmieri del quale, durante il restauro della chiesa, è venuto alla luce lo stemma di famiglia. Mons. Palmieri era arcivescovo di Matera-Acerenza, ma abitava qui, a Miglionico (erano tre i fratelli vescovi della famiglia Palmieri). Divenne cardinale e lasciò Miglionico per andare a Milano chiamato a svolgervi la funzione di governatore. Quando morì l'ultimo dei suoi fratelli, era ancora vivo e tornò a Miglionico. Alla sua morte venne sepolto a Napoli.
Su questo altare è tornata al suo posto, domenica 7
ottobre 2001, dopo essere stata efficacemente restaurata, l'urna contenente
il corpo di S. TEODORO MARTIRE e un ampolla col suo sangue. S.
Teodoro è un martire del
III secolo, di origini orientali, martirizzato a
Roma. Il martirologio lo chiama "soldato" dell'impero romano, ma
anzitutto del regno di Dio. Invitato a sacrificare alla più nefanda idolatria,
oppose un cosciente rifiuto e, appiccando il fuoco, distrusse il tempio della
divinità pagana Cibele. Dopo ampia confessione cristiana, subì un crudele martirio. Il suo culto viene diffuso in
occidente con i SS. Medici Cosimo e Damiano Martiri, come pure di S. Sebastiano
Martire. San Teodoro è venerato in questa chiesa da tempo immemorabile e
festeggiato l'8 maggio. Gli anziani del paese sostengono che la
rimozione, anche
parziale, della sua urna determini violenti acquazzoni, diluvi
e
temporali. (L'AVVENIRE del 14 ottobre 2001 ha pubblicato una articolo di
Gabriele Scarcia sull'avvenimento)Tutti gli altari della navata sinistra sono di
Luca Giordano. La parte sottostante la chiesa, del primo periodo semita,
non è visitabile ed arriva a 24 metri sotto il livello del pavimento.
L'attuale parroco della
Chiesa è Don Mark Anthony Stanislaus.
LEGGI anche
Chiesa Madre
dal seguente testo è tratto da
Miglionico. Il territorio e la sua storia
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